Un'escursione nella valle della Chiusella

Il testo di Richard Henry Budden riproposto da Ezio Marinoni

Il testo di Richard Henry Budden è una testimonianza dei tempi eroici dell’alpinismo, della apertura delle prime strade nella montagna.

È interessante seguire il suo occhio di straniero che osserva il nostro Paese e il Piemonte.

Per motivi casuali egli si spinge nella remota Val Chiusella della seconda metà dell’Ottocento, come in un nostrano pacifico far west.

 

Essendo stato sovente invitato da amici a visitare questa valle pittoresca, il 27 maggio di quest’anno sono partito da Torino per soddisfare la mia curiosità. Non pretendo di tracciare un itinerario regolare ad uso degli italiani che possono conoscere meglio di me il loro paese, ma potrebbe capitare che turisti stranieri fossero desiderosi di visitare questi bei siti che si possono designare sotto il nome di Byways of Piedmont (Itinerari minori del Piemonte, N.d.A.).

Il modo più ordinario per andare in Valchiusella da Torino è di prendere la ferrovia di Milano fino alla stazione di Settimo Torinese e di là la ferrovia americana (a quel tempo era in servizio una linea di ferrovia a cavalli, N.d.A.) a Rivarolo dove si arriva in tre ore di viaggio. Una diligenza da Rivarolo per Castellamonte (a un’ora di distanza) è in corrispondenza con i due convogli che partono il mattino di buon’ora e la sera; da Torino il viaggiatore può anche spostarsi ad Ivrea in ferrovia e di là a Vico per un sentiero di montagna chiamato La Drinà che attraversa i villaggi di Banchette, Fiorano, Lessolo e Brosso.

La città di Rivarolo (6.000 abitanti), chiamata con orgoglio dagli abitanti la Piccola Torino, è di un aspetto molto gradevole. Seguendo la strada principale si arriva al ponte sull’Orco da dove si ha una vista molto pittoresca. Aria buona, acqua buona, una popolazione molto laboriosa e robusta con una posizione centrale, sono cose da attirare l’attenzione dei capitali. Più lontano Castellamonte (circa la stessa popolazione), con costruzioni meno moderne, contiene tuttavia un’industria, quella della fabbricazione delle stufe, delle statue, dei vasi, dei tubi e soprattutto dei forni, ecc., in terra cotta, che merita una visita.

Io non posso tacere le attenzioni graziose che ho ricevuto a Castellamonte dall’arciprete don Mattè e dal sindaco, l’avvocato Gallo, anziano deputato del collegio. Il primo mi ha accompagnato a visitare l’Istituto dei poveri (di cui è presidente), costituito da un ospedale, da un asilo e della scuola comunale, unitamente alla nuova chiesa. Il secondo mi ha fatto gli onori del suo piccolo museo che contiene una collezione di oggetti antichi.

Il viaggiatore, sia detto en passant, deve usare le maggiori attenzioni, soprattutto nei piccoli paesi sperduti, per non ferire mai la dignità dell’uomo più povero, poiché deve ricordarsi che lascia dietro di sé non soltanto la propria reputazione, ma quella della propria nazione intera.

Il canavesano è un bell’esempio di vero piemontese: robusto, diritto e slanciato, con un approccio fiero, sembra comprendere la propria indipendenza e non lo si può imbrogliare facilmente sui suoi diritti.

Fui incantato dalla strada pittoresca della valle di Issiglio, da Castellamonte al villaggio di Alice Superiore, passando per Vistrorio dove il turista può visitare la bella cascata della Chiusella chiamata in dialetto Gussei.

Gli abitanti di Vico si occupano molto di miniere e della costruzione di linee ferroviarie, ed io fui stupito durante i miei pasti di sentir parlare di viaggi lontani ai quattro angoli del globo in questo villaggio sperduto in fondo alle montagne. Ci si può far capire in questo paese in francese, ma la lingua più comune è il dialetto piemontese; il viaggiatore che avesse conoscenze dell’italiano avrà maggiori facilità per studiare le abitudini di questi uomini che possiedono il carattere indipendente e franco che ha aiutato il vecchio Piemonte a mettersi ai primi ranghi della patria.

L’indomani del mio arrivo a Vico sono partito di buon’ora accompagnato da una guida, Saudino Scaletta Stefano, per visitare le miniere di Traversella e la Val Chiusella. Occorrono cinque ore di marcia da Vico al fondo della valle. Arrivando a Traversella ho visitato, in compagnia del direttore, le officine contenenti le macchine a cilindri forniti di magneti inventate anni fa dal signor Quintino Sella per separare il ferro dal rame.

Dopo una visita di più di un’ora abbandonammo Traversella per continuare il nostro cammino lungo la valle fino al villaggio di Fondo, dove trovammo una buona accoglienza presso il curato Don Minola, la cui sede deve essere eccellente se si deve giudicare dalla buona cucina preparata in mezzo alla stanza, così come dal caffè nero che mi fu graziosamente offerto dalla giovane maestra della scuola. Il viaggiatore apprezza particolarmente questi modi di fare nei paesi di montagna, dove gli alberghi sono rari e l’appetito al contrario sempre molto acuto.

