Stepinac, il Cardinale che non si è piegato al comunismo Titino - Parte 2

Non poteva accettare questa imposizione

Stepinac difese anche i sacerdoti sloveni, che subirono persecuzioni ad opera della famigerata Gestapo. Molti di questi sacerdoti furono ospitati in Croazia e protetti da Stepinac. Monsignor Stepinac si distinse sempre come un tenace difensore della libertà di coscienza, in questi territori di scontri tra religioni non era facile.

Gli ustascia premevano perché gli ortodossi abbracciassero la fede cattolica, questo confliggeva con l'evangelizzazione libera, senza restrizioni della Chiesa cattolica. Stepinac non poteva accettare questa imposizione. “La Chiesa certamente non poteva e non voleva rinunciare alla sua missione evangelizzatrice, ma voleva assolutamente non essere e non sembrare, neanche sembrare, uno strumento del regime”.

Sulla questione il testo di Istrain è abbastanza chiaro. La Chiesa cattolica non doveva chiudere le porte a chi volesse entrare con retta intenzione. “Ma neppure voleva che vi entrassero altri che di questo non erano convinti, coloro che vi cercavano solo interesse economico o protezione politica o il comodo di stare con il più forte”.

In questo frangente la Chiesa croata approvò un memorandum, su come bisogna comportarsi in questi mesi complicati sui rapporti tra Chiesa e Stato.

Il libro chiarisce con ampia documentazione quale è stato il rapporto di mons. Stepinac con gli “Ustascia”. Molte cose infamante sono state scritte contro il cardinale, soprattutto da parte dei comunisti del maresciallo Tito. Stepinac amava l'indipendenza della Patria come tutti i croati, ma era una patria diversa da come la intendevano i nazionalisti ustascia.

Il cardinale rivolgendosi ai giovani cattolici sostenne che “avevano diritto e dovere di sentirsi croati contro il pertinace lavorio di snazionalizzazione portato avanti dai Serbi. Amare il proprio popolo non era, dunque, un merito degli Ustascia, come si vanteranno, ma un dovere cristiano”.

Con la fine della guerra, si apre il tragico capitolo della resa dei conti, i tedeschi e gli italiani si ritirano, o meglio fuggono, con loro gli Ustascia. Co l'avanzare dei Cetnici di Draza Mihajlovic e dei comunisti di Tito, iniziano le vendette e i massacri. Come il cardinale Schuster a Milano, così Mons. Stepinac tentò tutte  le vie per salvare Zagabria dalla distruzione totale. Fuggiti quelli che potevano fuggire, l'arcivescovo rimase al suo posto, in attesa del terzo regime, la terza tirannia, la terza persecuzione. “Egli era restato con il suo gregge già decimato, che stava per essere assalito dal più rabbioso branco di lupi, dal potere spietato dei comunisti”.

Stepinac nella Jugoslavia comunista. Monsignore era in grado secondo Istrain a dimostrare filosoficamente l'assurdità della dottrina comunista. Stepinac non poteva accettare il materialismo violento e armato comunista, soprattutto guardando le esperienze di altri paesi come lo stalinismo. Parlando del comunismo monsignor Stepinac affermava che questi erano saltati nella nostra patria come cavallette affamate, che vorrebbero strapparci Dio dal cuore e dall'anima. “Questo inferno l'ha già creato in alcune nazioni quella masnada di assassini che il mondo chiama comunisti.

Ora, fin che dura la guerra (perchè si pesca meglio nel torbido) vorrebbero portare questo inferno anche nella nostra patria”. Il popolo croato anche se piccolo non tradirà la propria storia, la propria vocazione. “Non possiamo avere nessuna collaborazione con i comunisti, finchè non finiranno di essere quello che sono. Non ci può essere collaborazione, perché essi conducono un'azione organizzata e pagano fior di milioni per sradicare dalla terra ogni ricordo di Dio”.

I croati non dimenticano le amare esperienze comuniste, pertanto non si fanno convincere dalle lusinghe dei comuniste, non hanno dimenticato l'antico detto latino: “Timeo Danaos et dona ferentes” (Temo i Greci anche quando portano doni).

I nuovi padroni con la polizia segreta (l'OZNA) si mise subito in movimento, individuava, interrogava e molti furono arrestati. Tra questi anche monsignor Stepinac. Prestissimo apparvero i manifesti: “Morte agli assassini Ustascia!”. Gli attivisti comunisti entravano nelle scuole, toglievano via il crocefisso, vietavano la preghiera (in omaggio alla libertà) e via di questo passo. Tutte iniziative che si ripetevano in ogni territorio caduto sotto il gioco comunista.

Come negli altri Paesi, i comunisti cercarono di fondare una Chiesa patriottica, nazionale. A questo scopo hanno trovato preti e qualche vescovo che si sono prestati.

Il 4 giugno Stepinac si incontra con Tito, “Mons. Stepinac non tremò davanti a Tito, né in quella occasione né prima né dopo. Egli non sapeva tremare”. Certo gli parlò con rispetto perchè la Chiesa rispetta le autorità. Gli parò come vescovo, rappresentante dei fedeli, gli parlò come uomo. “La Chiesa era pronta a trattare, ma non a morire. A morire era pronto lui, Stepinac, ma non la Chiesa”.

Il libro di Istrain racconta tutti i passaggi decisivi di quei mesi terribili, dell'arrivo e del consolidamento del potere comunista in Croazia. Si evidenziano i passaggi più significativi, come l'appropriazione dei giovani. I comunisti attuano un vero assalto ai giovani, che vengono sottratti alle loro famiglie, alla Chiesa, agli enti educativi, “con rapacità e con violenza vengono imbottiti di menzogne filosofiche, storiche e sociali con una propaganda ossessionante”.

