Lo strumento europeo di sostegno temporaneo ai tempi del Covid
Negli scorsi mesi gli Stati europei si sono trovati in prima linea nel contrastare la crisi del Covid-19 con massicci aumenti della spesa pubblica.
Nel primo semestre del 2020, la variazione del debito pubblico in percentuale al Pil ha raggiunto i valori più alti degli ultimi anni. Il deficit è complessivamente aumentato di 121 miliardi nell’ultimo semestre.
Questo è quanto si legge dall’ultimo rapporto di Bankitalia :
“Nel primo semestre 2020 i redditi primari pro capite a valori correnti delle famiglie si sono ridotti dell'8,8% rispetto al primo semestre 2019.”
Ergo, in Italia il debito pubblico aumenta e il reddito pro capite diminuisce.
Tuttavia, l’Unione Europea ha agito da semplificatore con un programma denominato Pepp (Programma di acquisto per l’emergenza pandemica) di acquisti di titoli della Bce(Banca Centrale Europea), cercando di far scendere i tassi di interesse; con la sospensione delle regole di bilancio e con programmi di prestiti mirati ad alleviare gli sforzi dei governi nel sostenere i due settori in cui gli effetti della crisi sono stati più violenti: sanità e mercato del lavoro.
Nei due casi si è scelto di agire seguendo lo stesso principio: le istituzioni europee si indebitano a condizioni favorevoli per poi girare i fondi ai Paesi membri a un tasso, per alcuni di essi, inferiore a quello di mercato. Tuttavia, la scelta europea del veicolo da perseguire è stata diversa a seconda del settore.
Per il mercato del lavoro si è scelto di ricorrere a un meccanismo nuovo, il Sure.
Sure (acronimo di Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency) è, come dice il nome, uno strumento europeo di sostegno temporaneo (valido fino al 31 dicembre 2022), per attenuare i rischi di disoccupazione nella situazione emergenziale venutasi a creare; è pensato per aiutare a proteggere i posti di lavoro e i lavoratori più colpiti dalla pandemia.
Nello specifico, lo strumento SURE funge da seconda linea di difesa per finanziare i regimi di riduzione dell'orario lavorativo e misure analoghe, aiutando gli Stati membri a proteggere i posti di lavoro e, così facendo, a tutelare i lavoratori autonomi e i lavoratori dipendenti dal rischio di riduzione e perdita di reddito.
Il suo obiettivo è dunque quello di proteggere il lavoro. Si tratta pertanto di un fondo immaginato per contrastare la disoccupazione e sostenere i costi della cassa integrazione.
I prestiti erogati nel quadro dello strumento SURE si fondano su un sistema di garanzie volontarie degli Stati membri Ue.
Per la sanità è stato invece adottato lo strumento del Mes, stabilito inizialmente per garantire la stabilità dell’Euro Zona, venendo in soccorso a Paesi in difficoltà sui mercati finanziari. La scelta di applicare il Mes con una di linea di credito, detta “pandemica”, era stata giustificata dall’urgenza Corona Virus di inizio 2020.
Nonostante le molte critiche che le operazioni del Mes hanno suscitato sin dall’inizio, si pensava che l’utilizzo di un veicolo già esistente avrebbe consentito di canalizzare rapidamente risorse verso sistemi sanitari già allo stremo. Tale considerazione, come molti economisti avevano sottolineato fin dal principio, si è rivelata erronea.
Non solo non ha ottenuto i risultati sperati, ma si è rivelato uno strumento altamente limitato, in grado solo di limitare nel tempo la sovranità economica degli stati che lo sottoscrivono.
Oggi il Sure è operativo ed eroga fondi ai 17 Paesi che hanno scelto di domandarne l’assistenza, mentre nessun Paese ha fatto ricorso alla linea pandemica del Mes.
Il Sure appare quindi come uno strumento più adatto ed immediato ai bisogni che deve soddisfare, un veicolo della solidarietà europea verso i Paesi colpiti dalla pandemia. Il Mes invece è uno strumento con vincoli alla spesa molto elevati per il futuro, e del tutto inadatto per far fronte alla pandemia.
Per sostenere le spese dei Paesi membri nel settore della sanità, dunque, si potrebbe replicare, invece del Mes, il modello Sure, che fin’ora ha dimostrato di funzionare meglio.
In questa situazione drammatica, occorrono risposte serie e concrete, in grado di offrire stabilità a tutte quelle classi di lavoratori che oggi si trovano in ginocchio. Non è a colpi di Dpcm e di continue nuove restrizioni che si risolve la grave situazione pandemica, il continuo innalzamento dei contagi lo ha dimostrato.
La prossima ondata della pandemia e la prossima campagna di vaccinazione hanno ribadito l’urgenza di misure a sostegno della sanità, richiedendo scelte coraggiose.
Alla luce di questo, si dovrebbe accettare il verdetto del “mercato” e rottamare il Mes, istituzione di un’altra epoca. E mettere a disposizione dei Paesi europei uno strumento, come il Sure pandemico, che probabilmente sarebbe ben più utile da riadattare alla crisi economico-sanitaria che stiamo vivendo.
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Articolo pubblicato il 16/01/2021