Il 27 Aprile 1831 spirava a Torino Re Carlo Felice di Savoia

"Principe Degno Di Ogni Elogio" secondo il giudizio del Metternich (di Paolo Barosso)

Propongo ai Lettori di "Civico 20 News" questo articolo dell'amico Paolo Barosso dove vengono espresse interessanti valutazioni del Re Carlo Felice. L'articolo è apparso in concomitanza dell'anniversario della morte del Sovrano sabaudo, 27 aprile 1831, nel sito dell'associazione "Croce Reale. Rinnovamento nella Tradizione" (m. j.).

 

Il 27 aprile 1831, 190 anni fa, spirava alle ore 2.45 pomeridiane nel Palazzo Reale di Torino, capitale del Regno di Sardegna, il sovrano Carlo Felice, 38° e ultimo principe di Casa Savoia in linea diretta.

Nato il 6 aprile 1765 dal futuro re Vittorio Amedeo III di Savoia e da Maria Antonia Ferdinanda di Borbone, figlia di Filippo V re di Spagna, il piccolo Carlo Felice venne insignito del titolo di duca del Genevese, preceduto nella linea di successione al trono dai fratelli maggiori Vittorio Amedeo, duca d’Aosta, e Maurizio Giuseppe Maria, duca del Monferrato. Dal 1785 visse con il fratello minore, Giuseppe Placido Benedetto, conte di Moriana, cui era molto legato, nel castello di Moncalieri, poi, dopo l’occupazione giacobina del Piemonte, si ritirò in Sardegna, dove tra il 1802 e il 1806 assunse la carica di Viceré. Nel 1807 si unì in matrimonio a Palermo con la cugina, Maria Cristina di Borbone Napoli, mite e dolce di carattere, che però non gli diede figli.

 

Dalle pagine del suo diario, che tenne con regolarità dal 1785, l’anno in cui perse la madre, fino al 1813, traspare, come ci si può naturalmente aspettare, la sua profonda avversione verso le idee ispiratrici della Rivoluzione Francese, di cui cominciò ad avere esperienza dalle testimonianze degli “emigrés”, nobili transalpini fuggitivi accolti nel Piemonte ancora libero, come quel Carlo, conte di Artois, che sarebbe poi divenuto re di Francia e di Navarra dal 1824 come Carlo X di Borbone. Carlo Felice ne annota brevemente l’arrivo a Torino, il 14 settembre 1789: “Discese da carrozza sveltamente e si presentò con disinvoltura tutta francese, non si sarebbe pensato trattarsi di un disgraziato che fuggiva da coloro che volevano ucciderlo”.

 

Carlo Felice salì al trono di Sardegna nel 1821 all’età di 56 anni, a seguito dell’abdicazione di Vittorio Emanuele I, che, trovandosi il fratello a Modena, affidava provvisoriamente la reggenza al giovane principe di Carignano, Carlo Alberto, il quale in un primo momento oppose un rifiuto, ma poi venne convinto ad accettare dai suoi consiglieri, costretto a districarsi nei complessi e torbidi avvenimenti politici di quell’anno.

 

Non preparato all’ascesa al trono (definì l’abdicazione del fratello come atto di “violenza abominevole” e continuò in ogni occasione a trattare Vittorio Emanuele con gli onori dovuti a un vero sovrano) e mosso dal profondo convincimento che la monarchia avesse origine divina e traesse forza legittimante dalla continuità con la Tradizione, Carlo Felice descrive così l’esordio della sua esperienza come monarca “All’inizio del mio regno tutto era un mistero per me. Non sapevo né cosa scrivere né cosa rispondere. Allora facevo il segno della croce e mi raccomandavo alla Santissima Trinità e Dio ha voluto che le mie decisioni non fossero indegne di un principe cristiano”.  

 

 

Tornato in Piemonte nell’ottobre 1821, fissò la propria residenza nell’amato castello di Govone, sulle colline albesi della sinistra Tanaro (oggi chiamate Roero), ma trascorse anche lunghi periodi nel castello canavesano di Agliè.

 

Molto devoto e fedele alla Tradizione, gli venne tributato l’appellativo di “Carolus Felix Rex Theatrorum” in omaggio alla sua grande passione per le rappresentazioni teatrali, di cui rimane testimonianza a Genova, annessa al Regno di Sardegna nel 1815, nell’intitolazione del teatro principale cittadino proprio a Carlo Felice. Numerose furono le riforme economiche, militari e giudiziarie realizzate nei dieci anni del suo regno, volutamente trascurate dalla storiografia di parte, condizionata dall’odio della fazione liberale e anti-clericale, che aveva coniato per lui l’appellativo dispregiativo di “Carlo Feroce”.   

 

Tra le varie iniziative, anche in ambito culturale, ricordiamo l’acquisizione nel 1824 della collezione Drovetti, la “Drovettiana”, nucleo fondamentale del Museo Egizio, l’istituzione nel 1827 della Cassa di Risparmio di Torino, la fondazione nel 1828 della Società Reale Mutua di Assicurazioni di Torino (in origine “Società Reale Assicurazione Generale e Mutua Contro gli Incendi”).

 

Carlo Felice, con decisione densa di richiami simbolici e ideali, venne sepolto per sua precisa volontà testamentaria non a Superga, bensì nell’amata Savoia, terra d’antica origine della dinastia, e i suoi resti riposano oggi nel sepolcreto dinastico della Reale Abbazia di Hautecombe (Altacomba), che, ridotta a rovina dai saccheggi e dalle spoliazioni del periodo giacobino, era stata fatta restaurare proprio per volere del re, che aveva riacquistato il sito nel 1824 affidando il cantiere all’architetto Ernesto Melano.

 

Monsignor Claude-François de Thiollaz, vescovo di Annecy, accogliendo la salma del sovrano defunto ad Altacomba, pronunciò parole che oggi, essendo consapevoli di quanto accaduto in seguito all’ascesa al potere del ramo cadetto dei Savoia-Carignano, appaiono realmente profetiche: “Messieurs, nous enterrons en ce jour la Monarchie” – Signori, noi in questo giorno sotterriamo la Monarchia – intendendo la monarchia cattolica di Savoia!

Del re Carlo Felice di Savoia ricordiamo infine il lusinghiero giudizio che diede il principe di Metternich, tra i protagonisti della Restaurazione: “è un principe degno di ogni elogio, ha dimostrato tutto ciò che possono una forte volontà e un grande senno”.

Paolo Barosso

Costituito a Roma il 30 maggio 2005 per volontà di un una compagnia di persone dall’ alto profilo morale ed intellettuale, “Rinnovamento nella Tradizione – Croce Reale” è un movimento culturale identitario, di cultura, valori, tradizioni e monarchia.

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Articolo pubblicato il 05/05/2021