Covid – Storia breve di un salto

Il buon vino invecchia nel tempo, che ne stabilizza la qualità. Era così anche per il loro rapporto, coi bollori mostosi della passione a raffinare i lieviti delle emozioni e trasformarli in sapido amore.

Un giorno un intruso, giunto forse dalla Cina senza dar nell’occhio, aveva aperto bottega al piano terreno del palazzo. I giornali avevano riferito della complessa indagine SARCOV-2 degli organi di vigilanza di mezzo mondo, che riguardava anche i molti contatti da lui presi col suo lavoro sporco. In breve tempo gli aveva appestato l’infernot, che custodiva nell’interrato i propri vini d’annata e nel suo cuore i sentimenti più intimi. Gli aveva portato via l’odore della cantinetta sua e l’afrore della pelle di lei, l’aroma stimolante del vino suo e il gusto eccitante dei baci di lei.

Vuotò allora bottiglie andate a male, che gloglottavano perdendosi nello scarico. Non erano troppo vecchie e non lo era neanche lui, vecchio solo per gli anni; lui, che boccheggiava ora con lo stesso gorgoglìo, in cerca d’un’arma carica, ad ossigeno compresso magari, per saltargli addosso, a quel maledetto, e rimandarlo a quel paese, da dove era venuto. E saltò.

Non giù, dalla barella garata da due giorni nell’antibagno d’un cesso del pronto soccorso, col disgusto d’una attesa senza senso per la dignità d’un letto in quella astanteria. 

Saltò su, nel cielo a ringraziar le stelle, che avevano custodito intatto, per lui, il mistero della prima volta anche per lei, nella cadenza dolce della risacca a cullar sogni. Erano sempre quelle, che avevano fatto capolino dalla specola d’una certa cabina, ai Bagni Paradiso, per poi nascondersi pudiche nel chiarore d’incanto dell’Aurora, che annunciava l’Alba d’una vita insieme.

“Ti aspetto Nini. Fatti bella e non ti affannare. Credimi, è presto. Questa volta, lo giuro, per il tuo ritardo non mi incazzerò”.

Si vales, vàleo.

armeno.nardini@bno.eu

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Articolo pubblicato il 19/11/2020