Il “mercato” di Conte

Il redivivo presidente al Quirinale da Mattarella. “Incontro interlocutorio”

Nel giorno dopo il famelico e raccogliticcio voto al Senato, come da previsioni, Giuseppe Conte è salito al Colle e si è intrattenuto 50 minuti con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nessuna novità!

Il colloquio è stato definito "interlocutorio" e, "per riferire" sullo sviluppo della situazione politica alla luce della fiducia avuta dal Governo da Camera e Senato, come affermano le fonti ufficiali. Gli aspetti maggiormente politici Conte li ha marcati nella mattinata di ieri quando  aveva parlato in videoconferenza con i capi delegazione e i leader dei partiti di maggioranza. La linea che è emersa è stata quella di proseguire con il percorso di rafforzamento della maggioranza e di scrittura del nuovo patto di legislatura.

Il premier l'ha detto ieri subito dopo aver incassato la fiducia al Senato: "L'obiettivo è rendere ancora più solida questa maggioranza. L'Italia non ha un minuto da perdere. Dobbiamo metterci subito al lavoro per superare l'emergenza sanitaria e la crisi economica. Priorità a piano vaccini, Recovery Plan e dl ristori".  Il Pd è in pressing su Conte, i numeri esigui a Palazzo Madama espongono il governo a possibili cadute quindi bisogna chiudere la crisi il prima possibile, ma per farlo occorre convincere altri "volenterosi", mentre  già quelli che martedì hanno detto ,Si, stanno battendo cassa, ma è indispensabile imbarcarne stabilmente altri.

Tralasciando un attimo lo squallido mercimonio che si consumerà nei prossimi giorni, torniamo al Senato e focalizziamoci sul ruolo di Renzi. Ha messo in scena un conflitto duro, aspro, motivato da istanze che sono apparse subito ragionevoli, ma che non ha avuto la forza di condurre fino in fondo. La sua astensione è stato l’atto che ha salvato dal baratro il Governo e si è rivelato incomprensibile per chiunque, sia per gli italiani che sostengono Conte perché ha fatto perdere tempo prezioso e ha cominciato una lite che alla fine è risultata essere una questione personale con il premier o più semplicemente una conta di poltrone, sia per chi non sostiene Conte che ha sperato in questa occasione per buttarlo giù.

Matteo Renzi con questo passaggio aveva ancora un credito dagli italiani, ma lo ha disperso. Un uomo di paglia che ormai, se non saprà approfittare delle occasioni che la debolezza di Conte potrà offrirgli in Parlamento, precipiterà nell’oblio.

Dall’altra parte c’è una figura che si staglia sul nulla, Giuseppe Conte, un premier non eletto, in un Parlamento delegittimato e all’interno di una maggioranza fatta di uno contro l’altro. È risultato un pessimo oratore, confuso, cinico e soprattutto incapace di affrontare il difficile momento storico che stiamo vivendo. Questo levantino, che di fatto è il capo di Cinquestelle, rappresenta il partito o la sua componente maggioritaria in Parlamento ma non più nel Paese, doveva aprire il palazzo come una scatoletta di tonno, un’espressione politica della pancia del Paese che vedeva nei partiti il nemico numero uno, la summa del male e che ora si allea con chiunque: con Nencini, con i popolari democristiani e persino con gli Scilipoti di turno, non disdegna nulla neanche i voti della Rossi e si abbandona nella mani abili di Mastella e signora.

Tornando ai questuanti, la novità non ancora emersa, prevede l’allargamento numerico del Governo e sottogoverno per imbarcare tutti i possibili sostenitori, ovvero un’accozzaglia di indegnità, priva di orientamento politico, ma unita dall’avvilente “Tengo famiglia”. La conseguenza di tutto questo è che Conte ha tutti gli strumenti di intermediazione per sopravvivere a se stesso e assisteremo alla permanenza al potere di una classe dirigente che si è dimostrata incapace di incidere e di affrontare il dramma che stiamo vivendo.

Nel frattempo, gli esercenti e i ristoratori sono alla fame, viviamo nel terrore dell’arrivo di migliaia di cartelle esattoriali che sono in procinto di partire, dello sblocco dei licenziamenti che genererà un mare di disoccupati, i ristori non arrivano, gli investimenti neanche, ma dramma sul dramma non riusciamo a farci rispettare neanche dalle multinazionali che producono il vaccino perché quelli promessi non arrivano e la speranza di un futuro sereno si allontana, mentre i decessi imperversano,  oltre  85000 i morti, illudendosi dei rimedi all’Arcuri.

Ormai il termine dignità appare, nei fatti desueto nelle Istituzioni e nel Paese.

 

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Articolo pubblicato il 21/01/2021