Shahbaz Bhatti: un martire per la libertà religiosa

Diversi motivi per ricordare la barbara uccisione di Shahbaz Bhatti

Nel giorno di S. Stefano, la Chiesa ha ricordato tutti i cristiani uccisi a causa della loro fede. Sabato 26 dicembre, Papa Francesco ricordando il protomartire Stefano, ha detto che sono tanti i cristiani uccisi in odium fidei. Certamente un numero superiore rispetto alla mattanza dei primi anni del Cristianesimo. Fare l'elenco non è facile, intanto bisognerebbe aggiornarlo ogni giorno, come fa l'istituzione di diritto pontificio, “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS).

 

In questa giornata ho voluto ricordare una grande figura uccisa proprio perchè cristiana, si tratta di Shahbaz Bhatti, ministro pakistano per le minoranze religiose, ucciso da fondamentalisti islamici a Islamabad il 2 marzo 2011. Ho diversi motivi per ricordare la barbara uccisione di Shahbaz Bhatti.

Il primo, perché è rimasto fedele a Gesù Cristo nonostante rischiasse la vita in ogni istante, il secondo, i martiri per la fede mi hanno sempre colpito, il terzo motivo, perché la nostra stampa, ha quasi completamente ignorato la sua morte, e questo è un fatto gravissimo, perché il grave atto d'intolleranza religiosa è l’ennesima dimostrazione che la libertà religiosa è il termometro per misurare tutte le altre libertà e l’affidabilità di un governo.

 

L'ultimo motivo: Bhatti era un insegnante di scuola elementare, come me.

Shahbaz è stato ucciso perché, era “un nemico dell’Islam, perché cristiano e contrario alla legge sulla blasfemia”. Bhatti in quel momento stava lottando per liberare la povera Asia Bibi.

Bhatti, lasciato solo, ha pagato a caro prezzo la sua onestà e il suo impegno. Un vero servitore dello Stato e del popolo, non secondo meri calcoli d’interesse personale o di qualche lobby, né per ideologia, ma semplicemente per un autentico senso della politica. Il ministro apparteneva al Partito Pakistano del Popolo, aveva partecipato al processo di democratizzazione del paese, diventando la voce delle minoranze religiose, così fortemente discriminate dagli estremisti islamici.

 

La fede non è stata una etichetta da appiccicare o da strumentalizzare a seconda del “vento che tirava”, ma l’anima della sua esistenza. Voglio che la mia vita dica che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora - in questo mio sforzo per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan - Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita”, si legge nel suo testamento”.

L'allora ministro degli esteri Franco Frattini, per la morte di Bhatti, ha usato parole molto dure, anche perché lo conosceva personalmente: “Adesso i codardi di quell’Europa che rifugge dalla condanna del fondamentalismo religioso verseranno le loro lacrime di coccodrillo, alleati di quei codardi che in Pakistan conoscono solo il sangue degli attentati”.

 

Il ministro pakistano era conosciuto anche da monsignor Dino Pistolato, direttore della Caritas di Venezia, che scrive: “era dedito completamente alla difesa delle comunità emarginate e delle minoranze religiose del Pakistan. Insegnante di scuola elementare, aveva fatto della sua vita un’offerta per i poveri e coloro che sono perseguitati a causa della loro fede. Ricordo con impressione una risposta che mi diede quando gli chiesi perché non si facesse sacerdote. Rispose perché lui voleva stare in mezzo alla gente, a contatto diretto con le persone e le difficoltà, cosa che spesso i sacerdoti non riescono a fare nel suo Paese. Aveva una fede intensa e lucida e la consapevolezza di una morte prossima. Una cosa che mi ha confermato in una mail recente, dove mi raccontava della sua lotta infaticabile contro l’attuale legge sulla blasfemia, delle ripetute minacce che riceveva e del mancato supporto della sua parte politica. Mi consola il pensiero che egli abbia potuto veder realizzato il desiderio della sua vita, incontrare il Papa, evento che accadde l’anno scorso. Ho conosciuto un testimone della fede, ho avuto la grazia di conoscere un martire”.

