Il ladro-gentiluomo

Un personaggio stereotipato della letteratura popolare passato dai feuilleton ai cartoni animati giapponesi

In un precedente articolo abbiamo ricordato come il personaggio di Rocambole, nato nel 1857 dalla penna del visconte Ponson du Terrail abbia creato l’aggettivo “rocambolesco”. Si è anche detto come questo personaggio rientri nella categoria dei “ladri gentiluomini” e ne rappresenti un significativo esponente. Esamineremo ora questo personaggio stereotipato della letteratura popolare che dal feuilleton ottocentesco è passato al genere poliziesco.

Dopo Rocambole sono citati A. J. Raffles (1898) di E. W. Hornung e Arsenio Lupin (1905) di Maurice Leblanc, il personaggio oggi più noto, archetipo del ladro gentiluomo anche nel parlare comune.

La genesi del personaggio di Raffles presenta qualche intrigante peculiarità.

Arthur Conan Doyle, l’inventore di Sherlock Holmes, ha un cognato, marito dell’inquieta sorella Constance, Connie, aiutata dalla famiglia Doyle. Il marito di Connie, Ernest William Hornung (1866-1921) è scrittore, poeta e giornalista brillante ma squattrinato. Inizia a scrivere storie poliziesche che seguono il filone fortunato del cognato Doyle. Nasce così nel 1898 il personaggio di A. J. Raffles.

Due protagonisti antitetici, l’investigatore e il ladro-gentiluomo, hanno avuto vita da due scrittori cognati.

La fortunata serie letteraria di Raffles, giocatore di cricket e ladro gentiluomo nella Londra del tardo Ottocento, è costituita da ventisei racconti, due commedie e un romanzo. Nata col primo racconto Le Idi di Marzo pubblicato sul numero di giugno 1898 del Cassell’s Magazine, per la serie Nelle catene del crimine, prosegue fino al 1909. Raffles, The Amateur Cracksman (Lo scassinatore dilettante), secondo il titolo della sua prima raccolta di racconti (1899), è un vero artista del furto dall’aspetto raffinato, ruba quando necessita di denaro e utilizza astuti travestimenti.

Hornung, prodigioso autore di narrativa, ha pubblicato numerosi romanzi ormai caduti nell’oblio. Le storie di Raffles rimangono popolari e il suo personaggio è stato protagonista di numerosi film e di una serie televisiva.

Arsenio o meglio Arsène Lupin è stato creato da Maurice Leblanc nel 1905, ispirato dall’anarchico e ladro francese Alexandre Marius Jacob. La sua prima apparizione avviene sulla rivista “Je Sais Tout”. È un elegantissimo ladro gentiluomo che ruba anche per i più bisognosi e sempre e soltanto a persone facoltose. Ama le donne, il gioco, il lusso e possiede un rilevante senso dello humor. Abile trasformista, è capace di travestirsi interpretando alla perfezione le personalità assunte. Pratica con successo gli sport, soprattutto le arti marziali, anche se non ricorre mai alla violenza, e ha capacità di prestigiatore. Molto intelligente e furbo, ironico e audace, è colto, intenditore d’arte e raffinato seduttore. I suoi avversari sono l’ispettore Garimard della polizia francese e il detective inglese Herlock Sholmes, reinterpretazione gallica di Sherlock Holmes.

Maurice Leblanc (Rouen, 1864 - Perpignano, 1941) ha inserito Arsène Lupin come protagonista di diciassette romanzi, trentanove racconti e cinque lavori teatrali. Di questo personaggio sono state realizzate trasposizioni cinematografiche e televisive e ha ispirato il manga Lupin III, di Monkey Punch.

Ricordiamo ancora Simon Templar detto Il Santo, ideato nel 1928 da Leslie Charteris che esordisce col romanzo giallo Meet The Tiger. Charteris (Singapore, 1907 - Windsor, 1993) inserisce il suo antieroe, che lo rende ricco e popolare, in un centinaio di avventure raccolte in varie antologie. È stato interpretato, tra gli altri, da Vincent Price, in radio, tra gli anni 1940 e il 1950 circa, sul piccolo schermo da Roger Moore, dal 1962 al 1968 nella serie televisiva inglese “Il Santo”, e al cinema da Val Kilmer.

