Il Pilone della Morta di Pinerolo (Torino)

Di Ezio Marinoni

Si tratta solo di una leggenda medievale o vi è un fondo di verità storica?

Sulla via Costagrande, che dal monte Pepino – di fronte all’altura su cui eleva la Basilica di San Maurizio – conduce a San Pietro Val Lemina, sorge una piccola cappella conosciuta con il nome di Pilone della Donna Morta (o Pilone della Morta).

È una vicenda poco conosciuta, nonostante sia stata tramandata per secoli dai racconti orali dei contadini del luogo, e venga riportata da più di un cronista (Maria Savi Lopez, Filippo Seves, Diego Priolo e Gian Vittorio Avondo) oltre da storici pinerolesi (Alberto Pittavino e Ugo Marino, Cirillo Massi e Albino Caffaro); è stata perfino cantata nei versi dei compositori locali Niccolò Sacconi e Angelica Palli, che hanno ideato una rappresentazione teatrale nel 1875.

Due circostanze particolari contraddistinguono il sito del Pilone: la sua condizione di antico luogo leggendario, la cui storia risale al Duecento, e la sua successiva appartenenza alle fortificazioni francesi approntate in Pinerolo nella seconda metà del Seicento dagli ingegneri militari Antoine De Ville e Sébastien Le Prestre, Marchese di Vauban.

L’edificio votivo, inizialmente segnato da una semplice croce mortuaria, diviene nel corso del Trecento una edicola commemorativa; si trasforma infine, all’inizio del Settecento, nella attuale cappella di Santa Brigida, restaurata nel 1891 (e poi lasciata ad una progressiva e colpevole incuria).

Vi sono due versioni di questo antico fatto.

La prima leggenda narra la tragica e casuale morte di una giovane che, per una scommessa fatta con le amiche durante una delle loro adunanze serali per filare la seta, decide di recarsi in quel luogo dove i racconti degli antenati segnalavano la presenza di fate e “masche”; la ragazza intendeva dimostrare la falsità di quelle credenze, da lei considerante soltanto superstizioni, retaggio di anziani creduloni ed ignoranti.

Per dare più credibilità al suo coraggioso gesto, la ragazza si impegna a piantare, sotto l’albero di castagno che si riteneva il luogo di svolgimento dei sabba delle masche, il proprio fuso da tessitura.

Avviene così che, in piena notte e nel buio più fitto, la giovane si reca sul posto e conficca l’asta del roccolo nel terreno; quando cerca di tornare a casa si sente trattenere per le vesti da qualcosa che non riesce a vedere (in realtà era il fuso stesso, conficcatosi nella sua gonna); per lo spavento la ragazza muore e viene ritrovata dalle sue amiche la mattina seguente.

La popolazione decide di ricordare l’episodio erigendo una edicola commemorativa, che fino ai restauri di fine Ottocento riportava un affresco con una giovane che pianta un roccolo, sostituito in seguito da una effigie sacra.

La presenza della cappella è ricordata nei documenti pinerolesi dal 1346 come edificio innalzato “in plano femine morte”.

 

Un’altra credenza popolare colloca l’avvenimento al 1402, quando Pinerolo è capitale del Principato di Acaja, sotto il governo di Giacomo d’Acaja; la sua terza moglie, Margherita di Beaujeu, si suicida proprio là dove oggi si trova il pilone, dopo avere vagato in preda alla disperazione alla ricerca dell’anima del figlio.

Questa seconda versione ha cercato di dare un inquadramento storico all’anonima Donna Morta, trasferendola nella figura di una nobildonna che, traumatizzata dall’improvviso decesso del primogenito Filippo (avvenuto ad Avigliana in circostanze misteriose nel 1368), viene a conoscenza di alcune apparizioni di fantasmi a Costagrande. Margherita si convince che possa essere l’infelice anima dell’amato figlio deceduto, in cerca di pace; allorquando non riesce a trovare le sue tracce, si decide al gesto estremo.

Questo secondo episodio, con i relativi tentativi di storicizzazione, ci riporta ad un’altra più reale circostanza: ci troviamo sul sito dove sorgeva una delle tre costruzioni di sosta (Casamatte o Ridotti) che intervallavano la lunga strada difensiva che collegava la Cittadella di Pinerolo al Forte di Santa Brigida, durante la seconda dominazione francese (1630-1696, all’epoca del Re Sole).

A questo periodo si deve l’esecuzione della scarpata protettiva che univa le bastionature cittadine al colle, consentendo alle truppe di spostarsi più facilmente.

Sebbene tale opera difensiva fosse già stata preparata (fra il 1680 e il 1682) da Louis Lapara De Fieux, soltanto in un secondo tempo la strada riceve la sua più poderosa sistemazione, con l’intervento del Generale Nicolas Catinat, il quale la fa ripristinare un decennio dopo – tra il 1692 ed il 1693 – affidandone l’incarico al comandante della cittadella di Pinerolo, il colonnello dei Dragoni René De Froulay Conte di Tessé.

Questa costruzione militare viene demolita appena tre anni dopo la sua esecuzione, nel 1696, con tutte le fortificazioni pinerolesi per volontà del Duca di Savoia.

Si può ritrovare una descrizione testimoniale nel racconto scritto nel 1883 da Edmondo De Amicis, nel suo libro “Alle Porte d’Italia”.

Vi leggiamo il colloquio avuto dallo scrittore con il comandante Emile De Beaulieu, “discendente in diretta linea di quel valoroso” generale francese “che aveva governato e difeso il forte di Santa Brigida durante l’assedio famoso di Pinerolo del 1693”.

L’ufficiale non solo riscontra, nella distesa piana pinerolese visibile dall’alto del poggio di San Maurizio, quello “stupendo scacchiere” bellico che è stato testimone di una battaglia memorabile che ha segnato la sconfitta del Re Sole; egli riesce anche a riconoscere, in lontananza e tra le piante (cercando le possibili tracce “dei ridotti in terra che il Tessé […] aveva fatti costruire per legar la cittadella al forte”: “tre ridotti, scaglionati lungo la china del monte” da cui “doveva passar la strada sotterranea” (chiamata così in gergo militare, in realtà era soltanto scavata in trincea e scoperta – “lunga almeno un miglio di Piemonte”) il luogo della casamatta del camminamento protetto vaubaniano, proprio nei pressi della piccola edicola della Femmina Morta, oltre un “piccolo gruppo di case dove rimangon gli avanzi d’un pilone sul quale era anticamente raffigurata una donna, morta là una notte per terrore degli spiriti”.

Una giovane popolana morta su un colle, fra sabba di streghe e la sofferenza di una nobildonna…

A poca distanza, sul colle omonimo, la Basilica di San Maurizio (nome caro ai Savoia), ospita le tombe nel tempo di transizione dagli ultimi Acaja ai Savoia che stavano creando il loro Stato, che avrà in Pinerolo una piazzaforte fondamentale a difesa dalla vicina e potente Francia).

E infine De Amicis, con la sua soave prosa fra romanzo e giornalismo, parte dal resoconto per tornare alle origini di un mito locale.

Come in un cerchio perfetto, a Pinerolo tutto va al suo posto!

@Ezio Marinoni

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Articolo pubblicato il 14/05/2021