
Il governo è tornato silenziosamente a batter cassa tra i mezzi di trasporto
È dagli anni 70, dai tempi delle due fameliche “una tantum” (che tradotto dal latino, in realtà significa “uno soltanto” e non due), che la pressione fiscale sugli automezzi e i motocicli di proprietà privata, ha iniziato a subire una progressiva accelerazione.
Mentre da una parte l’industria ha sedotto gli acquirenti con sempre più intriganti modelli, perfezionando “i più bel giocattoli inventati dall’uomo per l’uomo”, i governi, partendo dalle 18 leggendarie accise sui carburanti mai soppresse (la prima di £. 14 del 1956 per la crisi di Suez, la seconda di £. 10 del 1963 per la diga del Vajont, ecc.), hanno sempre spremuto quattrini da un parco veicoli in progressivo aumento.
Ecco dunque che, tra il passaggio dal bollo di circolazione alla tassa di proprietà e le rottamazioni per modelli di una certa età, prima ancora di entrare nella new age degli euro 0, euro 1 ecc., nel 1997 la revisione degli autoveicoli, che prima avveniva ogni 10 anni, passò a 4 anni dall’acquisto per i veicoli nuovi, da ripetere poi ogni 2 anni. Nel 2001 fu estesa anche a moloveicoli e ciclomotori, e tale normativa è tuttora vigente, certamente necessaria per la sicurezza, visto l’enorme, variegato numero di veicoli in circolazione.
Il problema qui trattato non è rivolto ad un sacrosanto controllo dei veicoli, ma all’aumento prossimo venturo dei costi delle revisioni, argomento di cui si parla poco.
Un aumento poco opportuno in questo severo momento storico depauperato dalla pandemia. Toppe famiglie scivolate verso la soglia di povertà, e non solo loro, lo accoglieranno con disappunto.
Tra le modifiche al disegno di Legge di Bilancio per il 2021 approvate dalla Commissione Bilancio della Camera, infatti, un emendamento impegna il Ministero dei Trasporti ad aumentare di 9,95 euro la tariffa delle revisioni dei veicoli entro il 30 gennaio 2021.
La quota passerà dunque da € 45 a € 54,95, a cui andranno aggiunti: l'Iva, i diritti di motorizzazione e il corrispettivo del servizio, con un costo totale che da € 66,88, arriverà a 79,02 €, maggiorato del 22%. Un aumento di € 12,21 che, secondo i dati, andrebbe a pesare sulle tasche dei cittadini per un totale di 4 mil. di € ogni anno.
Per bilanciare l’aumento, lo stesso Ddl intende istituire un "buono veicoli sicuri" del valore di 9,95 euro destinato a chi dovrà sottoporre il proprio veicolo a revisione tra il 2021 e il 2023. Anche in questo caso, per chi avrà diritto al buono (ancora da definire) il costo della revisione risulterà comunque elevato; infine, tale bonus potrà essere usato per una sola volta nel triennio 2021-2023 e per un solo veicolo intestato.
A conti fatti quindi, a fronte di circa 17 milioni di revisioni all’anno, coloro che potranno usufruire dell’ipotetico bonus potranno essere solo poco più di 400.000. Un numero esiguo rispetto alla totalità dei possessori di veicoli che si vedranno di fronte a un nuovo obbligo tra i tanti già imposti dalla pandemia senza essere in alcun rapporto con essa.
Si tratta di uno scenario che merita ben più di una riflessione. Di sicuro l’aumento imposto del 22% per una operazione che interessa quasi la totalità della popolazione italiana, mai come in questo severo, oscuro periodo Covid-19 stride, sia per l’impoverimento delle classi meno abbienti e un tremendo panorama di licenziamenti, cassa integrazione, fallimenti ecc. del tutto ignorato dalle decisioni del governo, sia per la quota di aumento in % sproporzionata.
Un’altra riflessione è dedicata ai pochi veicoli ancora rimasti facenti parte delle categorie più basse delle classi euro, tra cui fan parte anche i veicoli storici. Il ventilato “blocco permanente” dei veicoli classe euro 0, 1… Una volta sottoposti a salata revisione e risultati in regola con la loro classe, correrebbero il rischio di essere del tutto bloccati o rottamati?
Stabilito che si tratta di un aumento previsto per la fine di un 2021 che si presenta impegnativo, e che non vedrà una ripresa economica, ci si sente autorizzati a dichiarare che chi ha legiferato, o è del tutto ignaro della situazione economica del Paese, oppure ne è ben cosciente ma non ritiene la cosa rilevante.
Non si sa quale delle due ipotesi sia la peggiore, ma entrambe favoriscono uno scenario di rinuncia alla messa in regola dei veicoli da parte di molti proprietari, nonostante la cifra apparentemente esigua (ai bei tempi erano pur sempre + di L. 24.000), sia per indigenza economica, sia per un prevedibile disappunto legato alle precedenti riflessioni.
Viene spontaneo abbinare il comportamento dell’esecutivo ad un sarcastico detto di stampo mafioso: “è incredibile quanto denaro si può spillare da chi non ne ha”.
Il dibattito è aperto e, nel nome di sant’Agostino, il censore delle leggi ingiuste, un consiglio per ogni lettore in disaccordo con il provvedimento è di informarsi ancor di più e quindi manifestarsi, scrivendo ai quotidiani e agli assessorati preposti. Dissentire civilmente è lecito, sperando di avere presto un chiaro, serio esecutivo politico a cui rivolgersi, viste le recenti arie di crisi.
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Articolo pubblicato il 14/01/2021