A questi personaggi più significativi per la storia del poliziesco se ne uniscono altri. Ricordiamo, senza pretese di esaustività, il ladro gentiluomo soprannominato il Falco, protagonista de La giarrettiera (titolo originale My Lady’s Garter) di Jacques Futrelle, apparso postumo nel 1912. Una ulteriore sfaccettatura è rappresentata da Romney Pringle, artista della truffa e maestro del travestimento, con la copertura di “agente letterario”. Questo peculiare “ladro gentiluomo” compare nell’opera prima di uno dei padri del poliziesco inglese, Richard Austin Freeman, scritta in collaborazione con John Pitcairn sul numero di giugno-novembre 1902 del Cassell’s Magazine e apparsa in volume l’anno successivo.

Fino ad ora abbiamo parlato di personaggi della letteratura anglosassone e francese. Può essere interessante apprendere che anche nella letteratura piemontese è presente un personaggio ascrivibile ai ladri gentiluomini e con un preciso riscontro nella cronaca.

Stiamo parlando del libro La Plebe, di Vittorio Bersezio, apparso a puntate dal 1867 e poi raccolto in volume nel 1869. Nel volume, sullo sfondo del 1845, vediamo in scena personaggi storici reali, come il Re Carlo Alberto, alcuni suoi Ministri, Massimo d’Azeglio, frammisti a personaggi di fantasia che vivono trame da feuilleton, con le storie parallele di due trovatelli, uno dei quali risulterà poi di nobile nascita.

Non manca una vasta associazione criminale, la Cocca, capeggiata dal “MedichinGian-Luigi Quercia, personaggio ispirato da un criminale reale: il fascinoso bandito di strada Giovanni Domenico Guercio, detto Medichin.

Il “Medichin” Gian-Luigi Quercia, più che al suo modello reale, assomiglia a Rocambole: secondo uno schema preso dal feuilleton francese, conduce una doppia vita. Come dottor Quercia, bello, elegante e seducente, si muove a suo perfetto agio nella buona società aristocratica torinese mentre nei bassifondi è il capo temuto e rispettato della Cocca.

Questo genio del male fa anche strage di cuori di dame, di donnine allegre, di popolane. E di una giovane ebrea che si suicida quando scopre di essere incinta, preparando così la fine del nostro “eroe”. Quercia è infatti condannato a morte a seguito delle vendicative delazioni del padre dell’ebrea suicida ma, grazie a un provvidenziale veleno, evita l’onta della forca.

Il vero Giovanni Domenico Guercio, invece, era stato impiccato al Rondò dla Furca, il 18 aprile 1850, con i complici Michele Violino e Lorenzo Magone.

È ora il momento di chiedersi perché il personaggio del ladro gentiluomo, sia pure con diverse declinazioni, abbia riscosso e riscuota tanto successo in libri, fumetti, film e serie televisive.

Sicuramente il giudizio popolare apprezza il personaggio del «ladro gentiluomo brillantemente praticante una specie di giustizia distributiva», secondo la definizione usata da Oreste Del Buono per Raffles. E all’immaginario popolare non spiace che questa “giustizia distributiva” venga applicata proprio da un “gentiluomo”, magari da un ricco aristocratico indotto al furto dal gusto dell’avventura non da fini malvagi. La componente di azzardo è molto importante: questi personaggi, infatti, non operano di nascosto o con violenza ma grazie ai loro talenti di astuzia, di fascino e di bella presenza. Riescono così a rubare oggetti unici e preziosissimi. Una sfida per superare i nostri limiti della quale i “ladri gentiluomini” ci fanno sentire più o meno protagonisti. E questo è un primo motivo che spiega il loro successo.

A questo si unisce quello della “giustizia distributiva” del rubare ai ricchi per dare ai poveri che chiama in causa Robin Hood, il leggendario arciere della foresta di Sherwood.

In effetti Robin Hood costituisce l’archetipo del “brigante popolare”, comune alla mitologia delle classi popolari come vendicatore dei torti subiti dalla popolazione inerme, secondo gli studi dello storico britannico Eric J. Hobsbawm. Di questo rustico protagonista della cultura popolare, il “ladro gentiluomo” costituisce una apprezzata declinazione cittadina.

Va ancora ricordato che nel caso di Simon Templar si assiste anche all’applicazione di una disinvolta e personale “giustizia” che, senza ricorrere ai tribunali, provvede a una sollecita eliminazione di pericolosi criminali. È un aspetto marginale del nostro tema, ma non irrilevante. Lo troviamo, ad esempio, nei Giusti e nel Giustiziere di Edgar Wallace (1875-1932) e, più di recente, nei film della serie Il Giustiziere della Notte. Elemento che dimostra, purtroppo, come il realistico giudizio popolare non sia poi così convinto dell’efficienza punitiva dei tribunali e quindi apprezzi, almeno al cinema, la giustizia fai da te.

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Articolo pubblicato il 09/02/2021