Il bisogno di grandezza per la nostra Patria
L’Italia, dal dopoguerra ad oggi, ha progressivamente perso la sua influenza in ambito internazionale.
Oltre alla causa esterna di aver perso un conflitto mondiale, vi sono anche dei fattori endogeni.
Il primo fattore da rilevare è chiaramente l’assenza interna di autonomia e sovranità nazionale. Nel caso specifico quindi, la parola “Sovranismo”, tanto vituperata dai media nostrani, non è una parolaccia; quanto una presa d’atto secondo cui il nostro Paese, prima di effettuare una qualsiasi riforma economico-politica, dovrebbe recuperare quello che il buon Machiavelli definiva “ausilio della forza e della moneta”. Ovvero tornare ad essere una Nazione dotata di mezzi di intervento politico ed economico libero da condizionamenti o vincoli esterni; siano essi causati da altri paesi o da banche e multinazionali private.
Fatta questa doverosa premessa, andiamo ora ad analizzare i fattori endogeni che riguardano la limitata azione dell’Italia in politica estera.
Cominciamo col dire che la nostra giovane Repubblica non ha alcuna consapevolezza geografica e marittima di sè. Più che al centro del Mediterraneo, noi italiani continuiamo a percepirci erroneamente europei, o peggio, parte della cosiddetta “MittelEuropa”; invenzione germanica elaborata fin dal principio in funzione proprio anti-italiana.
L’Italia deve quindi abbandonare ogni velleità mittleuropea e riscoprire la sua vera identità mediterranea.
Il mare concettualmente rappresenta l’avventura verso l’ignoto. Costituisce un fascino tutto giovanile, che poco si addice ad una Nazione anziana e gerontocratica come la nostra.
Quello che dovrebbe essere il mare nostrum viene quindi percepito come un pericolo. Per queste ragioni pur essendo al centro del bacino mediterraneo ci ritroviamo a non saper cosa fare.
Nonostante tutto, la nostra Patria è riuscita ad avere una delle marine militari migliori del mondo. Purtroppo non sfruttata ancora a pieno, e il più delle volte utilizzata come mera guardia costiera.
Ci troviamo nel bel mezzo della globalizzazione e ancora non abbiamo sviluppato una strategia geopolitica vincente. Il Mediterraneo è parte integrante del processo globalizzato in cui viviamo. Esso funge da cinghia di trasmissione fra Oceani, rivestendo quindi un ruolo fondamentale di collegamento di cui l’Italia potrebbe essere l’attore principale.
Il primo atto dovuto di ogni strategia geopolitica consiste nell’allontanare il più possibile la propria linea di difesa. Cioè evitare di rispondere ad un potenziale attacco militare dentro o vicino i propri confini nazionali.
In questa logica rientrerebbe una politica di egemonia culturale ed economica verso quella che viene definita la nostra quarta e quinta sponda del Mediterraneo(cioè area balcanica e nordafricana).
Ripristinare un dialogo con le nostre ex colonie e con le zone irredente risulta quindi importante per i principi sopra esposti. Così come garantire un maggior controllo dei mari intorno alla nostra penisola risulta fondamentale. E questo non può essere attuato se prima non investiamo nella nostra Difesa. In particolar modo sul nucleare e sulla nostra Marina.
Siamo una delle poche potenze militari al Mondo a possedere una portaerei. Nessun esecutivo ha mai pensato seriamente di dotarla di testate nucleari; anzi, abbiamo un dicastero degli esteri più propenso a vendere armi alla Cina e all’Iran che non a potenziare le nostre Forze Armate, ritagliandoci uno spazio all’interno dell’ “Impero Nato”.
Mentre ci dimentichiamo che gli Usa dominano il Mediterraneo dalla base militare di Napoli; noi, incuranti del nostro estero vicino, continuiamo a guardare ad un’Europa che non ci vuole.
Francia e Turchia, dopo le “primavere arabe” , navigano e scorrazzano indisturbate sui mari e le terre che un tempo avevano un solo legame: Roma.
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Articolo pubblicato il 22/01/2021