Pistoia 2020

Ritorno al passato (di Ezio Marinoni)

Dopo nove anni, ritorno a Pistoia, a inizio settembre e dopo una calda e strana estate succeduta alla pandemia covid 19.

Nella via che si stacca dal Battistero mi colpisce una Mole rovesciata su una vetrina. Entro così in una minuscola gelateria artigianale: “Una Mole di Gelato” è stata creata dalla attuale e giovane titolare, che ha preferito Pistoia a Torino per amore. Qui si è sposata, ha rilevato la gelateria in cui lavorava, le ha cambiato nome e le ha regalato una nuova insegna a ricordare la sua provenienza.

Riesco a prenotare una visita alla Chiesa del Tau. In un passato non lontano era stata frazionata in appartamenti, che hanno deturpato molti affreschi. Fra le storie dell’Antico Testamento, tre lunette sopra il portale di ingresso raffigurano i Giganti che dominavano la terra.

“1 Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie, 2 i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli a loro scelta. 3 Allora il Signore disse: “Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni”. 4 C’erano sulla terra i giganti a quei tempi - e anche dopo -, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi” (Genesi 6, 1 - 4).

Si tratta di una pittura unica in Italia!

La chiesa di San Bartolomeo in Pantano è sorta nel secolo VIII, dedicata a San Bartolomeo Apostolo. Il “pantano” era la zona fangosa nata dallo spostamento del corso del torrente Brana nel XIV secolo. La sua fondazione risale al periodo longobardo da parte dei monaci di San Colombano. Si conserva l’usanza di praticare nel giorno della festa del santo titolare, il 24 agosto, una unzione sulla fronte dei bambini per preservarli dalle insidie degli spiriti. In epoca più recente la devozione ha aggiunto un’unzione contro le malattie, in particolare quelle della gola, ancora praticata; in tale occasione si vendono dei dolci speciali, chiamati “corone”, fatti a forma di collana con grani di pasta frolla e un grosso medaglione al centro.

Su una piazza molto trafficata sorge la chiesa di San Francesco. In precedenza, qui esisteva un convento più piccolo annesso alla chiesa di Santa Maria (Maddalena) al Prato, nel quale si erano stabiliti i frati francescani nel corso del XIII secolo. È stata restaurata in epoca fascista, accanto residua la Casa del Balilla (poi destinata ad altri usi).

Secondo giorno a Pistoia.

In piazza Monte Oliveto visito la chiesa dedicata a San Benedetto. Dal 1° al 4 maggio 1391 ha ospitato il Capitolo Generale dell’Ordine, per la prima volta non tenutosi a Monte Oliveto Maggiore in quanto questa località non era agibile. Nella chiesa del monastero, ribattezzata San Leopoldo in onore al Granduca di Toscana, si svolge il Sinodo di Pistoia, dal 18 al 28 settembre 1786, che cercò di riformare la Chiesa in senso giansenista. Per il Vescovo de’ Ricci, questo Sinodo doveva rappresentare il primo passo per la nascita di una Chiesa nazionale, indipendente da Roma. I lavori durarono dieci giorni, approvando decreti già preparati in precedenza. Lo spirito del Sinodo, antiromano e anticuriale, è palese in alcuni enunciati: conferma degli articoli gallicani del 1682, approvazione di tesi gianseniste (condanna del Sacro Cuore, degli esercizi spirituali, delle missioni popolari), fusione di tutti i religiosi in un solo Ordine, soppressione dei voti di povertà ed obbedienza. Nel 1794, con la Bolla “Auctorem Fidei”, Papa Pio VI condannò le 85 tesi approvate dal sinodo, bollandone 7 come eretiche e altre come “scismatiche, erronee, sovversive della gerarchia ecclesiastica, false, temerarie, capricciose, ingiuriose alla Chiesa e alla sua autorità, conducenti al disprezzo de’ sacramenti e delle pratiche di santa Chiesa, offensive alla pietà dei fedeli, che turbavano l’ordine delle diverse chiese, il ministero ecclesiastico, la quiete delle anime; che si opponevano ai decreti Tridentini, offendevano la venerazione dovuta all Madre di Dio, i diritti de’ Concilii generali”.

Scipione de’ Ricci, relegato nella sua villa, nel 1805 in un incontro con il Papa Pio VII a Firenze, abiurò le sue tesi.

