Il Nilo all'origine della civiltà: le favorevoli condizioni ambientali e climatiche che hanno permesso la nascita dell’Antico Egitto

Una ricerca dell'egittologo Riccardo Manzini per la comprensione di questa antica civiltà

L’evoluzione delle civiltà antiche, manifestatesi in società organizzate e stabili, è stata condizionata da cause che, ad una severa critica storica, si sono rivelate quasi sempre “ipotesi” suggestive, anche se credibili, ma non “prove” definitive.

Il campionario di queste realtà, sviluppatesi dalla protostoria alla storia documentata, è notevole, supportato da miti che probabilmente celano interpretazioni che, in ogni caso, non consentono di stabilire certezze.

Una prova che invece sembra diventare una certezza condivisa dagli studiosi, è costituita dalle “condizioni ambientali e climatiche” che oggettivamente possono permettere una verifica sperimentale dello sviluppo di una civiltà attraverso l’esistenza delle fonti di approvvigionamento alimentare, indispensabili per il sostentamento, la continuità e la prosperità della società stessa.

Di certo l’Antico Egitto può vantare il beneficio di queste condizioni favorevoli riassumibili nella constatazione di essere stato, già nell’antichità, considerato il “dono del Nilo”.

Rientra in questo contesto l’articolo “Il Nilo all’origine della civiltà” del dottor Riccardo Manzini - medico chirurgo ed egittologo - che riportiamo con il ricco corredo di immagini.

Nel ringraziare l’Autore, per la sua precedente e attuale collaborazione, auguriamo una buona lettura (m.b.).

 

Il Nilo all’origine della civiltà

 

Che l’Egitto sia un “dono del Nilo” come l’aveva definito Erodoto nel V secolo a.C. è ancor più evidente oggi a chiunque l’abbia sorvolato o l’abbia osservato dalle immagini satellitari, dove costituisce una sottile e lunga striscia verde in una sterminata distesa di sabbia.

Ma soprattutto è un dono di quel fiume la civiltà che si è sviluppata in quella lunga oasi, e gli antichi egizi ne erano tanto consci da riconoscergli un ruolo fondamentale nella propria esistenza che li portò a divinizzarlo (slide 1), inserendolo nel loro pantheon di entità naturali.

Questa antica deferenza per il Nilo ha trovato una condivisione nella scienza moderna che ne ha dimostrato l’unicità e l’estrema importanza antropologica, in quanto ricostruendone la storia geologica ha evidenziato come abbia creato un ambiente eccezionalmente favorevole alla nascita ed allo sviluppo di quella civiltà.

La portata idrica del Nilo è garantita dalla circolazione monsonica che durante l’estate porta i caldi ed umidi venti dell’Oceano Indiano (alisei) a scontrarsi sugli altopiani etiopici con l’aria più fredda generando abbondanti piogge, le quali danno origine a quella periodica ondata di piena del fiume che fertilizzò per millenni l’Egitto.

Se però oggi il fiume scorre placidamente nel tratto egiziano in una valle ben definita, delimitata sovente da rilievi anche scoscesi (slide 2), questo è solo il prodotto finale di un’evoluzione durata milioni di anni in cui gli originari fiumi che in epoca geologica solcavano l’attuale deserto libico gradualmente confluirono a generare il fiume attuale.

Pur essendo un evento protrattosi per milioni di anni, il momento cruciale di questa storia geologica è avvenuto nel Terziario (circa 65÷3 milioni di anni fa) quando lo stretto di Gibilterra si chiuse a seguito dello spostamento della placca africana ed il Mediterraneo venne isolato dall’Oceano Atlantico divenendo un lago. Poiché la progressiva evaporazione di questo lago superò la portata idrica di tutti i fiumi che ad esso afferivano, il Mediterraneo si prosciugò quasi del tutto divenendo un immenso e profondo bacino.

Come conseguenza di ciò tutti i fiumi, poiché tendono a raggiungere rapidamente la foce, scavarono il suolo creando canyon che in terreni erodibili come quello egiziano divennero anche molto profondi, tanto che sotto la città del Cairo lo strato di roccia più antica si trova oggi ad una profondità di circa 2.000 m.

Quando i movimenti tettonici riaprirono Gibilterra e l’Oceano Atlantico invase il bacino dando origine al Mediterraneo come lo conosciamo oggi, la valle in cui si sviluppa l’attuale Egitto, scavata nella fase precedente, divenne un lungo e profondo fiordo in cui il Nilo, come tutti gli altri fiumi, iniziò a depositare i detriti riempiendolo progressivamente e generando infine l’aspetto attuale (slide 3).