Dopo Traversella non ci sono più alberghi, ed il turista è obbligato a chiedere l’ospitalità, in caso di bisogno, al signor curato di Fondo, o al signor curato di Succinto, oppure nella stagione estiva, da giugno all’inizio di settembre, al prete della borgata di Tallorno. La borgata di Fondo è molto triste, e Don Minola mi ha detto che durante molti mesi dell’anno non si vedeva mai il sole; tuttavia una mezz’ora prima di arrivare in questo luogo il viaggiatore gode di un bello scorcio sulle vaste pianure del Piemonte che contrasta singolarmente per la ridente vegetazione con la solitudine di questo luogo.

Dalla borgata di Fondo continuammo la nostra strada costeggiando il torrente Chiusella per Tallorno, che fu animata dalle narrazioni della mia guida Saudino Scaletta che era stato capo minatore in America centrale, nell’isola di Sardegna e in Francia. Era un uomo (sulla sessantina) universalmente rispettato nel suo paese, benvoluto da tutti; le sue massime preferite erano queste: “Rispettiamo tutti e facciamo male a nessuno”, e sembrava veramente seguire questi principi, a giudicare dalla maniera cordiale con cui fu accolto da tutti.

Le borgate di Fondo e Succinto formano il villaggio di Valchiusella, ma il sindaco risiede a Fondo.

Verso le nove di sera ero di nuovo a Vico, incantato da questa escursione; rammaricavo soltanto la mancanza del tempo per attraversare il colle del Monte Marzo per andare in Val Soana, ma quello che ho già visto mi spronerà a fare un’altra visita alla Val Chiusella per conoscere tutti i dintorni.

L’indomani mi sono levato di buon’ora per fare un’altra escursione affascinante all’Acqua Bella ritornando per l’Acqua Rossa: questa passeggiata impegna circa quattro ore. Mi è stato detto che un certo signor Garavetti Pietro aveva avuto l’idea di costruire uno stabilimento di acque minerali per utilizzare la fontana d’Acqua Rossa, ma la sua morte mise fine ai lavori già iniziati. Il turista dovrebbe scegliere la frescura della mattinata per intraprendere questo giro, perché il calore è talvolta eccessivo in certi tratti del percorso. Sarebbe auspicabile, nell’interesse dei turisti, che il consiglio comunale di Vico facesse aggiustare una strada mulattiera fino all’Acqua Bella, o almeno fino alle belle praterie che il comune possiede nelle vicinanze; non sarebbero necessarie grandi spese servendosi delle corvée degli abitanti, le cui proprietà aumenterebbero di valore.

Prima di partire sono andato a visitare il bel giardino e il magnifico bosco di pini e altre essenze straniere appartenenti al signor conte Ricardi di Netro nel villaggio di Meugliano. Fui sorpreso dalla bellezza di questi alberi che hanno raggiunto una grandezza ed un’altezza notevoli, anche se vecchi soltanto di quarant’anni. (…)

le acque a Vico e nei dintorni sono di una purezza e di una freschezza notevoli, e la mia guida Scaletta mi ripeté a questo riguardo una battuta del signor ministro Quintino Sella durante un suo soggiorno a Traversella. Quando gli si vantava la bontà dell’acqua egli rispondeva: “Bisogna allora bere del vino e conservare quest’acqua eccellente”. (…)

Tuttavia, sovente il turista è spiacevolmente sorpreso, osservando da un punto elevato, di scorgere in mezzo alle praterie, alle montagne verdeggianti e ben coltivate, una distesa di terreni sterili, coperti di pietre e generalmente senza alberi; se domanda la causa di questo abbandono gli si risponde sempre: “È proprietà comunale”. (…)

ritornai a Castellamonte fermandomi ad Alice Superiore dove c’è una vasta torbiera dell’estensione di circa 50 ettari, che si crede essere stata in passato occupata da un lago. Il turista può visitare il lago, le sponde del torrente Chiusella e i pittoreschi siti chiamati Le Gole di Caravò (Garavot, N.d.A.), e fare l’ascensione delle due colline di Mandovano e Chiapei per godere delle belle vedute.

Dal villaggio di Alice Superiore ho continuato il mio cammino in vettura per arrivare tardi a Castellamonte dove sono andato ad alloggiare all’Albergo del Sole, e l’indomani sono andato a San Giorgio, patria dello storico Botta.

Di là fui, con una bella passeggiata ombreggiata da alberi lungo un canale denominato Naviglio, al Castello d’Agliè appartenente alla signora duchessa di Genova, che merita la visita del turista, dando l’idea della dimora di un grande signore piemontese di campagna, essendo il lusso e la semplicità entrambi mirabilmente riuniti. Da Agliè sono tornato a Rivarolo, e la sera del quarto giorno sono nuovamente rientrato a Torino incantato da questa breve escursione nella valle della Chiusella che mi sono ripromesso di rivisitare alla prima occasione.

 

Le persone desiderose di conoscere la storia di questo paese possono consultare l’eccellente opera di Antonino Bertolotti dal titolo Passeggiate in Canavese in otto volumi pubblicati dalla tipografia Curbis di Ivrea fra il 1867 e il 1878.

 

@ Ezio Marinoni

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Articolo pubblicato il 02/04/2021