Una grande vergogna italiana. I 18 pescatori sequestrati, dimenticati in Libia

Aspettano di ritornare a casa da due mesi. Di Maio è chiamato all’azione

L’emergenza CoViD non giustifica l’assordante silenzio del nostro governo sul destino dei due pescherecci di Mazara del Vallo sequestrati il 1º settembre dai libici del “maresciallo” Khalifa Haftar. Gli equipaggi sono ancora detenuti in una caserma di Bengasi e sotto processo, del quale si ignora tutto.

Familiari e amici del 18 pescatori sono andati a Roma per gridare la loro disperazione e la loro protesta direttamente davanti al Parlamento, mentre a Mazara del Vallo, sono le istituzioni locali e il vescovo che si attivano in iniziative di solidarietà per mantenere le famiglie dei pescatori prive di reddito. L’apparente assenza di una politica estera su questo fatto gravissimo, da parte delle nostre istituzioni, è quantomeno inspiegabile, ma ancor di più è un faro acceso sulla inconsistenza di una presenza italiana che, in tempi eppure così lontani, era assai più influente sullo scacchiere del Mediterraneo.

La gravità del sequestro dei pescherecci Medinea e Antartide, è ingigantita da quanto dichiarato dagli equipaggi di altri pescherecci sfuggiti al blocco. Le imbarcazioni stavano pescando a 60 miglia dalle coste libiche, quindi ben lontano dalle 12 miglia che delimitano le acque territoriali di ogni paese costiero.

L’arroganza libica invece, ha portato a 74 miglia la pretesa delle proprie acque, pur non essendo una decisione riconosciuta da nessuno, ma contro l’impiego delle mitragliatrici, diritti e doveri si confondono, e la violenza diventa ragione. Ecco perché, pur nella delicatezza della situazione che deve salvaguardare la vita umana, il nostro Paese dovrebbe far sentire la propria voce e contare su un appoggio del gigante d’argilla che è l’Europa Unita, per altri versi impegnata per un “cessate il fuoco” in quell’area nordafricana.

È impossibile ignorare la sudditanza italiana. La voce fioca delle nostre istituzioni offende non solo i pescatori di Mazara del Vallo, ma il significato della nostra bandiera; sembra che Haftar non voglia liberare gli italiani se prima non verranno scarcerati i libici detenuti nel nostro paese e condannati per “traffico di esseri umani”.

Stando così le cose, se motoscafi armati libici imperversano a piacimento al largo della Tripolitania, storicamente logico sarebbe scortare in “acque internazionali” i nostri pescherecci con motovedette debitamente dissuasive. L’alternativa è quella di dare la schiena ad ogni voce grossa che ci sta deridendo da quello che un tempo era “Mare nostrum”.

Le cariche politiche riportano che il problema spetta in primis al Ministro degli Esteri Di Maio. Che si guadagni il suo titolo deciso in parlamento sfoderando una prova di adeguatezza, di polso e dignità, oppure c’è dell’altro che interferisce in una forte presa di parte?

Nel 2020, Di Maio si è trovato più volte a discutere con Haftar per trattare la ripresa della produzione di petrolio. In quelle occasioni, Haftar ha sempre avanzato precise condizioni politiche ed economiche; non sarebbe un precedente per rilanciare su una benevole sorte per i nostri pescatori?

O forse certe ragioni di Stato e di moneta impongono l’attuale, troppo sommesso intervento? Quello stesso settembre 2020 Di Maio dialogava di cessate il fuoco col presidente del governo di accordo nazionale Fayez al Sarraj e sulla cessazione di “interferenze esterne” sulle questioni libiche.

Chi scrive non è un ministro degli esteri e cercando di capire, segue solo l’opinione del suo stesso ragionamento. La questione dei marittimi deve finire, almeno questo è certo, dunque ritorna ad esortare un degno, doveroso interessamento.

 

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Articolo pubblicato il 02/11/2020