L'ultimo viaggio

la poesia potrebbe traghettarci verso dimensioni sconosciute, ambiti metafisici e scenari surreali

I versi possono rivelarsi delle chiavi d'accesso a Dimensioni altre, strumenti magici in grado di farci volare verso Piani che forse la prosa non potrebbe descrivere. Moltissimi poeti hanno brillantemente espresso chiari esempi di questo concetto. I viaggi nelle dimensioni infernali di Virgilio e di Dante Alighieri sono degli esempi straordinari, assolutamente inimitabili.

Ricordiamo un passo del Purgatorio dantesco, Canto XXV, nel quale si esprimono concetti complessi relativi al momento in cui l'Anima si unisce al corpo fisico:

 

E come l’aere, quand’è ben piorno, 
per l’altrui raggio che ‘n sé si reflette, 
                                          di diversi color diventa addorno;                                     93

così l’aere vicin quivi si mette 
in quella forma ch’è in lui suggella 
                                           virtualmente l’alma che ristette;                                      96

e simigliante poi a la fiammella 
che segue il foco là ‘vunque si muta, 
                                        segue lo spirto sua forma novella.                                 99

Però che quindi ha poscia sua paruta, 
è chiamata ombra; e quindi organa poi 
                                          ciascun sentire infino a la veduta.                                 102

Quindi parliamo e quindi ridiam noi; 
quindi facciam le lagrime e ‘ sospiri 
                                         che per lo monte aver sentiti puoi.                                105

Secondo che ci affiggono i disiri 
e li altri affetti, l’ombra si figura; 
                                        e quest’è la cagion di che tu miri».                               108

 

In una parafrasi ricavata dal Web, leggiamo:

https://divinacommedia.weebly.com/purgatorio-canto-xxv.html

 

E come l'aria, quando è ben pregna di umidità,

si tinge dei colori dell'arcobaleno per il raggio del sole che la attraversa;
così l'aria che circonda lì l'anima assume quella forma che le imprime l'anima stessa lì ferma, grazie alla virtù informativa;
e poi, simile alla fiammella che segue il fuoco ovunque si sposti, la nuova forma segue l'anima.
Poiché da quel momento ha un suo aspetto esteriore, è chiamata ombra; e in seguito sviluppa tutte le sensazioni, fino alla vista.
Con questo corpo umbratile noi parliamo e ridiamo; con esso produciamo le lacrime e i sospiri che puoi aver sentito per il monte.

 

In questo passo, molto discusso e variamente interpretato da illustri critici, possiamo scorgere alcuni particolari che vengono spesso trascurati. Il noto paragone con l'arcobaleno mette in evidenza quello che numerosi veggenti hanno ricavato dalle proprie visioni sciamaniche, ovvero che il Corpo Astrale, in particolare, si rende visibile attraverso la manifestazione di uno spettro cromatico.

Come già accennato in un precedente articolo, il concetto di Virtù Formativa sembra ricondurci a quello del Corpo Eterico (Ombra) che segue quello Astrale, consentendogli di provare quelle sensazioni fisiche che regalano ai trapassati la possibilità di interagire con la materia e di provare le sensazioni di tipo sensitivo, come vista, olfatto, udito... e dolore.

Eventi come la separazione dei Corpi Sottili, esaustivamente descritta nell'Antroposofia di Rudolf Steiner, troveranno nell'uso dei versi una più facile comprensione, un approccio meno meccanicistico e più vicino a quelle espressioni intuitive, tipiche dell'ispirazione poetica. Il motivo di questa considerazione è assai complesso ed è probabilmente spiegabile con  la necessità di seguire la severa regola metrica delle terzine incatenate. Se da un lato la rigidità metrica costringe spesso a compiere delle improbabili arrampicate intellettuali, dall'altro dona impensabili opportunità espressive. 

Questa particolare imposizione costringe colui che si cimenta nella costruzione poetica a rispettare la terza rima che conclude la catena di un gruppo di due terzine. La terza rima, spesso è difficilissima, se non impossibile, da trovare. Particolari parole rimano con pochissime altre che sono spesso inutilizzabili nel contesto poetico. Si rende quindi necessario creare, inventandoli di sana pianta, dei neologismi che possano supportare il testo, oppure inserire delle forzature che obbligheranno a deviare radicalmente dall'argomento intrapreso, modificando il percorso in modo assolutamente creativo.

Come si è detto, la poesia che rispetti una rigida metrica, a differenza della prosa, obbliga a funamboliche deviazioni che, spesso, rappresentano inaspettate opportunità concettuali.

Sperimentare con i versi può essere un'esperienza molto divertente, un mezzo adatto anche a sconfiggere le frustranti restrizioni dei tristissimi Lockdown. 

Per fare un piccolo esempio, propongo, come esperimento ricreativo, alcune terzine che tentano di narrare il momento della separazione tra il Corpo Fisico e quello Astrale: l'inizio del viaggio verso la Luce.

In altre parole ... il momento della morte.

Si tratta di endecasillabi riuniti in terzine incatenate, ABA BCB CDC... più un verso orfano finale:

 

Nel viaggio dai color d’arcobaleno,

che si compì nel mezzo della notte,

io vidi quello cielo più sereno:

 

azzurra quella luce che m’inghiotte.

E’ volo di falena che aspira

a quel salir, e san di sal le gotte.

 

Lontano v’è la Terra che rigira,

lontano giac’il corpo nella bara.

E come dalla serp'in stretta spira,

 

la preda con un morso si separa,

il corpo della luce tagl’il filo

e a viver nella Luce, si prepara.

 

Oh quanto arduo è usar lo stilo,

per dire quello che, qui l’Alma prova:

è come un vecchissimo panfìlo,

 

ch’in mezzo alla tempesta si ritrova,

e fida di trovar la via novella,

la sola via che veramente giova.

 

Immerso nello mar cerca la stella,

il lume che rischiara lo cammino,

e trova la sua meta quando quella

 

si svela nel sorriso del Divino.

 

 

 

testo e foto di Giancarlo Guerreri

 

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Articolo pubblicato il 09/01/2021