Uomini di governo forti, buoni e pazienti secondo Santa Caterina da Siena - Parte 2

La santa senese auspicava un necessario ritorno ad una concezione spirituale ed etica

Il testo curato da Anna Maria Balducci su S. Caterina da Siena, Massime di Reggimento Civile, Edizioni Cateriniane, pubblicato nel 1947 a Roma, con tanto di imprimatur del Vicariatu Urbis Aloisius Traglia, descrive il programma politico di S. Caterina. La santa senese auspicava un necessario ritorno ad una concezione spirituale ed etica, seria e profonda della vita, vissuto innanzitutto da coloro che stanno al governo dei popoli. Seguendo il Vangelo, la santa riconosceva la grande importanza dell’autorità nella società umana. L’autorità proviene da Dio, anche se poi sono gli uomini a disporne secondo le proprie responsabilità.

L’autorità scriveva S. Caterina è “prestata”, gli uomini di governo devono fare buon uso, “i reggitori dei popoli nell’esercizio dei loro poteri devono studiarsi di imitare il governo divino, ispirare la loro azione a ‘giustizia santa con vera e profonda umiltà’”. Sostanzialmente la santa additava agli uomini di governo, la sapienza e la virtù, esigendo in particolare, quella forma elevata, il dovere di avvicinarsi il più possibile alla perfezione del Capo, il Legislatore supremo, che è Dio, che è “il dolce maestro, che ci ha insegnato la dottrina, salendo in su la cattedra della santissima croce”.

Per S. Caterina, i governanti, finché si tengono nei limiti del mandato divino, rimangono rappresentanti di Dio. Il problema centrale di ogni concezione politica è quello del rapporto fra la libertà personale e l’autorità statale. S. Caterina secondo la Balducci, il problema, lo risolve, “nella sottomissione della volontà umana alla volontà divina, e cioè nell’accettazione della legge morale e del diritto naturale…”L’uomo di governo, “…facendo rispettare le leggi, stabilendo ottimi ordinamenti giuridici, sostenendo i diritti di ciascuno, colui che è a capo compie, più che una affermazione di autorità, un atto di carità verso il suo prossimo: è un ‘servizio’ che fa agli uomini con pura carità, perché facendo a essi fa a Dio”.

Gli uomini di governo devono avere coscienza della loro missione, è una vocazione che viene da Dio, che li obbliga a mettere tutte le loro forze al servizio della missione storica, che, nei disegni della provvidenza, sono chiamati a svolgere. Caterina ha sempre presente la responsabilità che hanno gli uomini di governo a riguardo della salvezza eterna dei loro sudditi, non c’è solo la responsabilità del benessere dei sudditi, o della prosperità della Nazione.

La Balducci a questo punto provocatoriamente scrive che il concetto dell’uomo di governo in S. Caterina è il più umano, è il più democratico che possa esservi, anche perché nelle sue lettere che rivolge ai vari signori del tempo, non perde di vista mai il popolo. Il periodo storico, in cui è vissuta S. Caterina era molto travagliato, in apparenza sembrava ricco e prosperoso, ma in realtà, le città erano lacerate, sempre in balia di ambiziosi e di prepotenti. La santa di Siena era convinta che tutti i mali della società avevano la radice nel disordine morale: tutto si riduce al ‘vermine dell’amor proprio’ che rode il ‘cuore’ della città. Naturalmente per S. Caterina, il “cuore” era il buon governo regolato e guidato secondo i piani di Dio.

Nel 300 sembrava che la coscienza morale era morta, l’avidità, l’ambizione, il dominio e la ricchezza regnavano ovunque. L’ingiustizia regnava sovrana, ecco cosa scrive S. Caterina ai Signori Priori dell’Arti e Gonfalonieri di Giustizia del Comune di Firenze: “…Al petto del Comune non si nutricano i sudditi con giustizia né carità fraterna; ma ciascuno con falsità e bugie attende al bene proprio particolare, e non al bene universale. Ognuno cerca la signoria per sé, e non il buono stato e reggimento della città”. Questi uomini fiorentini, assomigliano agli italiani di oggi, non animati da un grande ideale che fortifichi e illumini il loro operare, “non sono uomini da fatti, ma sono uomini da vento; e così si volgeranno come foglia senza veruna fermezza e stabilità”. (pag. 51)

L’esile e umile Caterina si rende conto di una semplice e profonda verità che “l’attività politica rispecchia tutte le deficienze del carattere e tutti i mali morali di chi governa. Per lei l’errore politico e l’ingiustizia sociale si identificano col peccato dell’individuo, con la bassezza morale di colui che deve amministrare la giustizia e governare lo stato ‘ perocchè per altro (gli Stati) non vengono meno se non per li peccati e difetti nostri…”