Il Teatro Anatomico si trova all’interno dell’ex Spedale del Ceppo. È il più piccolo d’Europa. È stato in funzione per circa un secolo, fino alla metà dell’Ottocento. La struttura era adibita alle dimostrazioni anatomiche per gli studenti di medicina, tramite la dissezione dei cadaveri da parte del docente. Il Teatro è composto da due sale adiacenti: la prima quasi del tutto priva di decorazioni, era impiegata per la preparazioni dei corpi, e ha un tavolo con lo scolatoio; la seconda presenta decorazioni con fregi dai colori delicati, con medaglioni e volute e al centro un grande tavolo di marmo dove si posizionava il corpo, circondato da una serie di panche in muratura ( trenta posti a sedere) con una struttura circolare (la forma consentiva una migliore acustica), destinate ad accogliere gli studenti che vi sedevano e ascoltavano le lezioni del docente, seduto in una sorta di nicchia al centro del lato di levante. Lo studente diventava chirurgo dopo sei anni di studi, gli esami si sostenevano a Firenze.

Lo Spedale del Ceppo è stato fondato nel 1277 dalla “Compagnia di Santa Maria” o “del Ceppo dei poveri”. Una leggenda vuole che il suo nome derivi da un ceppo miracolosamente fiorito durante l’inverno, che secondo le indicazioni date da un’apparizione della Madonna, mostrò il luogo in cui fondare l’ospedale a due devoti coniugi, Antimo e Bendinella.

Con la valente guida di Francesca (dell’IRSA, Istituto Ricerche Storiche e Archeologiche di Pistoia) visito la città sotterranea. Per una scaletta scendiamo sotto l’attuale livello stradale e abitativo. Alcune volte ad arco erano le fondamenta del Convento delle Convertite, attivo fra il Cinquecento e il Seicento. Deviando il torrente Brana e dopo averne ripulito l’argine, sono stati ritrovati sul fondale numerosi reperti e ceramiche da farmacia; oggi le volte sono state restaurate e rese visitabili al pubblico e tutt’ora scorre nei sotterranei un corso d’acqua che serviva ad azionare mulini e macine di pietra. Nei sotterranei vi è ancora il meccanismo del frantoio che movimentava le macine nella piazza sovrastante, il frantoio fu poi acquistato dai frati per produrre l’olio dei medicinali; inoltre, vi si trovano vecchi lavatoi e il mulino tenuto in funzione dal signor Becaccini fino al 1940, con la sua bottega di riparatore di attrezzi contadini.

All’ora dell’aperitivo serale mi sposto in Piazza della Sala, il cuore della “movida” pistoiese, caratteristica per un armonioso pozzo al centro, sormontato da un leone. In epoca longobarda vi sorgeva il Palazzo del Gastaldo. È una zona commerciale ricca di attività lavorativa, le cui vie laterali dichiarano la funzione storica (Via del Cacio, Via dei Fabbri, Piazzetta degli Ortaggi).

Per concludere la vacanza vado a cena alla Trattoria San Vitale, nella omonima strada. È un tuffo negli Anni ‘70 e ‘80 del Novecento: la sala da pranzo pralinata, il mobile-credenza su cui sono allineati i condimenti, le ciotole con la frutta e il dolce del giorno, la schiacciata dolce con uvetta e cioccolato, servita insieme ad un bicchiere di vin santo. Anche il conto redatto da Serena Marchettoni, al termine di un pasto assai soddisfacente, mi stupisce perché sembra espresso nella valuta precedente.

Nell’ultima sera mi domando perché la città dal Cammino di San Jacopo non abbia la cattedrale o una chiesa dedicata al Santo. La risposta non c’è…

E dire che questa città conserva una importante reliquia di San Jacopo (conservata in Duomo), grazie al Vescovo Atto, che nel 1144 riesce ad ottenere una parte del corpo del santo, grazie all’intercessione di Ranieri, un ecclesiastico pistoiese trasferitosi nella città galiziana. Secondo l’erudito Michelangelo Salvi, la devozione per San Jacopo inizia quando “correndo l’anno 849 vennero i Saraceni in Italia […] il che sentendo i Pistoresi, gran travaglio se ne presero, temendo fortemente di qualche grave danno o crudele invasione alla loro città: […] pensarono anco essi alla protezione del […] Santo ricorrere, e così invocatolo con viva fede, e ricevutolo per loro Protettore con solenissime feste e processioni, una Chiesa in onore e gloria di Lui, nella fortezza del Castellare fabbricarono, e la città loro non meno dal pericolo che dal timore restò liberata”.

Il tempo è volato, la bellezza di Pistoia è intatta come la ricordavo: un piccolo scrigno che contiene tanti tesori medievali, da scoprire con lo stupore negli occhi per il fascino che evoca la sua grande storia.

 

@ Ezio Marinoni

 

Bibliografia

Il taccuino del viaggiatore – Appunti per una gita a Pistoia

Alessio Beneforti – Pistoia inzolita

Nedo Ferrari – Il Cammino di San Jacopo in Toscana

Michelangelo Salvi – Historie di Pistoia - 1655

 

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Articolo pubblicato il 01/01/2021