 

Shahbaz Bhatti, è l’ultima vittima di un clima di intolleranza religiosa con finalità politica, che ha lasciato una scia di sangue di tanti cristiani trucidati, tra cui Shaheed Mohtarma Benazir Bhutto, primo ministro assassinata nel 2008 e il Governatore del Punjab Salman Taseer Talking, musulmano, che aveva chiesto la grazia per Asia Bibi. Chi ha rivendicato la morte di Bhatti non poteva essere più chiaro: è stato ucciso “perché era un cristiano, un infedele e un blasfemo”.

Il suo assassinio è parte di una “guerra di religione per eliminare quanti vogliono modificare la legge sulla blasfemia”. “Per grazia di Allah, tutti coloro che sono membri della Commissione di revisione della legge, andranno all’inferno”.

 

Andrea Riccardi, l'iniziatore della Comunità di Sant'Egidio, doveva incontrare Bhatti, proprio qualche giorno fa, sul Corriere della Sera sottolinea che la morte del ministro è una sconfitta non solo per i cristiani. La convenienza politica spinge il governo a non proteggere le minoranze in modo fermo. Ma proteggerle è difendere la libertà di tutti. Prima il totalitarismo islamico colpisce i pochi cristiani; poi arriva l'ora degli altri, magari musulmani, colpevoli solo di non volersi piegare.

Il Santo Padre Benedetto XVI, ieri all'Angelus, ha ricordato il ministro di Islamabad: “Chiedo al Signore Gesù che il commovente sacrificio della vita del ministro pakistano Shahbaz Bhatti svegli nelle coscienze il coraggio e l’impegno a tutelare la libertà religiosa di tutti gli uomini e, in tal modo, a promuovere la loro uguale dignità”.

 

UN POMERIGGIO PER NON DIMENTICARE UN GRANDE UOMO.

 

Il 21 aprile 2011 a Milano, alcune associazioni tra cui l’Umanitaria Padana Onlus, Alleanza Cattolica, Associazione Pakistani in Italia, presso Angelicum, Mondo,   hanno organizzato un intero pomeriggio dedicato a ricordare Shahbaz Bhatti.

Prima degli interventi è stata celebrata dal compianto padre Piero Gheddo e padre Hajaz Hajat una S. Messa in suffragio del ministro pakistano.

Sono intervenuti al convegno, Marco Invernizzi, responsabile lombardo di Alleanza Cattolica; nel suo breve intervento ha messo in luce la straordinaria figura di Shahbaz Bhatti, che è riuscito a dimostrare che si può fare politica mantenendo la propria fede. Oggi solo accennare alla santità di un politico, può apparire una bestemmia. Il Papa S. Paolo VI, diceva: “La politica è la più alta espressione della carità”. Il ministro pakistano  è riuscito a fare proprio questo. Quindi Sara Fumagalli ha descritto le numerose iniziative di solidarietà alle popolazioni del Medio Oriente dell'Umanitaria Padana Onlus.

 

L'intervento di don Piero Gheddo, il missionario più conosciuto del nostro secolo, è stato quello più documentato e qualificato.

Gheddo ha personalmente visitato il Pakistan e conosciuto Khushpur, il villaggio dove è nato e vissuto Bhatti, ha inteso dimostrare l’importanza dell’organizzazione cristiana della società in Pakistan: dove c’è l’Islam, la società è ferma e bloccata, dove invece, vivono i cristiani, cambia tutto, a cominciare dalle pulizie delle strade e delle case, la libertà delle donne che sorridono, che si fermano, parlano, si lasciano perfino fotografare (questo è un crimine altrove), la vivacità dei ragazzi e ragazze nel gioco, l’unità delle famiglie (rigorosamente monogamiche), che ha permesso, nonostante la povertà,  la fondazione di una società più evoluta.

 

Subito dopo ha preso la parola, Francesca Milano, giovane e coraggiosa giornalista del Sole 24 Ore, che ha presentato il suo volumetto proprio sul politico martire, Shahbaz Bhatti: “Morte di un blasfemo”, edito da San Paolo, all’inizio di quest’anno.

Shahbaz Bhatti è stato ministro per le Minoranze Religiose del Pakistan dal 2008 al 2 marzo 2011, quando è stato ucciso da un commando terroristico talebano. Nato nel 1968 da una famiglia cattolica, uomo di profonda fede, di lungimirante sapienza e di tenace carità, attento ai poveri, agli oppressi e ai bisognosi, stava sempre con la gente in prima linea, tessitore instancabile di dialogo interreligioso, ha dedicato tutta la sua vita affinché fosse garantita la libertà di tutte le minoranze religiose nel suo Paese.

