
un amore difficile... un amore?
Che Dante non fosse particolarmente amato da Santa Romana Chiesa è un dato di fatto.
Quando scrisse il De Monarchia, un testo politico che sottolineava l’importanza di suddividere equamente i ruoli di potere tra Chiesa e Stato, venne tacciato di grave eresia e il testo messo all’indice e bruciato sulle pubbliche piazze.
La teoria del Sole e della Luna, formulata da Innocenzo III, sosteneva che la Chiesa, il Sole, possedeva entrambi i poteri, temporale e spirituale, e come il nostro astro illuminava ogni pianeta, compresa la Luna che rappresentava l’Impero. Il potere temporale era assoggettato a quello spirituale e non poteva che essere illuminato dal Sole ed emettere solo una debole luce riflessa.
Dante pone ben quattro papi all’Inferno: Nicola III, Celestino V, Bonifacio VIII e Clemente V. Altri tre papi dovettero passare attraverso le sofferenze del Purgatorio: Clemente IV, Adriano V e Martino IV.
Risulta quindi assai singolare che nessun Vicario di Cristo risulti essere collocato in Paradiso… il fatto potrebbe quasi sembrare un preciso messaggio…
Dal canto suo la Chiesa non sembrava affatto felice di farsi sbeffeggiare da un Guelfo Bianco come Dante, più vicino all’imperatore di tanti Ghibellini.
Dante venne mandato in esilio da una condanna comminata dal Priore di Firenze, Messer Cante dei Gabrielli da Gubbio, che lo denunciò per frode, baratteria, illeciti lucri, frode, falsità. Dolo, malizia, grave estorsione… venne multato di 5.000 fiorini con la clausola che se non li avesse pagati entro tre giorni tutti i suoi beni sarebbero stati confiscati, devastati e distrutti.
Tale condanna è custodita presso l’archivio di Stato di Firenze.
Sembra fuori di dubbio che dietro tale decisione vi fosse la mano di Bonifacio VIII
Dobbiamo attendere ben 600 anni per assistere ad una revisione della condanna, un regalo di papa Benedetto XV, che, in occasione della celebrazione dell’anniversario della sua morte, promulgò l’Enciclica “In Preclara Summorum” nella quale affermò l’intima unione di Dante con la Chiesa di Roma.
Un altro elemento che troppo spesso viene dimenticato è che una versione completa della Divina Commedia, non censurata dalla chiesa, fu pubblicata solo nel 1881.
Dante faceva paura e questo lo intuirono in molti.
Tra coloro che proposero un “Dante alternativo” troviamo molti intellettuali di appartenenza massonica: Rossetti, Pascoli, Guenon, Reghini e altri… tutti studiosi che si produssero in opere di rilievo che ponevano in evidenza alcune libere interpretazioni del pensiero del Poeta; libere dalle limacciose pastoie dei dogmi, libere di esprimere ciò che Dante voleva realmente raccontarci e che aveva velato con un sottile tessuto che impediva di comprendere a coloro che non avrebbero dovuto comprendere.
Un Dante nuovo, forse eretico, probabilmente cataro, averroista, sicuramente gnostico. Un Poeta che si considerava anche cattolico ma che desiderava essere inteso come la voce scomoda di un Cattolicesimo di natura gnostica.
Dante sceglie come guide per il suo viaggio un pagano (Virgilio), una donna assolutamente normale (Beatrice) e San Bernardo di Chiaravalle, il fondatore della Regola dei Templari.
Avrebbe sicuramente potuto operare delle scelte differenti… avrebbe potuto scegliere un Padre della Chiesa, una Santa e un Santo Apostolo…
Invece crea una squadra di guide quanto meno sorprendente… che ancora oggi lasciano molti studiosi fortemente perplessi.
Se poi ci impegnassimo a trovare delle spiegazioni alle sue improbabili scelte, potremmo rilevare che Virgilio, il sommo Poeta amato da Dante, descrisse nell’Eneide una discesa agli inferi di Enea e il suo ingresso nei Campi Elisi dove incontra il padre Anchise. Anchise si produsse in una dettagliata spiegazione della legge della Reincarnazione. Nel sesto libro dell’Eneide udiamo la voce di Anchise che ci racconta: “Son anime a cui sarà dato il corpo a tempo debito. Frattanto dimorano sulla riva del Lete e bevono l’oblio delle loro vite precedenti”.
Quindi la prima guida di Dante è un pagano che crede nella Reincarnazione… Dante stesso, avendo abbracciato la religione dei Catari… con ogni probabilità ci credeva anche lui…
Beatrice, da alcuni definita una buona figliuola, sposata De Bardi e morta di parto a 24 anni, non spirò ovviamente vergine, non fece miracoli e neppure azioni particolarmente virtuose che potessero giustificarne la presenza nella Rosa dei Beati.
Eppure Beatrice… assurge, senza possedere alcuna qualità che lo potesse giustificare, al ruolo di Santa. L’Unico serio motivo che potrebbe spiegare l’improbabile scelta del Poeta è quello proposta dai tanti studiosi, cui facemmo cenno in precedenza: non si tratta del personaggio storico, la nota Beatrice Portinari, che ha ispirato Dante, bensì della rappresentazione simbolica della Santa Sophia degli Gnostici.
Infine San Bernardo di Chiaravalle raccoglie il testimone nel XXXI Canto del Paradiso, conducendo Dante proprio là dove un buon cattolico non potrebbe mai pensare di giungere da vivo… ovvero al cospetto di Dio.
Si tratta di una grave eresia che ci avvicina molto al viaggio di Maometto, descritto dalla cultura islamica, al termine del quale il Profeta vede Dio.
Eresie dantesche come quella averroistica, catara, gnostica, delle quali parleremo in seguito, non possono che spiegare una viscerale diffidenza storica verso il Poeta da parte della Chiesa, diffidenza addolcita da un gesto di singolare riavvicinamento… che lascia ancora oggi molto perplessi gli studiosi.
Ciliegina sulla torta?... il notissimo verso "Papé Satan, papé Satan aleppe..." declamato dal demone Pluto all'inizio del VII canto dell'Inferno, significherebbe, secondo molti studiosi, Papa Satana, Papa Satana... primo tra tutti i demoni! Il termine "Aleppe" deriverebbe, infatti, dalla lingua ebraica, dove l'Aleph rappresenta la prima lettera dell'alfabeto e, di conseguenza, il concetto di Primo. Bonifacio VIII non rappresentava certo per Dante un esempio di cristiana virtù, quindi non mi stupisco più di tanto che questo papa possa aver scatenato la feroce ironia del Sommo Poeta.
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Articolo pubblicato il 15/05/2021