Forza delle idee e potere del pensiero.

Attributi divini buttati nell’immondizia.

Viviamo in tempi di eventi parossistici e comportamenti demenziali vestiti di conformismo e buonsenso. Situazioni prive di valori alle quasi siamo chiamati o desideriamo assolutamente partecipare perdendoci inevitabilmente anche l’ultima occasione per “farci furbi almeno un volta nella vita” e non cadere come tordi nella rete tesaci da quelle definite “necessità di emozionarsi” per sentirsi vivi pur essendo morti da un pezzo.

Possibile che un così complesso e sofisticato universo di possibilità quale è l’essere umano si riduca ad essere strumento passivo per l’espletamento di funzioni quasi del tutto incomprensibili e spesso inaccettabili?

 

Ovviamente abbiamo ciò che ci meritiamo!

 

Una legge naturale enuncia senza mezzi termini “la necessità determina l’organo”. Ed è ovvio, di conseguenza, che la nascita di un organo sia la prova provata della risposta ad una necessità.

 

Occorre muoversi? Ecco comparire le gambe!

Occorre vedere? Ecco strutturarsi gli occhi!

Occorre comprendere? Ecco che si fa sentire la coscienza!

 

Ma, come per tutte le cose, questi aspetti comportano la possibile comparsa dell’altro lato della medaglia!

 

Non ci muoviamo a sufficienza? Allora le gambe diventano gracili e poi non si muovono più a causa dell’atrofia muscolare e della calcificazione delle articolazioni.

Non usiamo gli occhi per “vedere” davvero? A poco a poco essi si opacizzano e diventano ciechi!

Mettiamo troppe volte in disparte la coscienza? Ecco che senza far rumore essa si dissolve nel nulla!

 

Inoltre ciò che vale per una delle sue parti vale anche per tutta l’umanità.

 

Siamo noi, ciascuno di noi, a creare le condizioni per tutto quello che avviene dentro e intorno a noi.

 

E allora abbiamo davvero così tanto bisogno di emozionarci ogni due per tre?

Abbiamo una qualche idea di quale organo stiamo creando tutti insieme per gestire (o farci gestire) dalle emozioni che stiamo producendo in modo sempre più esponenziale?

Sappiamo cosa si porterà appresso la funzione di questo nuovo organo non appena non avremo più le risorse e la forza per mantenerlo?

 

Certo sono domande prive di senso per chi non si sente o crede di non essere coinvolto in tale esperienza, ma … sarà ancora così il giorno in cui scoprirà di esserci dentro come tutti?

 

Non è forse vero che ci siamo già dentro tutti?

 

Di cosa stiamo parlando?

Di che organo si tratta?

 

Si tratta di quell’organo che si sta sempre più delineando nell’inconscio collettivo e personale avente la funzione di “gestire la coscienza” indirizzandola sempre più ed esclusivamente alla ricerca del cibo per autosostentarsi.

 

Una specie di nostro “doppio” nel quale ci identificheremo sempre più finendo per diventare una sola cosa con lui, interamente fagocitati. Una creatura potentissima ma così effimera da poter vivere solo se noi la alimentiamo con tutto il nostro essere. Una creatura che vive e si nutre prevalentemente di emozioni che solo noi possiamo procurarle come schiavi inconsapevoli e che per farci continuare in quella situazione ce ne rende “dipendenti” gratificandoci con uno zuccherino ogni volta che lo facciamo.

 

Una dipendenza che ci costa assai cara togliendoci qualsiasi tipo di libertà di intendere e volere ripagandoci con l’illusione di “provare qualcosa” di vero e desiderabile da ricercare sempre più spesso e velocemente.

 

O almeno fino a quando saremo in grado di farlo, … e poi?

 

E poi come limoni spremuti, come una confezione alimentare svuotata del suo contenuto, essere gettati nell’immondizia insieme alla nostra inibita capacità di esercitare quel potere del pensiero libero, embrione appena abbozzato, abortito sul nascere o messo alla catena fino a quando cederà, come ogni altra parte di noi, per entrare alle dipendenze del sempre più “grande tiranno” di questa esistenza.

 

Certo le emozioni sono necessarie, senza di esse non ci si muove verso qualcosa o qualcuno, ma abusarne o diventarne dipendenti è un’altra cosa.

 

Basta osservare quanto ci accade intorno: ogni fatto, indipendentemente dal suo valore e dalla sua indiscutibile necessità, merita di essere evidenziato solo se genera emozione, specialmente se collettiva e condivisa.

 

Buono per i mass media, buono per un ritorno economico e di potere, buono per coinvolgere quante più energie possibili, buono per mandare all’ammasso quel poco di possibilità individuali residue o nascenti, buono sempre e più solo per qualcosa o qualcuno, ma non per noi che ne pagheremo il conto personalmente.

 

E a farne le spese è, e sempre di più sarà, il nostro sistema nervoso (che già non aveva una bella cera).

 

E magari (prima che diventi inutile) potremo farci due domande:

 

A che cosa serve in un essere umano la facoltà ed il potere del pensiero?

A cosa serve la forza delle idee?

 

Forse a succhiarci ancora un po’ il pollice in attesa che qualcosa arrivi dal cielo (senza colpirci naturalmente!) così come (colore e configurazione) lo abbiamo ordinato tramite smartphone.

 

Oh, yes! I am! We can!

 

Che emozione!

 

grafica e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 31/03/2021