La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Cherchez la dactylo!

In un precedente articolo abbiamo parlato di un curioso caso di flagrante adulterio, avvenuto nella Torino alla vigilia del miracolo economico italiano, in un ambiente sociale piuttosto elevato. Proseguiamo la nostra ricognizione fra le disavventure coniugali di quel periodo nella nostra città.

Il primo caso, riportato da La Stampa del 6 settembre 1951, ha il tono di una pochade.

 

Con due giorni di anticipo la signora Anita M. di 30 anni tornava ieri dalla villeggiatura: il freddo dell’alta località di montagna e la solitudine l’avevano consigliata ad affrettare la partenza: perciò giungeva a Torino, non attesa dal marito, al quale si riprometteva di fare una festosa improvvisata. Alle 9 in punto arrivava alla sua abitazione di via Berthollet. In cortile scorgeva subito la macchina del marito. La portinaia le diceva:

- È sicuramente in casa, l’ho sentito rincasare stanotte verso le due. E non è più ridisceso.

La giovane signora saliva e suonava il campanello. Ma attendeva un minuto o due senza aver risposta. Suonava ancora, ma nessuno si muoveva, nessun rumore veniva dall’interno. L’agitazione cominciava a impadronirsi della M. Bussava forte all’uscio, suonava a lungo, più e più volte: poi chiamava ad alta voce:

- Sergio! Sergio! Sono io! Anita! Sono Anita! Aprimi!

Alle grida uscivano sul pianerottolo gli inquilini. Uno di essi, quello che abitava al piano inferiore, dichiarava:

- Un’ora fa, forse meno, l’ho sentito camminare. È indubbiamente in casa.

- Allora s’è sentito male! - urlava la giovane signora - presto! Bisogna aprire! Salvate mio marito! Gli dev’essere capitata una disgrazia!

Gli inquilini tentavano di abbattere la porta, ma i loro sforzi erano inutili. La signora, intanto, dopo aver gridato «Sergio! Il mio Sergio!» piombava sul pavimento, semisvenuta. Si decideva allora di telefonare al Commissariato di San Salvario. Sul posto si portavano subito tre agenti guidati da un maresciallo. Dopo aver ripetutamente suonato e battuto, il sottufficiale ordinava ai suoi uomini di scassinare l’uscio. Gli agenti stavano per compiere l’operazione, allorquando, fra lo stupore generale, si udiva, dall’interno, lo scatto secco della serratura: la porta si apriva e sul vano appariva, in pigiama, il M. La moglie, riavutasi, gli si attaccava al collo, piangendo di gioia:

- Ma che ti è successo caro?

- A me? Nulla. Ma chi sono questi signori?

- È mezz’ora che bussiamo e suoniamo... credevamo che ti fosse accaduta una disgrazia... che so, un malore, il gas...

- Sto benissimo. Ero solo stanchissimo. Ho lavorato molto in questi giorni, sono veramente esaurito... Dormivo.

- Forse eri svenuto... che ci sia una fuga di gas… Maresciallo, entri, senta anche lei se per caso…

- Ma no, ma no - protestava il marito - non disturbare il maresciallo per una simile sciocchezza...

Ma intanto gli agenti erano entrati ed era entrata anche la moglie. Il marito pareva sulle spine, stranamente impacciato. Mentre il sottufficiale e i suoi uomini erano in cucina, la signora si dirigeva in camera da letto, invano ostacolata dal marito.

- No - diceva la M. - qui non si sente niente, mi sembra tutto normale...

Ma, ecco, s’interrompeva bruscamente. Sul comodino aveva scorto un tubetto di rossetto non suo. Lo afferrava, lo esaminava e nel tempo stesso vedeva qualcosa di seta spuntare da sotto il letto. Prima che il marito potesse impedirlo, essa si chinava e prendeva l’indumento: era una graziosa sottoveste non di sua proprietà.

- Cos’è questa roba?

- Io… non so... veramente...

- Vigliacco! Infame! Tu nascondi una donna, qua dentro! Dov’è? Dov’è?

La ricerca non durava a lungo. La signora spalancava l’armadio e, tra i vestiti, scorgeva, rannicchiata, una ragazza di 20-22 anni, bruna, alquanto formosa, il cui abbigliamento era costituito solo dal reggiseno, dalle mutandine e dalle calze. Con uno strattone la tirava fuori. Fulmineamente, fra le due donne s’ingaggiava un furibondo corpo a corpo, senza esclusione di colpi. Gli agenti intervenivano energicamente, ma solo dopo quattro o cinque minuti di disperati sforzi e dopo aver ricevuto graffi e calci riuscivano a separare le due furie: entrambe malconcie, quasi completamente nuda la ragazza dell’armadio che, nel combattimento, aveva perduto quel poco che ancora aveva addosso. Ma terminata la lotta fra le rivali, un’altra se ne impegnava, e ben più terribile, fra moglie e marito: anzi, è più esatto dire che la moglie picchiava ed il marito le prendeva.

Il M. confessava che, sorpreso dalle scampanellate della moglie, aveva deciso di far silenzio, sperando che la moglie si allontanasse: e aveva aperto, solo quando s’era reso conto che al di là dell’uscio c’era la polizia. La signora M., dopo aver esortato il maresciallo a redigere un verbale sull’accaduto, s’è presentata allo stesso ufficio di P. S. di S. Salvario per denunciare il fatto di persona: e ha dichiarato di voler iniziare al più presto le pratiche per la separazione legale: tanto più dopo aver scoperto che la ragazza non è un’amica occasionale del marito, ma è la sua dattilografa, con la quale da circa sei mesi ha relazione intima.

