Un futuro all'asciutto per il nuovo ospedale centrale Chieri-Moncalieri-Carmagnola?

Dopo più di sei anni dalla loro prima visura, altre superfici ritornano come logiche alternative all’area di Moncalieri-Vadò

La tortuosa storia dell’ospedale centrale Chieri-Moncalieri-Carmagnola, ancora sulla carta, invita a riflettere su quanto, la burocrazia e le idee sbiadite da una mediocrità decisionale, rallentino il rinnovamento del nostro Paese; dove la sanità dovrebbe essere un servizio ineccepibile e sempre in divenire. L’era del Covid ce lo rammenta da oltre un anno ormai.

Dopo le difficoltà emerse dalla recente perizia del Politecnico, relative ai pantani di Vadò-Moncalieri, destinati al prossimo mega ospedale, i sindaci del chierese hanno lanciato l’appello all’assessore della regione Luigi Icardi affinché vengano vagliate altre porzioni di territorio. Zone giuste e già viste.

Il sindaco di Santena Ugo Baldi, presidente dell’assemblea dei sindaci dell’Asl5 ha inviato i documenti sui siti alternativi, alla regione Piemonte. Saranno poi gli appositi tecnici a valutare la validità dei requisiti, ma il fatto emblematico è un altro: le proposte di quelle stesse aree erano state avanzate già nel 2016 dagli allora funzionari; ben motivate, le stesse.

Sette anni addietro, già si erano spesi soldi e cervelli in qualificati progetti su due aree, ma poi, la scelta cadde sui terreni di Vadò (oggi risultati poco idonei per accogliere il nuovo ospedale centrale). Dunque a quel tempo rilievi e proposte di altre aree rimasero nei cassetti. Qui sorge una domanda: perché?

Una delle due zone alternative ai melmosi terreni di Vadò, e (come si evince da un articolo de La Stampa del medesimo anno), già suggerita dal Comune di Chieri nel 2016, è quella dell’autoparco militare di Cambiano. 241.000 m² di vecchi edifici su terreno demaniale, quasi il 50% della superficie necessaria che sarebbe completata in parte da una zona destinata a uso industriale, il resto da terreno agricolo limitrofo. I problemi sono relativi ai costi di bonifica dall’amianto, pari a € 120.000 e 90.000 per i serbatoi di nafta, ed eventuali infiltrazioni nel suolo.

Una località con molti vantaggi: è comoda, centralizzata e raggiungibile dal bacino di utenza, inoltre, il recupero di un’area cementificata è una scelta logica e al passo con i tempi, attenta al consumo del suolo, fino a oggi sfruttato come fosse un bene rinnovabile, quale non è.   

Una seconda zona adatta alla costruzione del nuovo ospedale è quella su cui sorge la Stars di Villastellone, azienda per lo stampaggio di materie plastiche, ex del gruppo Fiat e dismessa da tempo.

Sfogliando le remote pagine virtuali di "Rossosantena", si scopre che la stessa area già era stata proposta in modo ufficiale nel 2015 dall’allora sindaco di Villastellone Davide Nicco, unita a un progetto dettagliato e sostenuto da valide ragioni: in primis, la centralità del sito e la facilità di accesso, poiché sulla direttiva della provinciale Moncalieri-Carmagnola e prossima alla linea ferroviaria; quindi, la demolizione di strutture in disuso e il riutilizzo di un’area già costruita, senza fabbricare su terreni di interesse agricolo, in tema con gli intenti ecologico-ambientali da tempo stabiliti dalla Regione, in favore del rispetto dei suoli.

L’area dell’azienda ex Stars, proposta dal sindaco Nicco presentava inoltre il non indifferente vantaggio di essere già in vendita, appartenente a un unico proprietario, l’Ipi, quindi non gravata da fastidiose frammentazioni. Privilegio tuttora in essere.

L’assessore Luigi Icardi ha mostrato interesse alle alternative, attento a non commettere errori che hanno reso tristemente note altre opere ospedaliere nate nel posto sbagliato e per questo gravate da tempi infiniti e costi lievitati a dismisura (vedi l’ospedale riunito Alba Bra, edificato sui colli di Verduno).

Comunque vadano a finire le scelte è tempo che una decisione venga presa. Il fatto che l’interesse si sia spostato su terreni solidi è una buona cosa, il fatto che siano già edificati poi, coincide con una scelta che sta prendendo piede nelle amministrazioni dei territori: interrompere il processo di cementificazione responsabile delle variazioni del microclima e perciò, in %X, anche dei cambiamenti climatici.

In conclusione, l’interesse suscitato in Regione dai due siti alternativi alla zona agricola e precaria di Vadò è una bella notizia, sia per la fattibilità di un grande progetto come l’ospedale unico della AslTo5 atto a servire un vasto distretto come quello di Moncalieri-Chieri-Carmagnola e i numerosi comuni confinanti, sia per la posizione più centralizzata delle due alternative proposte, sia per il riutilizzo di aree ex industriali.

Alternative che, stringe il cuore constatarlo, già erano state individuate in tempi non sospetti sia dal sindaco di Chieri Claudio Martano, sia da quello di Villastellone Davide Nicco, uno non contrario alla proposta dell’altro, ma entrambi già contrariati dalla scelta dei terreni di Vadò, anticipando i difetti, le seguenti polemiche e infine la recente perizia che ha criticato l’area.

Il motto popolare “meglio tardi che mai”, lascia dunque spazio per una ottimistica speranza. C’è ancora tempo per fare la scelta giusta, per la fattibilità del progetto, per i costi, per scegliere un programma maturo e attento all’ambiente; opzione che si sta facendo finalmente largo in un mondo globalizzato, ma stanco, sempre più piccolo e sempre più maltrattato.

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Articolo pubblicato il 17/03/2021