MES: alcune precisazioni.

Da molti mesi ormai si sente parlare di: “MES sanitario”, “prestiti agevolati”, “regali dall’Europa”, “Bonus dalla UE” e via dicendo… Ma è davvero così?

C’è ancora chi sostiene che i fondi MES per combattere il Covid non sarebbero sottoposti a nessuna condizionalità. Eppure queste ultime sono esplicitamente scritte nei documenti ufficiali.

Ma procediamo con ordine. Il MES, ovvero il Meccanismo Europeo di Stabilità, nasce concettualmente a seguito del Trattato di Amsterdam nel 1997, per poi trovare applicazione definitiva nel 2012. Chiamato anche “fondo salva-stati”, è una sorta di salvadanaio amministrato da un organismo intergovernativo con sede in Lussemburgo per conto dei paesi che aderiscono all’euro. L’intento è quello di garantire stabilità finanziaria all’interno dell’Euro Zona. In che modo? La logica che persegue la UE dal ‘92 in poi è sempre la stessa: ovvero quella di fornire prestiti per indebitare i paesi in difficoltà economica, per poi punire gli stessi per via dell’elevato debito contratto. Un cortocircuito dannoso quanto controproducente.

Ogni tanto si riapre il dibattito sul possibile ricorso al MES per finanziare la grave crisi economica. Chi è a favore di ciò avanza tre argomenti: il primo è che i fondi saranno disponibili subito; il secondo è che possiamo spendere questi fondi come vogliamo; e il terzo è che ricorrere ad essi non comporterà condizioni. Analizziamo bene queste argomentazioni.

La disponibilità immediata dei fondi dipende dall’Organo del MES che acconsente le modalità di prestito ed assistenza, ovvero il Consiglio dei Governatori: composto dai 19 Ministri delle finanze dell’area euro, i quali assumono all’unanimità le decisioni principali. I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto dai rispettivi paesi. Francia e Germania hanno diritti di voto superiori all’Italia, e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza e di prestito immediato.

Riguardo invece alla tesi secondo cui i fondi potranno essere spesi come vogliamo, occorre precisare quali saranno le tre sole aree di intervento per cui si potranno utilizzare i 36 miliardi del MES. La prima è quella che riguarda i costi sanitari, inerenti alla prevenzione verso la situazione pandemica del Corona virus. La seconda riguarda invece le spese indirette, come quella per ospedali, farmaci e cure ambulatoriali. Nella terza infine vanno indicati tutti gli altri costi indiretti relativi sempre all’assistenza sanitaria e alla sola cura del Covid-19. Ergo, tutto ciò che risulterà al di fuori dell’emergenza pandemica non potrà essere finanziato coi fondi del MES.

Partendo dal presupposto quasi scontato che in Economia che non esiste prestito senza un tasso d’interesse, vediamo ora in che modo anche l’ultima tesi favorevole all’accettazione del MES sia fallace.

Stando al documento ufficiale pubblicato l’8 maggio 2020 dal board del MES, il term sheet, cioè la specificazione delle clausole che regolano il prestito per affrontare il Covid, ci dice che: Il comma 4 dell’art. 2 stabilisce che “il paese membro del MES beneficiario dovrà adottare misure correttive volte a contrastare le debolezze che rendono difficile l’accesso ai mercati finanziari e ad evitare ogni problema futuro riguardante il finanziamento sul mercato”. L’art. 5, invece, stabilisce che “se viene concesso un prestito il paese membro del MES sarà sottoposto a una sorveglianza rafforzata da parte della Commissione Europea.” In sostanza, usufruire della linea di credito MES-Covid implica l’accettazione delle clausole previste per la linea di credito ECCL(cioè soggetta a condizioni rafforzate), senza particolari esenzioni. Queste clausole si ispirano alla filosofia della buona amministrazione bancaria: secondo cui i soldi si prestano sulla base di impegni rigorosi da assumere da parte del debitore.

L’Italia è la terza economia del Vecchio Continente, dopo la Francia e la Germania, ma è anche quella col debito pubblico più alto in assoluto, il terzo dopo Grecia e Spagna se rapportato al PIL. Appare quindi evidente come sia del tutto svantaggioso per il nostro Paese aggiungere debito ad altro debito; soprattutto in assenza di sovranità economica sia in materia fiscale che monetaria.

Naturalmente se si potesse avere fiducia nelle Istituzioni europee la situazione sarebbe diversa, ma lo “spettro” della crisi economica greca è ancora dietro l’angolo a ricordarci che forse “fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio”.

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 16/12/2020