In particolare Shahbaz si è battuto per  revisionare la legge sulla blasfemia e per difendere la povera Asia Bibi, accusata ingiustamente di aver oltraggiato il Corano. Fu il primo direttore della Apma (All Pakistan Minorities Alliance), eletto in Parlamento con il Ppp, il partito di Benazir Bhutto, anche lei assassinata il 27 dicembre del 2007. Il 2 novembre 2008, fu nominato ministro per le Minoranze Religiose.

 

Shahbaz Bhatti era un uomo molto umile, con una fede profondissima. Non aveva una sua vita privata, tutto il suo tempo lo dedicava ai cristiani e a tutti i perseguitati dalla legge della blasfemia e da altre ingiustizie. “Non ho tempo di metter su famiglia”, diceva a chi glielo chiedeva. Nonostante fosse un uomo politico, è morto povero, sul suo conto corrente non c’era una rupia. Ha speso tutta la sua vita per gli altri. I vescovi del Pakistan hanno chiesto alla santa Sede che venga proclamato “martire e patrono della libertà religiosa”.

Dopo la Milano ha parlato il professore Mobeen Shahid, docente presso la Pontificia Università Lateranense, fondatore dell’Associazione Pakistani Cristiani in Italia. Mobeen, amico intimo di Shahbaz, ha denunciato l’ignoranza a livello internazionale sulle condizioni dei cristiani pakistani. 

 

La seconda parte del lungo pomeriggio è stata dedicata ad alcuni esponenti della politica italiana, un omaggio bipartisan della politica e delle istituzioni, per significare l’attenzione del nostro Paese al tema della persecuzione dei Cristiani e un tributo d’onore all’esempio di servizio incondizionato che, con la sua vita e il suo martirio, il ministro Shahbaz Bhatti ha offerto ai politici di tutto il mondo.

Per primo è intervenuto il senatore Antonio Rusconi del Pd, riferendosi alla libertà religiosa ha detto che “non può essere intesa solo come un dato culturale, bisogna passare all’azione, affinché si possa fare in modo che venga rispettata in tutti i Paesi dove viene violata”.

 

Il problema della libertà religiosa non dev’essere visto come qualcosa che riguarda persone lontane, “la persecuzione dei cristiani in Pakistan - ha detto l’esponente del Pd-  è un martirio che interpella tutti noi”. Dopo il senatore, prende la parola l’onorevole Andrea Orsini del Pdl che ha ringraziato Francesca Milano per aver fatto conoscere la grande figura del ministro martire pakistano. “L’Islam è una religione nobilissima, purtroppo, però, nel mondo c’è una deriva estremamente pericolosa, ha detto l’esponente del Pdl, che ha ricordato, la difficile condizione delle ragazze musulmane in Italia, in particolare, quelle pakistane .“La libertà religiosa deve valere a Milano come a Karaci o a Kabul, non vogliamo più che i cristiani nel mondo subiscano atti di violenza e di morte solo perché cristiani”.

Interviene l’onorevole Laura Molteni della Lega Nord, nonché esponente dell’Associazione Federale delle Donne Padane, che ha ricordato come il 900, il secolo delle idee assassine, hanno perso la vita violentemente quasi 45 milioni di cristiani, un martirio che continua ancora oggi in molti Paesi islamici.

L’esponente della Lega ha ricordato che spesso gli uomini e le donne provenienti dai territori con cultura musulmana fanno fatica ad integrarsi o che addirittura rifiutano l’integrazione.

A manifestare solidarietà ai cristiani perseguitati sono intervenuti con due brevi saluti, l’onorevole Umberto Bossi insieme a Matteo Salvini, salutati calorosamente dal pubblico presente.

Sara Fumagalli, coordinatrice dell’Umanitaria Padana Onlus, l’ispiratrice del convegno, prende la parola e in una decina di minuti intensi, con il libro in mano della Milano, riesce a raccontare la vita di Shahbaz  Batthi, all’ex segretario della Lega Nord, che qualche attimo prima, aveva manifestato il desiderio di conoscere questa grande figura.

 

 

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Articolo pubblicato il 31/12/2020