
Biden è il nuovo Presidente americano, nonostante la minaccia di ricorso di Trump
Quello che per molti è risultato essere il peggiore dei Presidenti americani è dunque passato, detronizzato dai voti dati al progressista Biden, uomo negli atteggiamenti decidamente opposto al conservatore repubblicano.
Tutta la protervia, la mancanza di rispetto per le minoranze, l'arroganza, la politica della paura e quella della chiusura (alla Cina, all'Europa, all'OMS), sono finite e lo si era già visto negli ultimi giorni quando le maggiori reti televisive statunitensi, quali CNN, ABC, CBS e NBC, avevano tolto il collegamento al discorso di Trump in diretta per le castronerie che il Presidente repubblicano aveva annunciato, parlando di brogli.
Quel Trump che aveva arringato le folle che avrebbe reso lui l'America di nuovo grande, con quel logorante America First, quel Trump insomma "ghe pensi mì" di italiana memoria, con tanti soldi da spendere, con problemi con il fisco, insomma una sorta di Berlusconi post-litteram, ha finito di fare danni a un'America ormai spezzata, radicalizzata, polarizzata, che Joe Biden dovrà ricucire ripartendo dall'Obama Care, dai rapporti con l'Europa, dalla green economy e dal futuro della decarbonizzazione.
La sconfitta di Trump è anche una opportunità per il mondo e soprattutto per l'Europa in cui molti populisti di destra sbandieravano il suo nome e vedevano in lui un valido sostenitore dell'antiglobalizzazione, dei muri (vedi Orban con i fili spinati in Ungheria come Trump con il muro davanti al Messico), del negazionismo sul Covid (si veda Bolsonaro con il suo "intanto di qualcosa bisogna pur morire" e Johnson con il suo "meglio ammalarci tutti per creare immunità di gregge).
L'idea che un'altra destra più saggia, più tollerante, più moderna possa nascere delle macerie di quella arrogante e facilona di Trump, lo si è potuto già vedere con un Bush, ex Presidente USA dello stesso Partito Repubblicano, che a differenza di Trump ha telefonato a Biden complimentandosi per la vittoria, diversamente dall'uscente Donald che evidentemente non sa perdere.
Se c'è, tuttavia, una cosa da rilevare da queste elezioni americane è che nonostante tutto gli USA sembrano spaccati esattamente in due, dal momento che comunque quasi metà degli elettori ha sostenuto Donald Trump, a dimostrazione di quanto le persone siano condizionabili anche da coloro che palesemente non fanno gli interessi della classi medio basse, che sono poi anche le più numerose in percentuale, ma che come è tipico dei personaggi populisti, uomini come Trump riescono a convincere che sono loro i salvatori di questo mondo globalizzato in cui bisogna puntare all'autarchia, alla chiusura, salvo poi constatare come le politiche di Trump, Bolsonaro, Orban, Erdogan e dello stesso Johnson con la Brexit non è che stiano portando benessere in quei Paesi.
Sono ben lontani dunque i tempi in cui personaggi di destra come Thatcher o Reagan avevano portato una politica nuova e uno stile certamente ben più raffinato dei personaggi attuali: speriamo sia la volta buona che i partiti conservatori di tutto il mondo cambino rotta a partire dai loro leader troppo spesso inguardabili.
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Articolo pubblicato il 11/11/2020