Ribelli e rivoluzionari

Concretezza straordinaria in un momento in cui il tessuto economico e sociale del nostro Paese è in evidente fase implosiva

Nei giorni scorsi ho reso pubbliche alcune mie osservazioni in relazione ad un articolo “postato” da un amico dotato di eccellenti capacità di analisi nel quale evidenziava la differenza tra la figura del Rivoluzionario e quella del Ribelle giungendo alla conclusione che il secondo, al di là della sua pregevole dimensione estetica, rivestiva un ruolo inferiore  rispetto a quello del rivoluzionario e socialmente irrilevante a ragione della sua “individualità”, inidonea per definizione a svolgere quelle funzioni di “detonazione sociale” proprie del primo.
 

Vorrei ritornare oggi su questo argomento in quanto l’analisi, lungi dal presentarsi come una forma di onanismo mentale, riveste una concretezza straordinaria in un momento in cui il tessuto economico e sociale del nostro Paese è in evidente fase implosiva. Assistiamo infatti a manifestazioni di legittima e diffusa insofferenza che non possono né debbono essere raccolte e strumentalizzate dalle forze politiche “tradizionali” in ragione della circostanza che si sta realizzando la situazione ,descritta da Ernst Junger nelle sue opere, di controllo da parte del Sistema tanto delle forze di maggioranza quanto di quelle di opposizione, coessenziali alle prime e da queste fagocitate.
 

Quanto avvenuto nelle scorse settimane, ovvero la formazione di una compagine di Governo comprendente gli “opposti” politici rappresentati da (pseudo) Sovranisti ed Europeisti, ovvero (pseudo)Destra e Sinistra più o meno radicale, il contenitore liquido ed indefinibile del M5S, tutti appassionatamente accomunati dal desiderio di sostenere il Premier designato dal Sistema bancario Internazionale e dai suoi servitori italiani deve fare riflettere quanti ancora credono alla chimerica figura del “Voto utile”, precipitazione politica della non differente figura  concettuale dell’ “Utile idiota”, coessenziale ad ogni strutturata espressione di sistema politico totalitario.
 

Torniamo dunque al “thema” originario, ovvero alla figura (forse incompresa) del Ribelle, ovvero di colui che per ragioni di particolare acuzie e percezione intellettuale comprende, anticipando gli altri, come sia assolutamente impossibile modificare un sistema strutturato attraverso una attività politica svolta al suo interno e decide idealmente di ” passare al bosco” , ovvero di rifugiarsi in un inviolabile periplo sacro entro cui rimanere indenne dalla invasività di un  Sistema sempre più distopico e liberticida.
 

La sua figura di Anarca è profondamente dissimile da quella -ben differente se non antitetica - rappresentata dall’Anarchico in quanto mentre quest’ultimo nega l’ auctoritas di qualunque aggregazione statuale il primo si contrappone ad uno Stato anetico ma riconosce il sistema valoriale di uno Stato Etico e Tradizionale.
Il “Ribelle -Anarca” è solo inizialmente un individualista che “si cela tra il grigio delle pecore” ma diviene ben presto disponibile ad aggregarsi in un “branco” quando riconosce la sussistenza di un sistema valoriale condiviso, sconfessando l’innaturale dicotomia “Ribelle- Rivoluzionario” in quanto il Ribelle che si aggrega in un “branco” sociale diviene necessariamente un Rivoluzionario.

 

Tanto premesso, la situazione politica del nostro Paese vanifica qualunque azione di natura oppositiva parlamentare in quanto il Sistema,  per come si è strutturato, tende a controllare contemporaneamente Maggioranza ed Opposizione, che cessano di essere fra loro alternative ma si aggregano in un unico polo spurio. Questo è quanto avvenuto nei giorni scorsi con l’opzione filogovernativa e filoeuropeista praticata dalla Lega e l’analoga scelta praticata oltre un anno prima da quell’indefinibile movimento (originariamente)  anti-sistema che nel volgere di breve termine ha rinnegato platealmente ogni suo punto programmatico originario.

Così pure, per non essere da meno, l’unico movimento politico rimasto all’”opposizione” è confluito nell’alvo conservatore del Parlamento europeo e la sua leader ha aderito all’ Aspen Institute Italia – recentemente  visitato  e “legittimato” da Joe Biden - aggiungendo il proprio nominativo a quello di Giorgio Napolitano, di Paolo Mieli e dell’ex direttore UE per le “riforme strutturali” Mario Nava.
 

Ne consegue che chi culturalmente si senta estraneo alla cultura “dominante” non abbia altra alternativa che promuovere e  gestire, con modalità assolutamente pacifiche,  un movimento astensionistico di dissidenti “Ribelli” destinati nel volgere del tempo a trovare elementi aggregativi  identitari e diventare culturalmente “Rivoluzionari”.
A chi fosse  ancora scettico sulla portata storica e politica del “ribellismo” mi sento di ricordare come sino alla data fatidica del 23 marzo 1919 Arditi e Futuristi fossero dei “Ribelli”, poi divenuti “Rivoluzionari” mercè il programma unificatore di Piazza San Sepolcro.

 

L’astensionismo elettorale prodromico alla realizzazione di una progettualità politica comune è di facile attuazione in quanto non richiede un radicamento territoriale di tipo burocratico, raccolte di firme per la presentazione di liste, non è divisivo in quanto l’ ampiezza del dissenso tende a dissolvere personalismi disgregativi, è politicamente inclusivo in quanto produce una naturale vis attractiva  nei confronti dei ceti sociali maggiormente penalizzati a prescindere dalla loro provenienza culturale, e soprattutto è caratterizzato da una assoluta liceità giuridica in quanto l’art. 48 del della Costituzione stabilisce che “il voto è libero” ed il suo esercizio è un mero “dovere civico”.
 

Vale la pena precisare che sin dall’ Assemblea Costituente si chiarì che non vi era contraddizione alcuna tra libertà e doverosità del diritto di voto in quanto il concetto di “doverosità” venne chiarito da Meuccio Ruini, all’ interno della Assemblea Costituente, precisando  che la formula prescelta non costituiva una obbligatorietà del diritto di voto, tant’è che il dovere di voto venne originariamente sanzionato esclusivamente con la menzione “non ha votato” nel certificato di buona condotta , ma la norma venne abrogata nel 1993 trasformando la doverosità del voto in piena libertà del suo esercizio.
 

Auspico, con questo mio non breve ma, nella sua complessità, comunque relativamente sintetico “post” di stimolare riflessioni ed un eventuale dibattito tra quanti, appartenenti alla mia stessa comunità culturale ed umana, abbiano finalmente compreso che il Sistema si giova delle opposizioni istituzionalizzate in quanto ininfluenti alla modifica dello status quo e la politica di “entrismo” all’interno di forze politiche già inserite nel sistema politico istituzionale non produce altri effetti se non quelli della mortificazione dei propri ideali accompagnati ad una perdita di dignità.

Claudio Berrino

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 10/04/2021