Addio a Pierre Cardin, lo stilista per il mondo di domani!

Con il Prêt-à-porter aveva rivoluzionato la moda

Anche i miti passano, seppur immotali. Ieri siamo rimasti colpiti dalla morte, in tarda età di Pierre Cardin, lo stilista francese che ha saputo imporsi come figura rivoluzionaria della moda. Amava dire: “Gli abiti che preferisco sono quelli che ho inventato per una vita che ancora non esiste, per il mondo di domani”. Forse anche per questo è stato uno dei designer più innovativi. Classe 1922, nato in Italia ma cresciuto a Parigi, Cardin è lo stilista più longevo del pianeta, e continua a essere l’anima ispiratrice della sua maison.

Primo sarto della maison Dior, stilista dei Beatles e pioniere della minigonna in passerella, ha associato il suo nome a collezioni per uomo e donna, interior design, hotel e ristoranti, per una creatività a 360 gradi. Di rottura l’idea di lanciare, nel 1959, la prima collezione di ready-to-wear nei magazzini Printemps e di avvicinare alla moda un pubblico più vasto.

Abbandonata la Chambre Syndacale nel 1996, Cardin ha da sempre mostrato le sue collezioni nell’Espace Cardin, aperto nel 1971 e utilizzato, in nome del suo amore per l’arte, anche per la promozione di giovani teatranti e musicisti. Ma chi è davvero questo stilista mecenate? La risposta è nei numerosi traguardi della sua biografia.

Pierre Cardin nasce a San Biagio di Callalta (Treviso) il 7 luglio 1922. Il suo vero nome è Pietro Cardin. Trasferitosi a Parigi nel 1945, studia architettura e lavora prima per Paquin, poi per Elsa Schiaparelli. Dior, che è al debutto, lo assume come primo tagliatore, ma gli incontri con Jean Cocteau e Christian Bérard lo spingono verso il teatro, tanto da fargli abbandonare la Maison Dior per aprire una sartoria teatrale.

“Ho lavorato fin da subito con Jean Cocteau, nel 1946, per i costumi de La Bella e la Bestia. Ho conosciuto i più grandi costumisti, Christian Bérard e Marcel Escoffier. Tra i miei film ricordo La principessa di Clèves, con Marina Vlady, e Jeanne la française con Jeanne Moreau. Ho studiato storia del costume, ho visitato musei, ma senza mai confondere la moda con il revival, con il recupero di antiquariato. Creare per me vuol dire inventare qualcosa che non c’è. Compito del couturier non è fare un bel vestito, è cambiare l’immagine del mondo”.

 Nel 1957 l’alta moda ha di nuovo il sopravvento tra le sue passioni e Cardin, insieme al suo braccio destro André Olivier, presenta i suoi primi modelli. Le sue “robe bulles” (i vestiti a bolle) ottengono un successo immediato e in breve tempo fanno il giro del mondo. Alla fine degli anni 50 inaugura la prima boutique al 118 di Rue du Faubourg de Saint-Honoré a Parigi e affianca al womenswear alcune creazioni per il pubblico maschile. Nel 1958 Pierre Cardin è il primo stilista europeo ad aprire un negozio in Giappone, dove inoltre inizia a insegnare taglio a tre dimensioni alla scuola di moda Bunka Fukuso.

“Sono stato il primo socialista della moda”, ha raccontato in passato Cardin, che nel 1959 firma un contratto di distribuzione con in grandi magazzini Printemps e con la Rinascente, e per questo viene espulso dalla Chambre Syndacale. “Con i soldi ricavati da quei contratti - puntualizza - mi sono autofinanziato, ho ingrandito i miei atelier, ho rilevato una camiceria che mi ha suggerito l’idea della moda da uomo”. Pioniere del prêt-à-porter, Cardin scommette sulla produzione industriale di abiti e di accessori: “L’ho fatto per due ordini di motivi - ha spiegato Cardin in numerose interviste alla stampa internazionale - uno: economico.

Con l’alta moda non puoi fare la quantità e quindi il guadagno. Solo producendo in serie, con prezzi accessibili, hai profitto. L’altro motivo, diciamo così, era ideologico: un po’ di sinistra, un po’ socialista. Volevo mettere la moda alla portata di tutti, non solo dei ricchi. Cercavo, lo ripeto, il modo per cambiare faccia al mondo: la grande diffusione degli abiti prêt-à-porter serviva a questo”.

