Settanta

Il romanzo di Patrizia Brignolo recensito da Ezio Marinoni

La fiction prende le mosse da un fatto di cronaca nera, un delitto avvenuto al Bosco dei Partigiani di Asti.

Il 17 febbraio 1971, intorno alle 13, ai piedi delle mura medievali un giovane di 17 anni, Giuseppe Sacco di Cisterna d'Asti, viene accoltellato da un disadattato sociale, tale Elio Balbo di anni 23, mentre si trova in compagnia della fidanzata sedicenne Clara Gai.

I due giovani (lui frequenta il terzo anno di un istituto tecnico professionale, lei la seconda classe in un liceo scientifico) si sono appartati nella parte alta del boschetto con l’idea di scambiarsi effusioni al riparo da occhi indiscreti, quando l'omicida si palesa dal nulla e vibra una prima coltellata tra la quinta e la sesta vertebra dorsale del giovane. La seconda coltellata lo colpisce all'altezza della gola e recide la giugulare (il ragazzo morirà poco dopo all'ospedale di Asti).

La ragazza, risparmiata dalla mano omicida, solleva a fatica il compagno e lo trascina al centro del parco, dove si trovano la casa del custode e una scuola per persone con handicap mentali.

L'assassino riesce a fuggire e fa perdere le sue tracce.

La giovane Clara, pur in preda a un forte choc, è in grado di rivelare alcuni particolari che risulteranno decisivi per identificare l'assassino.

Cinque giorni dopo, il 22 febbraio due carabinieri riconoscono il sospettato, dall’identikit tracciato, ad un angolo di piazza Alfieri, mentre cammina lentamente su un marciapiede leggendo un giornale. Si tratta di Elio Balbo, nativo di Villadeati (Alessandria), giunto ad Asti dieci anni prima e residente, fino all’anno precedente i fatti, insieme ai genitori in frazione Valmanera. In tasca ha un coltello a serramanico. Dopo cinque ore d'interrogatorio confessa l'omicidio.

Il 5 luglio 1972 la Corte d'Assise di Asti riconoscerà il Balbo colpevole di omicidio volontario con l'attenuante della seminfermità mentale, con una condanna a 14 anni e 4 mesi di carcere, oltre a tre anni da scontarsi in una casa di cura.

 

L’omicidio di un cuoco italo-greco, commesso in riva al Tanaro durante uno spettacolo pirotecnico, un bosco astigiano infestato da “masche” e fantasmi, il biglietto da visita insanguinato di un bed & breakfast e il ritrovamento del diario segreto di una inquieta adolescente (risalente al 1975) danno il via all’indagine di due estemporanei giornalisti.

Tati e Romeo.

Lei è una figura femminile a tutto tondo, squillante e ironica voce narrante, in perenne lotta con le sue fobie, assediata dal bisogno di liberarsi dalla prigionia di una quotidianità frustrante.

Lui, amico-collega-spasimante, è un adorabile incrocio tra Superman e Peter Pan.

Fra i due protagonisti si avverte una forte attrazione fisica e mentale; ciononostante, hanno deciso di rispettare un patto, siglato trent’anni prima, che li obbliga a rimanere sempre e soltanto amici, dopo una fugace storia d’amore ai tempi del liceo.

Tati e Romeo avranno il coraggio di infrangere la loro promessa per diventare qualcosa di più, oltre che semplici amici?

Un indizio utile: “settanta” potrebbe essere un dato biografico?

E, non ultimo, risolveranno il caso?

Complice la lettura delle confessioni contenute nel diario, compiranno un tuffo nel passato, tra gli hippies degli Anni Settanta; li ritroviamo poi a Corfù, su una spiaggia frequentata da nudisti nostalgici, a seguire una pista che li porterà a smascherare l’assassino e a scrivere un autentico scoop.

Altri personaggi - buffi, ironici, a tratti profondi - movimenteranno la loro esperienza sulla spiaggia di Mirtyotissa, dove incontreranno una donna anziana che vive senza vestiti, tre giudici new age in vacanza, un vecchio scrittore affetto dalla sindrome del foglio bianco, un ex porno divo (che si è dedicato ai lavori a maglia ed alla gestione di un campeggio non proprio autorizzato), e un gruppo di suore che vivono nel loro eremo a volte troppo affollato.

Un romanzo d’amore e d’avventura attuale e antico, in cui l’autrice costruisce un vero e proprio viaggio nel tempo.

Ho letto “Settanta” vedendo nei miei occhi i luoghi descritti, a partire dalla Valmanera che fu un importante monastero medievale fino ad un’isola greca che mi è parsa fuga e sogno, realtà e immaginazione allo stesso tempo.

La scrittura si dipana con scioltezza e tiene avvinto il lettore, pagina dopo pagina, fino all’imprevedibile scioglimento di una storia, giocata fra passato e presente, con la dualità temporale che anima ciascuno di noi nella vita reale.

Chi è Patrizia Brignolo?

Astigiana, cresce in una casa piena di persone, libri e quadri, si laurea in architettura. È mamma di Elisabetta, la sua fonte inesauribile di energia, entusiasmo ed ispirazione.

Nel 2014 fonda una associazione culturale, tuttora molto attiva nella promozione artistica (narrativa, poesia, musica, recital, concerto, presentazioni editoriali rigorosamente in biblioteca).

Ama scrivere e le piace ispirare scrittura alle persone, anche attraverso il concorso letterario e artistico annuale “Verba Volant” da lei inventato.

La sua peculiarità è scrivere storie che chiedono di essere scritte.

Nella sua vita frenetica e colma di impegni la scrittura è diventata il suo rifugio sicuro, uno spazio privato e inviolabile; per scrivere utilizza un computer, o quaderni e block notes, oppure i tovaglioli di carta del bar (prima del covid19). L’ispirazione, quando arriva, arriva e ha bisogno di essere subito fermata sulla carta.

Patrizia è una persona fantasiosa, adora viaggiare con la sua fervida immaginazione, per spiare la realtà e le persone dal suo osservatorio personale; quando tutto ciò diventa scrittura, lei trasforma gli eventi nel fluire di una narrazione.

Ama citare le “masche” nelle sue storie perché la nonna materna sosteneva che sua suocera fosse una di loro!

 

Patrizia Brignolo

Settanta

Edizioni Crearte - Asti

 

@Ezio Marinoni

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Articolo pubblicato il 12/01/2021