La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

«Signor commissario, mia moglie mi tradisce» (seconda e ultima parte)

Eppure, proprio dalle pagine de La Stampa del 9 agosto 1951 emerge un caso del genere, avvenuto alla Barriera di Milano, nel corso di una constatazione di flagrante reato di adulterio eseguita dalla Polizia.

La scorsa notte un intero caseggiato di via Palestrina è stato messo a rumore dall’irruzione in un alloggio di due agenti e di un sottufficiale del commissariato Barriera di Milano, che erano stati chiamati per compiere una constatazione di flagrante reato di adulterio.

La denuncia era partita dall’impiegato Serafino S***, di 45 anni, coniugato con tale Lucia M***, di due anni più giovane di lui. L’unione era stata molto prolifica poiché erano nati ben sei figli (di cui il più alto è una ragazzina diciassettenne) ma non poteva certo dirsi felice. La moglie dell’impiegato era quanto mai trascurata nei suoi doveri coniugali, mentre il consorte è un uomo estremamente posato. Più di una volta essa si era fatta cogliere in atteggiamenti quanto meno sospetti con altri uomini; il S*** aveva perdonato sinché un anno fa, all’incirca, doveva constatare che la moglie giungeva al punto di recarsi a ballare con la figlia più alta per poter agevolmente incontrare un uomo più giovane di lei di oltre dieci anni.

Il povero marito preparava le valigie e si trasferiva a Venezia dove riusciva per mezzo di un conoscente a trovare prontamente lavoro. Intanto aveva iniziato per mezzo di un legale le pratiche di separazione. Le cose stavano a questo punto quando recentemente veniva informato che la moglie conviveva ormai apertamente insieme ai figli nello stesso alloggetto di via Palestrina con quel giovanotto conosciuto nelle sale da ballo.

Il S*** decideva quindi di venire a Torino per farla cogliere in flagrante. La scorsa notte, come si è detto in principio, due agenti e un sottufficiale bussavano all’uscio della donna e dopo una lunga attesa venivano introdotti da un uomo in camicia.

- Ma io sono solo - replicava costui alle prime contestazioni - possono constatare che in casa non c’è nessun altro. La signora infatti è partita per la villeggiatura con tutti i figli.

Le sue dichiarazioni ad un attento sopraluogo risultavano fondate. Egli ciò non di meno veniva condotto in commissariato dove finiva per confessare di essere in intimi rapporti con Lucia M***.

- Sono pazzo di questa donna - egli dichiarava. - Sono in colpa, questo è vero, ma non dimenticate che oltre a mantenere lei, io provvedo a tutta la famiglia.

Non ostante questo particolare la sua situazione dinanzi alla legge è divenuta grave - poiché egli è colpevole di adulterio. Contro di lui, quindi, e contro la donna è stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria.

Secondo l’articolo 559 del Codice penale prima citato, per la moglie costituisce reato il semplice adulterio, che vede punito anche il correo dell’adultera con la reclusione fino a un anno. La pena è prevista fino a due anni nel caso di una relazione adulterina. Il delitto è punibile a querela del marito. Ricordiamo che la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionali i due articoli tra il 1968 e il 1969.

Concludiamo con una vicenda che La Stampa del 6 luglio 1951 definisce Il dramma di un povero infermo, evocando una malattia tipica dei feuilletons dell’Ottocento, la tubercolosi.

Una dolorosa vicenda coniugale - che ha per vittima e protagonista un pover’uomo affetto da malattia cronica - ha avuto ieri mattina un clamoroso epilogo dinanzi ad un albergo di corso Francia.

Il 49enne Giusto S., ricoverato da parecchi mesi in un sanatorio, mercoledì sera veniva informato da un amico che sua moglie - Carmela, di 36 anni, madre di due bambini - aveva stretto relazione con un giovanotto suo vicino di casa.

- Sono spesso insieme - dichiarava l’amico – e, a quanto mi risulta, sono soliti darsi convegno nel tale albergo di corso Francia. Stasera stessa alle 21 circa li ho visti entrare e per questo, non ostante la tarda ora, ho deciso di venirti ad avvisare.

È immaginabile la reazione del povero ammalato. Immediatamente egli chiedeva ai sanitari, con un pretesto qualsiasi, il permesso di uscire e ieri con le prime luci del mattino lasciava l’ospedale per recarsi di corso Francia che gli era stato indicato. Lo sventurato appoggiandosi ad un muro sostava per oltre un’ora in angosciosa attesa. Finalmente alle 7 circa la porta dell’albergo si schiudeva e ne usciva sua moglie Carmela accompagnata da un aitante giovanotto. L’infermo si scagliava contro la coppia ed afferrata la consorte la percuoteva con furia mentre il suo accompagnatore, senza nemmeno abbozzare un tentativo di difesa, si dava rapidamente alla fuga.

Le grida richiamavano ben presto i radi passanti i quali dovevano faticare non poco per trattenere lo sventurato marito. Sopraggiungeva intanto un agente che riusciva infine a ristabilire la calma. La vicenda avrà uno strascico giudiziario essendo stata stesa da parte di Giusto S. denuncia per adulterio contro la moglie.

 

Il nostro protagonista, benché malato, ha saputo organizzarsi per la sua sorpresa fai-da-te degli adulteri che evidenzia lo scarso coraggio dell’amante che scappa a gambe levate senza prendere le difese della donna. E leggendo la scena evocata dal cronista viene alla mente un’altra battuta della già citata canzone ël divòrsi di Roberto Balocco: «Il matrimonio è un duello… a cornate!».

(Fine seconda e ultima parte)

Ringrazio l'amico Paolo Sirotto per la preziosa collaborazione.

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 30/04/2021