Cardin introduce inoltre, nel campo della moda maschile, il gusto per capi estrosi, per colori e fantasie, in contrasto con il rigore imposto allora dalla tradizione britannica. Per questo, quando nel 1963 l’imprenditore e produttore inglese Brian Epstein decide di cambiare l’immagine dei Beatles e di togliere il cuoio nero dilagante dei look dei loro esordi si rivolge a Cardin. Nasce il look Beatles: pantaloni aderenti, tronchetti con elastici ai lati e giacche senza collo. Con il womenswear lo stilista è un habitué delle collezioni fiume, capace di arrivare fino a 300 modelli e di alternare abiti sofisticati e un’eleganza pura, a creazioni quasi kitsch e invenzioni futuristiche

Pierre Cardin è stato tra i primi stilisti della sua epoca a portare in passerella la minigonna, strettissima e con spacchi sensuali. Il suo è uno stile d’avanguardia: abiti in plexiglas, shorts di vinile e accessori in plastica. La sua abilità nel giocare con i tessuti arriva talvolta a ignorare le forme femminili, avvicinando gli abiti a opere architettoniche. A lui si deve la diffusione della moda unisex, sperimentale e poco pratica. Cardin diviene noto per il suo stile d'avanguardia, ispirato all'era spaziale.

All'inizio degli anni 70 apre a Parigi L'Espace Pierre Cardin che comprende un teatro, un ristorante, una galleria d'arte e uno studio di creazione di arredamento. Grande amante dell’arte, conosce, nel corso degli anni, maestri come Picasso, Braque, Mirò e Dalì. Queste figure di primo piano hanno influenzato la sua visione stilistica e creativa, portandolo ad impegnarsi a promuove giovani talenti e a sfruttare, in questo senso, L'Espace Cardin.

All'inizio degli anni 80 il designer rileva la catena di ristoranti Maxim's: in breve apre a New York, Londra e Pechino. Anche la catena degli Hotel Maxim's si aggiunge poi alla collezione di proprietà di Cardin. Il designer griffa ogni tipologia merceologica in tempi non sospetti: moda, design, arti, hotel, ristoranti, porcellane, profumi. Per la prima volta la firma di uno stilista viene abbinata a prodotti al di fuori dell’abbigliamento, che vengono, in un certo senso, nobilitati.

Nel 1977 e nel 1979 Pierre Cardin è stato premiato con il Ditale d’oro dell’Haute Couture francese. Sempre nel 1979 è la volta della prima sfilata in Cina, a Pechino, esperienza che la griffe intraprende di nuovo nel 1981, quando presenta le sue collezioni al pubblico di Shanghai. Nello stesso anno il Metropolitan Museum di New York gli dedica la retrospettiva 30 Years of Design, mentre nel 1990 il Victoria & Albert Museum di Londra inaugura la mostra Pierre Cardin: Past, Present, Future. Cardin è il primo stilista designato dall’Unesco nel 1991 e nel 1992 è eletto membro dell’Académie des Beaux Arts.

Un riconoscimento importante arriva anche da Pitti Immagine Uomo, che nel gennaio 2003 gli conferisce il premio alla carriera in un gala a Palazzo Corsini, chiuso da una sfilata antologica dedicata ai pezzi più rappresentativi della sua creatività. Nel 2017 in occasione dei 70 anni di attività Pierre Cardin ha prodotto lo spettacolo Dorian Gray. La bellezza non ha pietà. A questo si affianca il libro Cardin, presentato a Parigi, nell’incredibile scenario del Museé Pierre Cardin, nel quarto arrondissement.

“L’unico di cui ancora oggi si parla e che ha la fortuna di essere ancora vivo è Pierre Cardin”, ha dichiarato, senza troppa modestia, lo stilista in un’intervista recente alla stampa italiana, ammettendo come ago e filo non siano stati la sua prima vocazione. “Ho svolto vari lavori prima di diventare sarto. Ho fatto il contabile della Croce rossa a Vichy. La professione di ragioniere mi ha reso libero, anche di rischiare, tenendomi lontano dalle banche. Nel 1945, appena arrivato a Parigi, dove fui assunto da Jeanne Paquin e poi da Elsa Schiaparelli, mi sarebbe piaciuto diventare ballerino. Sono stato attore. Ho diretto vari miei teatri. Da imprenditore mi sono occupato di molteplici attività. Ho persino insegnato”.

Dei suoi colleghi del passato Cardin ha ammesso di ricordare con ammirazione Christian Dior eAndré Courrèges  :André Courrèges era un artista dalla forte personalità, un creativo puro. Dior è tra i miei ricordi più cari: nel primo dopoguerra credette in me e mi ingaggiò. Saint-Laurent e de Givenchy si sono sfidati a disegnare l’eleganza”. Dalla sua Cardin è stato capace, forse più di ogni altro stilista, di applicare il suo nome e il suo stile in moltissimi campi e su moltissimi oggetti, studiando addirittura una gamma di prodotti alimentari: “Il sapone e il profumo che uso, le lenzuola su cui dormo e il cibo che mangio portano tutti il mio nome. Praticamente vivo su me stesso”.

 

 

 

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Articolo pubblicato il 30/12/2020