Un ricordo di Edoardo Agnelli.

Sono trascorsi ormai vent’anni da quel 15 novembre 2000, quando all’ora di pranzo si sparse la notizia della tragica morte di Edoardo Agnelli. A quanti l’hanno conosciuto e concordano sulla sua grande umanità e sensibilità, affidiamo il ricordo scritto da un giornalista che gli fu amico, sin dalla tenera età. Forse tra qualche anno potranno emergere verità sui suoi ultimi giorni di vita, ancora avvolti nel mistero.

 

Crazy Eddy, l’Agnelli atipico: cercava una sua strada tra Budda e la Fiat

“Scheggia impazzita o vittima di una famiglia privilegiata e in fondo disfunzionale nel gestire gli affetti? Edoardo, il figlio dell’Avvocato, fu trovato esanime sotto un viadotto della Torino-Savona sul greto della Stura, il 15 novembre 2000

 

Nelle poche foto di Edoardo Agnelli con suo padre Gianni, perlopiù allo stadio, si intuisce sempre l’immagine di due uomini soli e lontani. Tranne una, in cui papà Gianni posa una mano sulla spalla sinistra di Edoardo e per un attimo il ragazzo si scioglie in uno dei rari sorrisi di figlio e l’Avvocato accenna a un’espressione orgogliosa di padre.

 

Anche quando poi, nell’agosto 1990, Edoardo inciampò a Malindi in un processo per spaccio di droga, in cui fu assolto, ripeteva a proposito del padre: «Mi dispiace che questa mia disavventura lo renda nervoso. Perché se lui è nervoso divento nervoso anch’io e questo non va bene», quasi a intuire che quel legame, in apparenza negato, in realtà era sotterraneamente fortissimo, e difatti il padre vincitore e distratto cominciò a morire a poco a poco quando il corpo di quel figlio tormentato e bello - anche se non di rapace bellezza agnellesca, piuttosto di aristocratiche fatture caraccioliane - fu trovato esanime sotto un viadotto della Torino-Savona sul greto della Stura, il 15 novembre 2000.

 

Quei pomeriggi con gli amici di altre classi sociali

Ha raccontato su Epoca il giornalista Giorgio Levi, compagno di Edoardo alle elementari a Torino, di quando lui e altri amichetti il pomeriggio andavano, senza distinzione di classi sociali, nella casa di corso Matteotti a giocare con i due principini d’Italia, accolti da un maggiordomo e trasferiti in ascensore in una camera che era il Paese dei balocchi, con giocattoli di futura generazione che arrivavano da Usa e Germania.

 

«La frau svizzera disponeva i maschietti da una parte e le femminucce dall’altra. Con Edoardo mi trovavo a disagio. Se si giocava a calciobalilla (non il solito dei bar, ma una faccenda molto più complessa e divertente) lui teneva i giocatori con le maglie bianconere e agli altri, me compreso (sfegatato juventino) toccavano quelli granata. Se si giocava con le automobiline lui correva su un terrazzo, che si affacciava sulla stanza dei giochi, con una stupenda auto elettrica. Noi stavamo a guardare».

 

Voleva imporre una visione diversa dell’azienda

Ritratto giovanile «d’un ragazzo sfortunato e soprattutto incompreso», ma deciso a imporre una visione diversa dell’azienda, perseguita in solitaria (si sa solo di un amore finito con l’eterea e aristocratica Vera Arrivabene) e solo talvolta condivisa con gli zii Nicola e Carlo Caracciolo, fratelli di Marella, mamma chic e molto persa nell’amore per il marito Gianni.

 

Scheggia impazzita o vittima di una famiglia privilegiata e in fondo disfunzionale nel gestire gli affetti, proprio come altre meno “fortunate”? Appassionato di religione e filosofia più che di tecnicalità aziendali, ha cercato ovunque una sua via, in San Francesco, nel buddismo, nell’Islam. E a rivedere le foto di lui accovacciato senza scarpe a un venerdì di preghiera fra seguaci della guida suprema Khamenei si capisce che colpo al cuore possa essere stato per papà Gianni.

 

A un certo punto Crazy Eddy, come lo chiamavano all’Università in America, tenta anche con uscite sui giornali di definire sé stesso e il suo ruolo di erede della dinastia, prima con un’intervista congiunta Panorama/Espresso in cui si dice contrario al nucleare e dubbioso sulle sorti magnifiche e progressive del capitalismo.

 

Un filosofo più che un uomo d’affari

«Era un Agnelli atipico, un filosofo più che un uomo d’affari», aveva detto ai tempi Pino Bongiorno, giornalista di Panorama diventato come altri colleghi suo confessore notturno. Per ultimo Edoardo parla a 360° con Paolo Griseri sul manifesto, nel gennaio 1998, per arrivare sottilmente a contestare la cooptazione del nipote John Elkann, figlio della sorella Margherita, nel Cda Fiat.

 

Alla fine ha dovuto arrendersi, con quella morte misteriosa in giacca di pigiama, per una volta senza le amate camicie color del cielo, sotto quel viadotto. Aveva tutto ma gli mancava la fiducia del padre come ha narrato il cugino e amico Lupo Rattazzi nel documentario Hbo sugli Agnelli. Non era colpa di nessuno, solo dei caratteri e della vita che allontana con i suoi oscuri percorsi affettivi. Come succede in ogni famiglia infelice a suo modo”.

 

 Maria Luisa Agnese

(da C7)

 

 

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Articolo pubblicato il 15/11/2020