Ma qual è la personalità morale che Caterina vuole nell’uomo di governo? Perché egli possa compiere la sua missione nella società? Secondo la Balducci, la figura ideale di colui che deve reggere la cosa pubblica, è quella di un uomo forte e buono. “Fortezza e bontà sono, nel senso umano più profondo, nel senso soprannaturale più alto, le qualità essenziali, comprensive di tutte le altre virtù”. L’uomo di governo deve avere una volontà forte, che si espande nella carità perfetta, cioè nella perfezione della giustizia”. Spesso nelle lettere ai vari potenti dell’epoca, S. Caterina usava il termine, “siate uomo virile”.

L’INSEGNAMENTO DI S. CATERINA PER LA BUONA POLITICA.

Dal testo Massime di Reggimento Civile, emerge che S. Caterina aveva una concezione eminentemente etica dei governanti, nelle sue numerose lettere che ha scritto, li esortava alla lotta contro il male, per l’affermazione del bene:“piuttosto dobbiamo eleggere di perdere le cose temporali e la vita del corpo, che le cose spirituali e la vita della grazia…” Non bastava dunque dominare gli uomini e le cose, ma soprattutto, bisognava, raggiungere il perfetto dominio di sé. Quello che conta maggiormente è la “signoria dell’anima”. Nessuno può toglierla agli uomini se loro si comportano secondo giustizia divina. Gli antichi romani, già conoscevano questa signoria, il grande Seneca affermava: “Imperium sibi maximum imperium est”, una affermazione che in Caterina acquistava un significato eminentemente cristiano: la padronanza di sé per compiere il bene.

A questo proposito, è significativo quello che scrive la santa ai Signori e difensori di Siena: “scrivo a voi con desiderio di vedervi veri signori con cuore virile, cioè che signoreggiate la propria sensualità, con vera e reale virtù, seguitando il nostro Creatore. Altramenti non potreste tenere giustamente la signoria temporale, la quale Dio vi ha concessa per sua grazia. Conviensi dunque che l’uomo che ha a signoreggiare altrui e governare, signoreggi e governi prima sé”. (pag. 53)

Occorre avere coscienza del limite di creatura, della fragilità umana, avere una giusta valutazione di sé e del prossimo, delle cose e degli avvenimenti. L’uomo di governo dev’essere umile, una virtù che gli permette, di essere libero e di darsi interamente “con grande sollecitudine” e con “affettuoso amore”, al servizio dei sudditi e della patria.

L’uomo di governo secondo S. Caterina, deve acquisire la virtù della santa pazienza, che non è quella del significato politico del saper attendere, temporeggiare, questa è arte politica o diplomatica. “La pazienza per S. Caterina è un atteggiamento interiore dello spirito che dà la capacità di ‘sostenere’ con dolce fortezza fondata sulla dimenticanza di sé ‘ogni pena, tormento e tribolazione’”. Pertanto per S. Caterina l’uomo che sale al potere, non deve pensare di trovare in esso “diletto e riposo”, ma deve sapere che troverà dolore.

La santa di Siena era consapevole delle miserie umane degli uomini politici e di potere. Sapeva quale era la dura realtà: avidità, gelosie, egoismi, intrighi, slealtà, violenze.. Il principe e signore deve conoscere, valutare e rispettare il dolore in sé e negli altri, e quando la croce stende la sua immensa ombra su tutta la patria egli, forte nella sventura militare nell’insuccesso politico e in ogni altra contrarietà,“si veste della pazienza di Cristo crocifisso, riposasi con questa dolce e gloriosa virtù nel mare tempestoso delle molte fatighe”. Questa è la virtù che vince sempre. Per S. Caterina non ci potrà mai essere un grande e vero capo di governo, senza la lotta dolorosa interiore ed esteriore, senza sofferenza, senza sforzo, senza “abbracciarci con la santissima croce, dove noi troveremo l’amore ineffabile, gustando il sangue di Cristo”.

Il Principe ideale di Caterina non è quello che sa mantenere il potere, ma colui che sa essere grande dinnanzi a Dio nella perfezione morale. Caterina fa coincidere il vantaggio dei popoli, il benessere sociale, con la grandezza morale e cristiana di chi governa. La grandezza di un principe per S. Caterina si basa sempre sull’umiltà, nel dolce spogliamento di sé, che invita Dio a venire nell’anima, così si possono fare grandi opere. Anna Maria Balducci ci ricorda che la santa sta parlando al “principe” cristiano. Nell’ascetica cateriniana, l’uomo trova il giusto posto come creatura creata da Dio e redenta dal Figlio.