Nelle ultime fasi di questa sommaria storia geologica avvennero anche dei sostanziali cambiamenti climatici che nelle ultime decine di migliaia di anni inaridirono progressivamente il territorio dell’attuale Sahara che il clima caldo umido aveva reso fino allora florido ed abitato da popolazioni e anche da grandi animali. Questo mutamento ambientale spinse gli animali e soprattutto quelle popolazioni, fino allora per gran parte nomadi, a migrare verso la valle del Nilo, la cui fertilità li rese rapidamente stanziali e consentì lo sviluppo dei primi agglomerati tribali.

La naturale e generalizzata ricchezza del suolo garantita dalle piene periodiche consentì a queste popolazioni di dare progressivamente origine ad insediamenti che si sparsero su tutta la valle senza mai allontanarsi significativamente dal fiume, con la sola eccezione di quelli che colonizzarono le isolate oasi occidentali (slide 4), costituiti forse da comunità stanziatesi durante la fase migratoria.

In questa valle, il cui terreno alluvionale era ricco di nutrienti, le popolazioni trovarono un ambiente favorevole in cui diedero origine e progressivamente svilupparono questa grandiosa civiltà, favorite anche dall’isolamento creato dai deserti circostanti, popolati da pochi nomadi, che le difendeva dalle possibili minacce delle popolazioni esterne.

La caratteristica idrologica del fiume apportava inoltre fertilizzanti con le periodiche inondazioni che consentirono lo sviluppo precoce di un’agricoltura razionale (slide 5), favorendo quindi la progressiva aggregazione delle tribù che diede origine ai villaggi e poi alle città. In questo modo si può dire che, indirettamente, il Nilo sia all’origine stessa dello Stato e quindi del concetto di amministrazione, la quale di conseguenza richiese e stimolò la nascita della scrittura e del calendario.

Il Nilo non intervenne però solamente nella creazione della civiltà egizia ma ne permise il successivo sviluppo, principalmente in quanto costituì una ininterrotta via di comunicazione che percorre tutto il Paese, facilitata dalla scarsa corrente (il Nilo discende di 1 m ogni 10 km).

Questa presenza spinse quella civiltà ad effettuare tutti i loro trasporti per via fluviale (slide 6) ed a non impegnarsi nella costruzione e nel mantenimento delle strade, cui conseguì la scarsa importanza attribuita dagli egizi alla ruota per gran parte della loro storia, pur avendone conoscenza. La facilità di comunicazione fluviale indirizzò anche il precoce interesse degli egizi verso Sud lungo il corso del Nilo nubiano per assicurarsi l’approvvigionamento dell’oro ed il controllo dei commerci con l’Africa centrale (slide 7).

Essendo quindi ben consci dell’importanza del Nilo per la floridezza della loro economia e della necessità di poter disporre per tutto l’anno del giusto apporto delle sue acque per la produzione agricola, cercarono di regolamentarne i regimi di piena e di magra per ovviare alla periodica alternanza. Per tale ragione fin dai tempi più remoti gli egizi scavarono canali per irrigare i campi e deviare le acque del Nilo verso appositi bacini di contenimento. Tra questi particolarmente ammirevole è il canale lungo oltre 150 km noto come Bar Yussuf (slide 8), le cui acque consentirono di accrescere enormemente il lago Moeris nell’oasi del Fayyum e fertilizzare ampie zone di territorio.

Lo scavo di questo canale, tuttora attivo ed utilizzato (slide 9) come lo stesso lago (slide 10), risale al sovrano Amenemhat III della XII dinastia (Medio Regno) e fu mirabilmente realizzato studiando attentamente il minimo dislivello esistente tra i suoi estremi.

Dalla fine del XIX secolo si cercò di regolamentare in modo più consistente e duraturo il flusso del Nilo costruendo una diga ad Aswan, la quale però consentì di controllare meglio la piena del fiume ma non risolse del tutto il problema. Come nell’antichità, infatti, durante quella fase molti edifici continuarono ad allagarsi periodicamente e le coltivazioni ad essere sommerse (slide 11) ma, a differenza di quanto succedeva nel mondo antico, danneggiando la moderna agricoltura intensiva.

Negli anni ’50 del secolo scorso fu quindi concepito il grandioso sbarramento “a scarpa” che generò l’attuale lago Nasser (slide 12), ma il progetto che prevedeva oltre alle centrali idroelettriche i canali di scarico per il limo e di irrigazione del deserto non fu mai completato. Il risultato di quest’opera incompiuta è che il lago, estendendosi per circa 500 km a latitudini molto basse, produce un’enorme evaporazione che altera il clima (non solo) egiziano danneggiando i monumenti, e trattiene il limo a monte della diga. Come conseguenza l’Egitto che per millenni è stato naturalmente fecondato dal Nilo, oggi deve esportare i fosfati che, dopo trattamento, vengono nuovamente acquistati dal Paese.

 

Riccardo Manzini

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Articolo pubblicato il 11/12/2020