M5S, gli espulsi danno vita a 'L'Alternativa c'è', ma nasce pure l’intergruppo Pd-M5s-Leu

La nuova compagine potrebbe rappresentare una clava contro Draghi e ….. contro Conte?

Settimana di novità per la Sinistra lacerata da espulsioni e diatribe intestine. Dopo la Camera, anche al Senato gli ex M5S sono pronti a debuttare con la nuova componente "L'alternativa c'è". "Ci stiamo muovendo, abbiamo già ottenuto da Ignazio Messina l'autorizzazione a utilizzare il simbolo Idv da collegare al nostro", annuncia la senatrice Bianca Laura Granato. Per ora, spiega la parlamentare, "hanno aderito al progetto 6 senatori ma potrebbero associarsi altri parlamentari più avanti. Stiamo aspettando delle conferme: alcuni ci hanno chiesto di aspettare gli sviluppi del ricorso contro il Movimento".

Diversi senatori, infatti, hanno dato mandato al loro legale di impugnare l'espulsione dal gruppo M5S chiedendo il reintegro. La nuova compagine di ex pentastellati a Palazzo Madama agirà in sinergia con la componente alla Camera, che conta già 13 adesioni: "E' un progetto che abbiamo sviluppato con i colleghi deputati e che ci vede tutti focalizzati sullo stesso programma, agiremo in coordinamento, conclude la senatrice". Presto gli ex pentastellati terranno una conferenza stampa per presentare il nuovo soggetto politico, che ha già un simbolo: una ruota dentata con all'interno una stella tricolore. Un logo che "richiama la fratellanza tra lavoratori.

Il nome del progetto, 'L'alternativa c'è, nasce infatti come antitesi del motto thatcheriano 'there is no alternative'". Andando all'opposizione "L'alternativa c'è" farebbe compagnia a Fratelli d'Italia, unico partito finora ad aver negato il suo appoggio al governo Draghi. I ribelli M5S vogliono accelerare perché nei prossimi giorni, sottolinea Cabras, "ci sono appuntamenti importanti".

In effetti, gli espulsi 5 Stelle puntano alle presidenze delle Commissioni di garanzia, che allo stato attuale sarebbero tutte appannaggio del partito di Giorgia Meloni. "Non solo Vigilanza Rai - ha ammesso Cabras -, vorremmo dire qualcosa anche su Copasir e Cassa depositi e prestiti". “Noi vogliamo essere un'alternativa credibile per dare voce a tutti gli italiani che non si sentono rappresentati da questo governo. Non solo quindi un'alternativa al M5S. Ognuno di noi porterà le proprie competenze all'interno di questo progetto e la nostra sarà un'opposizione costruttiva", promette la deputata siciliana Maria Laura Paxia, anche lei espulsa dal Movimento per non aver votato la fiducia a Draghi.

Ma ieri si è concretizzato un altro annuncio della componente di sinistra al Governo. Si è costituito l’Intergruppo Pd-M5s-Leu. L’intergruppo, secondo i presupposti degli ideatori, appare una risposta ferma,  e dura alle scelte compiute dal Presidente del Consiglio nella nomina dei Ministri e un ben servito alle proposte programmatiche del -mai nato- Conte-ter su cui M5s e Pd si erano immolati.

In politica i segni contano più delle parole e i messaggi lanciati dagli ex partner della maggioranza Conte-bis con la costituzione dell’intergruppo Pd-M5s-Leu al Senato appaiono assolutamente chiari ed importanti. Innanzitutto questa decisione riafferma solennemente ed ufficialmente, in seno al governo e alla strabordante maggioranza, l’enorme peso parlamentare del “blocco ex-Conte”: una sorta di paletto -ineludibile- posto sul percorso del Draghi I°. Ma c’è di più!

L’intergruppo appare una risposta ferma, puntuta e dura alle scelte compiute dal Presidente del Consiglio nella nomina dei Ministri. Ciò sia per censurare la lesa maestà sottesa alla volontà del Presidente Mario Draghi di dare egual rappresentanza governativa a destra e sinistra (nonostante la natura istituzionale del nuovo Esecutivo), che per far fronte allo sconquasso interno ingenerato dalle scelte del neo Premier sia nel PD con la rivolta delle “suffragette rosse” completamente escluse dagli scranni ministeriali, come nel Movimento 5 stelle lacerato dalla decisione di affidare il “loro” ministero ad un Ministro dalle ventilate simpatie renziane.

Quel dicastero della transizione ecologica (da appena 80 miliardi di euro pari, circa, al 40% del Recovery Fund) tanto decisivo per il voto sulla piattaforma “Rousseau” e che i grillini ansimavano, da tempo, per una gestione “motu proprio”. Insomma un intergruppo come elegante clava! Clava per Mario Draghi, ma anche clava per Giuseppe Conte e il suo programma di riforma elettorale proporzionale.

La riaffermazione dell’alleanza Pd-M5s-Leu con la costituzione dell’intergruppo parlamentare al Senato, infatti, appare la prova provata della volontà -a sinistra- di non procedere a nessuna riforma elettorale perpetrando una situazione politica della contrapposizione tra blocchi e della conclamata ingovernabilità: anche nella XVIII° legislatura tre governi in meno di 3 anni e tutti, elemento non da sottovalutare, presieduti da un Primo Ministro non eletto da nessuno.

Un ben servito alle proposte programmatiche del -mai nato- Conte-ter su cui, appena qualche settimana fa, M5s e Pd si erano immolati. L’appiattimento del PD ai diktat dei grillini, irrita una parte consistente del partito.

Che si avvicini la resa dei conti nei confronti di Zingaretti?

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 25/02/2021