 

Una spiritosaggine misogina dice che per trasformare una fata in una strega occorre sposarla. Certo la scoperta della giovane seminuda nell’armadio ha indotto una profonda trasformazione della protagonista della nostra storia: da moglie innamorata, apprensiva e preoccupata dell’incolumità del marito la vediamo divenire una volitiva valchiria vendicatrice che picchia la rivale, il coniuge, assume con tono decisionista la direzione delle operazioni, invita il poliziotto a verbalizzare poi si reca in commissariato per le pratiche di separazione.

Non è stata una scappatella, il marito frequenta ormai da tempo la sua procace dipendente.

Il caso della segretaria amante del principale era ampiamente enfatizzato dalle barzellette d’antan. La situazione era spesso proposta dalle vignette umoristiche della Settimana Enigmistica - come quelle sugli idraulici e sui signori con la casa piena di trofei di caccia grossa - e appariva anche in altre nazioni, come dimostra l’ampia raccolta di cartoline illustrate su questo tema messe insieme con una veloce ricerca su Ebay.

Tornando al nostro caso, notiamo come si svolga in un ambiente benestante, contraddistinto da automobili, villeggiatura in località montane e, soprattutto, dalla possibilità per il marito fedifrago di permettersi una segretaria per il suo lavoro.

Concludiamo questa tematica con una seconda notizia che nella mentalità dell’epoca assume toni più tristi: un marito che vorrebbe addirittura imporre la sua amante alla famiglia, come leggiamo su La Stampa del 1° aprile 1951.

 

Il Commissariato di P. S. San Paolo si è occupato ieri di una disgustosa dolorosa vicenda.

Da circa un anno un piccolo industriale (di cui per delicatezza si tace il nome), sposato e padre di due bambini, si staccava a poco a poco dalla famiglia, trascurando ostentatamente la moglie e mostrandosi freddo nei riguardi dei figli. Caute indagini della moglie permettevano di stabilire che l’uomo aveva contratto intima relazione con la sua dattilografa, una vivace e intraprendente brunetta: ma essa taceva o per lo meno non provocava un urto decisivo, sperando che, conclusasi l’avventura, il marito sarebbe tornato all’ovile.

Ma purtroppo la relazione continuava. E ieri scoppiava la bomba. A mezzogiorno l’industriale rincasava accompagnato dalla brunetta: «La signorina non si trovava bene nella sua pensione... noi abbiamo una camera libera... penso che potremmo ospitarla... per il mio lavoro m’è utile, indispensabile averla a portata di mano...».

S’accendeva subitaneamente un terribile alterco tra i due coniugi, cui partecipava anche la ragazza: intervenivano subito dopo i parenti della moglie e l’alterco si trasformava in rissa, con schiaffi, spintoni e pugni.

E la cosa finiva nell’ufficio di P. S. di San Paolo, dove il funzionario faticava a calmare gli animi esasperati. Ma la calma non tornava e purtroppo è in corso una causa per separazione legale.

A commento delle due storie, si può notare come nel primo caso venga sottolineato come il marito non abbia compiuto una scappatella occasionale, favorito dall’assenza della moglie, ma intrattenga una relazione stabile con l’amante. È una considerazione secondo lo spirito della legge. Il Codice penale puniva la moglie anche per un solo tradimento (adulterio) mentre il reato dei mariti era costituito da una relazione stabile al di fuori del matrimonio (concubinaggio). Nel secondo caso, inizialmente, affiora uno spaccato della mentalità dell’epoca: l’idea di una “sbandata” temporanea del marito da perdonare nella speranza di un suo ravvedimento e del ritorno in famiglia, il tutto a vantaggio dei figli.

Nei due casi che abbiamo narrato le donne che hanno nefasti effetti sul matrimonio sono due dattilografe. Le mogli tradite, di condizione benestante, senza preoccupazioni economiche, energiche e, nel secondo caso, col sostegno della parentela, appaiono determinate nel chiedere la separazione legale.

A beneficio dei lettori più giovani, va detto che questa non portava a una felice soluzione del caso.

I separati, che la voce comune definiva crudamente “mal marià” (mal maritati) non vivevano una condizione piacevole. Non potevano rifarsi una vita, sposarsi di nuovo e, soprattutto, non potevano riconoscere i figli nati da nuovi partner. E per questi figli vi erano così ricadute a carattere sociale oggi inconcepibili. L’unico sistema, lungo e costoso, per rimediare a questa situazione era l’annullamento dell’infelice matrimonio, sancito dal Tribunale della Rota Romana, più noto come Tribunale della Sacra Rota. Mancavano diciannove anni all’introduzione in Italia del divorzio (18 dicembre 1970).

Bibliografia

Tornata due giorni prima dai monti scopre il marito in flagrante adulterio. Poiché la porta è chiusa e nessuno risponde crede ad una disgrazia - Ordina di sfondare l’uscio - Nascosta in un armadio c’è una ragazza in succinto costume - L’uomo non può negare la sua colpa (La Stampa, 6 settembre 1951).

ultime di cronaca - Vuoi portarsi l’amante in casa e provoca una tremenda baruffa (La Stampa, 1° aprile 1951).

Fonte delle immagini: Ebay.

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Articolo pubblicato il 18/03/2021