La perenne minaccia turca nel “Mare Nostrum”

La Repubblica di Turchia, edificata dopo la Grande Guerra sui principi laico-kemalisti, con la dottrina della “Patria Blu” si sta riavvicinando sempre più al fondamentalismo ottomano.

La Turchia si risveglia, non da oggi, una medio-potenza regionale a vocazione fondamentalista.

Tra eccessi tipici di un governo autocratico e una propaganda di stampo nazionalista e islamista, la Repubblica turca sta comunque conducendo una politica estera precisa e a vocazione espansiva.

 

Il risveglio ideale di questo neo “sultanato” è stato in larga parte costruito sulla profondità strategica ideata dal suo potente ex-ministro degli Esteri e poi primo ministro Ahmet Davutoglu. Una visione di espansione e di penetrazione della Turchia in diverse direttrici, trasformandola in attore di primo piano nelle contese mediorientali.

 

La profondità strategica è rimasta anche dopo la fine del mandato di Davutoglu, ma quel polo che voleva creare tra Europa, Caucaso e Medio Oriente adesso ha una spinta diversa: non più dalla penisola dell’Anatolia verso i suoi confini terrestri, ma dalla terra verso il mare. O meglio, verso i tre mari che circondano la Turchia : Mediterraneo orientale, Mar Nero e Mar Egeo .

 

La svolta ha un nome e si chiama “Mavi Vatan”, la dottrina della “Patria Blu”.

 

Con la dottrina marittima turca della “Patria Blu” (in turco “Mavi Vatan”) si riaccende inevitabilmente lo scontro con gli altri paesi mediterranei, spostando così l’area dello scontro direttamente sul “Mare Nostrum”.

 

 

L'ammiraglio in congedo Cem Gürdeniz, ideatore del piano nazionalista "Patria Blu", suggerisce ad Ankara la "diplomazia delle cannoniere" fino a proteggere in modo aggressivo i suoi confini marittimi. La strategia turca consisterebbe nell’espandere la propria egemonia nel Mediterraneo, col fine di uscire fuori dal quel senso di accerchiamento, da loro percepito, attorno alla penisola anatolica.

 

Sono poche le potenze mediterranee che possono realmente condurre questo tipo di scelta. Una di queste è la Turchia, che da quando Recep Tayyip Erdogan è salito al potere sembra aver intrapreso con costanza l’idea di voler riprendere il posto da cui è stata detronizzata dopo la Prima guerra mondiale. La Turchia ha infatti il secondo esercito più grande della Nato e un tasso di crescita economico sostenuto, che le consente di fare investimenti importanti sul piano militare.

 

La Repubblica turca è in perenne ascesa; in questi anni l’abbiamo vista con una nuova veste interventista in Siria e in Libia. La diplomazia turca utilizza anche il fattore linguistico ed etnico-culturale per mantenere i rapporti di alleanza con tutte quelle repubbliche “sorelle” turco-mongole dell’Asia Centrale. Questa perenne propensione all’egemonia politica, nel mediterraneo come in Asia, ci fa assistere ad una diplomazia incentrata sull’opportunismo e su una doppiezza oscillante fra la NATO e le potenze sino-russe.

 

Il crescente riarmo navale, non ha riguardato solo i paesi con tradizioni marittime consolidate, ma anche la Turchia, la quale ambisce a divenire un neo sultanato ottomano. Il presidente turco infatti, rispetto a qualsiasi paese mediterraneo, può ad oggi vantare più del doppio delle basi navali presenti nel “nostro Mare”(sei, di cui una in Libia).

 

I vicini della Mezzaluna conoscono bene il problema ed è da tempo che assistono e reagiscono a questa deriva neo-ottomana di stampo marittimo. La Grecia continua a subire un crescente dinamismo turco, con le navi da ricerca di idrocarburi battenti bandiera turca che affollano le acque dell’Egeo insieme ai mezzi militari che le fanno da scorta. Cipro, dopo l’occupazione turca della parte settentrionale, vede continue violazioni della propria sovranità nella sua Zona economica esclusiva con i tentativi di Erdogan di inserirsi nei fondali marini di Nicosia.

 

Erdogan si sente così più erede di Solimano il Magnifico che non di Kemal Atatürk.

 

Lo sa bene la Germania, la quale da diverso tempo si vede impegnata in un’estenuante opera diplomatica per condurre Atene e Ankara a un tavolo negoziale atto a disinnescare l’escalation della tensione nelle acque calde del Mar di Levante, dove Turchia e Grecia si contendono confini e pertinenze marine.

 

Sia la Grecia che la Turchia hanno accettato la mediazione della Germania che sta dimostrando equilibrio e capacità diplomatica. Dal canto suo la Francia di Emmanuel Macron si è precipitata subito in soccorso di Atene, offrendo il proprio sostegno militare. 

Questo posizionamento francese in sintonia con quello greco, e in opposizione alla Turchia, si è manifestato non solo nel Mediterraneo orientale e a Cipro, ma anche nei difficili scenari della Libia e della Siria.

 

Insomma, assistere all’azione della Germania sul piano diplomatico e della Francia sul piano militare fanno pensare ancora una volta alla totale esclusione dell’Italia da questioni geo-strategiche che la riguarderebbero.

 

Se da un lato infatti il legame economico-strategico con la Turchia funge in chiave anti-francese, dall’altro lato alimentare un possibile scontro etnico fra elleni e turchi indebolirebbe notevolmente la Germania, la quale al suo interno ha molti cittadini tedeschi di seconda generazione appartenenti alle due etnie.

 

Ma l’Italia preferisce guardare ad una fantomatica Europa che non esiste, rispetto al suo “estero vicino” e ad un Mare sempre meno “nostro”.

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Articolo pubblicato il 28/03/2021