Non possiamo dilungarci troppo ma i passaggi della comunistizzazione, soprattutto dei più giovani, che sono proprietà dello Stato, sono sempre gli stessi. Appropriarsi delle scuole, università, soppressione della stampa cattolica, tutto in mano al partito unico e poi obbligo del “lavoro volontario”. Confisca dei beni ecclesiastici, naturalmente la Chiesa non sta a guardare, nonostante le promesse, le dichiarazione, erano stati uccisi 243 sacerdoti e 169 erano in prigione, 89 scomparsi. La Chiesa croata pubblica una Lettera pastorale, dove si chiedeva di restituire la libertà alla Chiesa croata. Naturalmente ci fu la reazione violenta del partito comunista, i vescovi furono dichiarati tutti reazionari e fascisti e per questo erano degni di morte. Apparvero le scritte sui muri contro la lettera. Abbasso il bandito Stepinac!

Il 4 novembre 1945, l'arcivescovo subisce un attentato organizzato dai comunisti a Zapresic. Intanto la campagna denigratoria contro Stepinac continua in tutta la Jugoslavia. In Croazia, si organizzano comizi, che finivano con la richiesta di firme contro l'arcivescovo, per condannarlo. Chi si rifiutava di firmare era un fascista, un reazionario, nemico del popolo, si perdeva anche il posto di lavoro.

Il 18 settembre 1946 Stepinac viene arrestato definitivamente e successivamente processato. Attenzione al religioso era stata offerta da Tito in persona la collaborazione, basta che lui si distaccasse da Roma, dal Vaticano. Poi cercò di convincerlo anche il presidente Bakaric. Naturalmente Stepinac non si è minimamente piegato. Il libro di Istranin, descrive minuziosamente tutto il processo farsa nei confronti dell'arcivescovo.

Non fu un processo ma una rappresentazione teatrale. Il vero processo era stato celebrato altrove e parecchi mesi prima. Comunque sia, non doveva apparire un processo politico, doveva apparire come un “criminale” qualsiasi, così fu associato un alto personaggio del governo “ustascia”, Erih Lisak. L'atmosfera di questo processo era molto simile a quei 'Tribunali del popolo' durante la Rivoluzione francese.

Le accuse infamanti contro Stepinac erano quelle di essere principalmente un collaborazionista del governo ustascia e dei nazisti.

Il vescovo si difese, ma non trapelò nulla al di fuori del tribunale. L'11 ottobre 1946 viene letta la sentenza di condanna: 16 anni di lavori forzati e 5 anni di privazioni dei diritti civili. Otto giorni dopo entra nel carcere di Lepoglava, vi resterà per 1864 giorni. Prima di entrare in carcere cercarono di convincerlo a chiedere la grazia, ma lui fermo: gli innocente non chiedono la grazia, ma la giustizia.

Il libro racconta le giornate passate dal vescovo nelle muro del carcere, con dei particolari interessanti. A tratti Tito e compagni gli offrivano la libertà immediata, quella comunista, bastava firmare la lettera già preparata. Lui rispondeva sempre: “la grazia la può chiedere un colpevole, non un innocente”.

Il 5 dicembre 1951 viene rilasciato da Lepoglava e confinato a Krasic, nel suo paese nativo. Qui era controllato a vista giorno e notte da guardie che circondavano la parrocchia. Intanto il 29 novembre 1952, viene eletto cardinale dal Papa Pio XII. Con questa elezione “andava in fumo il progetto del regime comunista: Stepinac non sarebbe stato dimenticato! Con questo, gli occhi di tutto il mondo tornavano a puntarsi su di lui, e la sua posizione di fronte al regime veniva ufficialmente e solennemente approvata dalla suprema autorità della Chiesa e le dicerie e le calunnie dei nemici e le riserve di molti altri ricevevano la risposta che meritavano”.

Gli ultimi anni della sua vita il cardinale viene colpito da malattie come la trombosi alla gamba sinistra e poi la policitemia. Infine altre complicazioni al cuore. Il 10 febbraio 1960 alle 14,14 muore a Krasic. Due giorni dopo viene sepolto nella cattedrale di Zagabria, per continuare la sua missione.

A Milano il cardinale Montini (futuro Paolo VI), “proponeva Stepinac come maestro dei cristiani autentici. La nostra religione chiede: 'dei forti, non dei vili; chiede dei testimoni, non dei deboli; chiede seguaci disposti a perdere, non avidi di guadagnare; chiede figli, apostoli di fedeltà e di coerenza, non degli aggregati propagandisti dell'opportunismo e del compromesso...”.

Il 3 ottobre 1998 sua santità Giovanni Paolo II, durante il suo viaggio apostolico in Croazia nella spianata del Santuario di Marija Bistrica ha beatificato il Servo di Dio Alojzije Stepinac.

“Siamo oggi colmi di gioia - ha detto il Papa - nel rendere insieme grazie a Dio per il nuovo frutto di santità che la terra croata offre alla Chiesa nella persona del martire Alojzije Stepinac, Arcivescovo di Zagabria e Cardinale di Santa Romana Chiesa.

Numerosi sono stati, nel corso dei secoli, i martiri sbocciati in queste regioni, cominciando dai tempi dell'Impero romano con figure quali Venanzio, Domnio, Anastasia, Quirino, Eusebio, Pollione, Mauro e tanti altri. Ad essi si affiancano nei secoli successivi Nicola Tavelic e Marco di Krizevci, come pure i molti confessori della fede durante la dominazione ottomana, fino a quelli dell'epoca nostra, tra i quali si staglia la luminosa personalità del Card. Stepinac”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 28/01/2021