Riforma fiscale

Architrave della politica di bilancio

Una estesa parte della allocuzione di Draghi in Parlamento per ottenere la fiducia ha riguardato la riforma del nostro sistema fiscale, che “segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l'architrave della politica di bilancio”. È una riforma necessaria, già prevista, dalla Legge di Bilancio 2021: abbiamo infatti alle spalle norme non coordinate quali quelle, ad esempio, sul regime forfettario o sulla cedolare secca, che si sono spesso sovrapposte, quando non contrapposte.

Draghi ha dichiarato che per la complessità del sistema tributario non si possono cambiare le tasse una alla volta perché queste si legano l’una all’altra. Ha aggiunto, che una azione complessiva di riforma è pure mezzo idoneo di contrasto e di contenimento delle pressioni di singoli gruppi, portatori di interessi soltanto loro propri: anche questa è somma verità.

L’IRPEF necessita di una “revisione profonda”, egli ha detto, “con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività”. Possibile, quindi, l’addio a tante delle pretese semplificazioni del passato, che spesso hanno complicato le cose semplici, alle numerosissime deduzioni e detrazioni non armonizzate, a sistemi forfettari di tassazione, a flat tax, a cedolare secca, a tutte le altre norme che non preservano adeguatamente la progressività. Probabile, invece, una nuova scrittura di aliquote e di scaglioni dell’IRPEF, per una più oggettiva modulazione graduale dell’imposta. Riteniamo comunque che, in questa materia, non potranno essere ignorate dal nuovo Premier le considerazioni della Commissione UE, le quali privilegiano la tassazione indiretta: la riforma dell’IRPEF andrà, dunque, armonizzata con le norme IVA, anche perché i traffici transfrontalieri in qualche modo le sottraggono alla competenza esclusiva di un singolo Stato.

Nello stile conciso, che conosciamo dal suo passato di alti ed altri incarichi, Draghi ha palesato il programma delle tante cose da fare, anche in materia fiscale. Dopo la riforma Vanoni del 1951, egli ha ricordato, fu una Commissione di esperti che, all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, ebbe l’incarico governativo di ridisegnare il nostro sistema tributario, il quale ormai non regge più per la evoluzione dei tempi. È stata una Commissione di esperti della materia, ha aggiunto, nominata nel 2008, che in Danimarca ne ha modificato positivamente la fiscalità. Questo danese viene citato da lui non come modello da imitare, ma come metodo da adottare.

C’è da aspettarsi pertanto che ancora una volta Draghi farà “whatever it take”: tre parole sue, ormai su Google con circa un milione di risultati. Qualche politico, però, dovrà rassegnarsi al fatto che forse poche saranno le cose da fare, cui potrà partecipare. In materia fiscale, infatti, occorre sapere cosa succede quando si cambia una imposta. Questo lo sanno bene solo coloro che con quella materia, e di quella materia, ci vivono ogni giorno; che di essa, quindi, hanno esperienza diretta e dimestichezza quotidiana, metabolizzata nella forzata convivenza con le risultanze pratiche talvolta perfino aberranti, certo non volute, ma comunque generatesi, di norme scritte con una certa saccenza, che ha messo poi in evidenza tanta manifesta insipienza.

La riforma del fisco di Draghi, potrebbe dunque non essere un fiasco. Si vales, vàleo.

armeno.nardini@bno.eu

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Articolo pubblicato il 04/05/2021