La personalità ideale del cristiano che esercita il potere politico, si compenetra nella carità, soltanto così si può compiere ogni giustizia e dalla quale nascono le buone opere. Caterina insegna al principe anche di perdere il potere se non può attuare il bene di tutti, invece il Machiavelli al suo Principe insegna di sapere commettere il male per conservare il potere. L’uomo che è al potere “deve servire con grande diligenzia il prossimo suo”. In pratica anche se è difficile dirigere la vita degli uomini a fini alti, S. Caterina chiede l’eroismo cristiano al suo principe, ricordandogli che può fare tutto con l’aiuto di Dio, nella partecipazione alla vita della Grazia, che è il sangue di Cristo.

Nessuno ha saputo più di Caterina adorare il Sangue Divino di Gesù, nessuno più di lei ha saputo comunicare agli uomini, l’amore, il bisogno del “dolcissimo Sangue…nel quale si spegne ogni odio e guerra…si pacifica il cuore e l’anima”.

Ed è proprio in questo Sangue che S. Caterina conduce “i signori e governanti a conquistare quella perfezione cristiana del loro stato, che è conformazione a Cristo Crocifisso, nella cui luce la santa diplomatica senese ha visto e ci ha dato la nobile personalità morale dell’uomo di governo…” (pag. 64)

Nelle lettere agli uomini di Stato S. Caterina fa emergere sempre esclusivamente il carattere morale e spirituale, quasi mai ci sono norme pratiche sull’esercizio del buon governo. La santa è convinta che una volta che l’uomo e formato al bene e alla giustizia non potrà che compiere azioni giuste e virtuose, questo vale anche per il governante. Del resto, per S. Caterina ogni problema sociale e politico appare come un problema morale, ella dà tuttavia valore anche alla parte ‘pratica’ dell’attività politica, anche perché ci sono uomini buoni, ma che non sanno governare.

A base di ogni grande costruzione politica e sociale c’è la realizzazione della giustizia, che caratterizza ogni attività politica, ogni azione individuale e sociale del principe della nostra santa. Ma la giustizia deve essere sempre “condita con misericordia, perché ella esce dalla fontana della carità”.

La Balducci, curatrice del libro edito dalle edizioni Cateriniane, si affretta a scrivere che “l’uso della misericordia nell’esercizio della giustizia non diminuisce però la coscienza di quello ch’è dovuto alla repressione del male. In un regime ben ordinato, fare giustizia è un dovere dell’autorità, perciò, non è permesso al signore di tollerare il male. Per la santa occorre sempre una giustizia regolata dalla carità. Certo nella Santa è presente il pericolo del governante che si lascia trasportare nella repressione per propria passione, ma c’è l’altro pericolo della pazienza inerte di fronte a colpe che possono esporre la società intera al male. Comunque sia per la santa, la giustizia perfetta, potrà attuarla, soltanto “colui che giustamente ha giudicato sé”, cioè, colui che virilmente ha sottomesso sé “alla regola della giustizia”, nel distacco da sé e dal mondo, nell’amore di Dio e delle virtù. Quindi soltanto l’uomo forte, buono e umile, che ha conosciuto la Verità di Dio sarà capace di realizzare la giustizia perfetta.

E’ presente in S. Caterina il concetto di giustizia sociale con al centro e come fine la persona umana, una giustizia che si appoggia sui diritti naturali della persona umana, che sfociano nei diritti religiosi, morali, giuridici, economici. L’uomo di governo nella sua attività, deve riconoscere e difendere la dignità personale del cittadino e il suo sviluppo.

Un’ultima annotazione, nelle tante lettere della santa di Siena:“Non si può non domandarci come ella potesse pretendere da uomini comuni del suo tempo tanta virtù; come potesse richiedere un simile sforzo, un superamento così assoluto dell’umano, una così perfetta vita della Grazia, in quella che può sembrare l’attività che più difficilmente l’uomo riesce a mantenere conforme ai comandi divini”. Eppure S. Caterina con la sua grande semplicità è riuscita a parlare a chiunque e a ottenere anche numerose conversioni dei loro cuori. Lo si nota leggendo le lettere inviate allo stesso personaggio, come Niccolò Soderini, uno dei Priori dell’Arti della città di Firenze, è un grande miracolo come la santa “…sapesse con rara sapienza trarre quegli uomini rudi e lontani dalle finezze dello spirito, ad alta perfezione morale”. (pag. 80)

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 06/04/2021