Covid, viaggi e quarantena: cosa cambia da oggi

In attesa del Green Pass che non risolve di certo i dubbi di costituzionalità

Da oggi, 16 maggio è in vigore un’ordinanza firmata dal ministro della Salute, Roberto Speranza, che prevede "l’ingresso dai Paesi dell’Unione Europea e dell’area Schengen, oltre che da Gran Bretagna e Israele, con tampone negativo, senza obbligo di quarantena", comunica il ministero. "Resta, dunque, l'obbligo di esibire all'arrivo un tampone molecolare o antigenico con esito negativo, effettuato nelle 48 ore che precedono l'arrivo in Italia.

Con la stessa ordinanza sono state prorogate le misure restrittive nei confronti del Brasile e con un'altra ordinanza, il ministro della Salute "ha esteso la sperimentazione dei voli Covid tested, già in funzione negli aeroporti di Roma e Milano, anche agli scali di Venezia e di Napoli. Nei voli Covid tested i passeggeri sono sottoposti a un test molecolare o antigenico prima della partenza e all'arrivo a destinazione e, se l'esito è negativo, sono autorizzati all'ingresso e al transito nel territorio nazionale senza necessità di rispettare gli obblighi di sorveglianza sanitaria e di isolamento fiduciario. Finora i voli Covid tested coprivano solo la tratta fra gli Stati Uniti e l'Italia ma, nella nuova ordinanza, sono stati aggiunti come Paesi di provenienza anche il Canada, il Giappone e gli Emirati Arabi". Le ordinanze sono vigenti dal 16 maggio 2021 fino al 30 luglio 2021.

Notizia accolta positivamente dagli operatori turistici, anche se siamo ben lontani dall’esercizio naturale della libera circolazione delle persone. Si affaccia, quale rimedio a tamponi e limitazioni il  Digital Green Certificate, valido in tutta l’Unione Europea e teoricamente operativo dal prossimo 1 Giugno. L’attuazione pratica del Certificato Verde dipenderà dai negoziati tra Parlamento Europeo e Consiglio, ma l’obiettivo è di concluderli e di avere il Regolamento in vigore entro fine Giugno. A quel punto, una volta adottato il regolamento, il cd. Green Pass non sarà un optional, bensì un diritto - onere di ogni cittadino europeo, codificato con Legge. Per entrare nel merito degli interrogativi che anche un singolo documento potrebbe comportare, al cittadino europeo, arriva la pulce nell’orecchio insita in questa dichiarazione: “Assistiamo a un chiaro e preoccupante arretramento della democrazia". Afferma Marija Pejcinovic Buric, segretario generale del Consiglio d'Europa, nel suo rapporto annuale sullo stato della democrazia, dei diritti umani e lo stato di diritto nei paesi membri dell'organizzazione paneuropea.

“Spesso questo processo era già in atto prima della pandemia, ma non c'è dubbio che le azioni legittime che gli Stati hanno adottato per rispondere al Covid-19 hanno aggravato questa tendenza", dice il segretario generale. “Questo è estremamente preoccupante, perché la democrazia è essenziale affinché tutti vivano in libertà, dignità e sicurezza, ed è un supporto essenziale per garantire il rispetto dei diritti e dello stato di diritto", aggiunge il segretario generale. “Gli Stati membri ora devono scegliere se vogliono continuare a permettere o facilitare questo arretramento della democrazia oppure se vogliono lavorare assieme per invertire la rotta, rinforzando e rinnovando la democrazia europea, e creare le condizioni affinché i diritti umani e lo stato di diritto possano prosperare", conclude Pejcinovic Buric.

Entrando nel merito, da Giugno, quali garanzie e tutele otterrà il cittadino? Il Garante per la protezione dei dati personali italiano, dallo scorso Marzo, sta richiedendo una legge per disciplinare gli aspetti della protezione dei dati personali del Pass. Ma  questa legge, al momento, non è ancor approvata .

In merito al Pass europeo, con la Comunicazione del 1 Marzo 2021, il Garante ha preliminarmente richiamato l’attenzione dei decisori pubblici (nonché degli operatori privati) sull’obbligo di rispettare la disciplina in materia di dati personali: «I dati relativi allo stato vaccinale (…) sono dati particolarmente delicati e un loro trattamento non corretto può determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali delle persone: conseguenza che, nel caso di specie, possono tradursi in discriminazioni, violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali». Pertanto, ha ritenuto che il trattamento dei dati relativi allo stato vaccinale di un soggetto, ai fini dell’accesso a determinati luoghi o per il godimento di alcuni servizi, «debba esser oggetto di una norma di legge nazionale, conforme ai principi in materia di protezione dei dati personali (in particolare, quelli della proporzionalità, limitazione delle finalità e di minimizzazione dei dati), in modo da realizzare un equo bilanciamento tra l’interesse pubblico che si intende perseguire e l’interesse individuale alla riservatezza».

La Vice Presidente del Garante, in pari data, è intervenuta nel dibattito menzionando la Risoluzione del Consiglio d’Europa del 27 Gennaio scorso, la quale ha messo in guardia da forme di discriminazione verso coloro che intendono non vaccinarsi, nel pieno esercizio della loro libertà di autodeterminazione. E ha sottolineato come «non sono ammissibili forme alcune di discriminazioni, nel senso di limitazioni e compressione di diritti in danno di soggetti che non abbiano ancora potuto vaccinarsi o rinunzino alla copertura vaccinale».

Ciò anche alla luce dell’Articolo 32 della Costituzione, che vieta ogni forma di trattamento sanitario obbligatorio in assenza di un’espressa previsione di Legge. Ne discende, quindi, che la previsione di un pass sanitario recante informazioni sulla sottoposizione «al vaccino – al fine di consentire – l’accesso, riservato o privilegiato, in determinati luoghi (aeroporti, alberghi, cinema, ristoranti ecc.) e la fruizione di determinati servizi incidenti sulle libertà costituzionalmente garantite (…) introdurrebbe, direttamente, un trattamento discriminatorio o sanzionatorio per i non vaccinati e, in forma surrettizia, l’obbligo del vaccino».

Se poi i pass dovessero diventare realtà (e il Digital Green Certificate lo è quasi) «un tale obbligo, con le correlate “sanzioni”, non potrebbe che essere il frutto di una chiara scelta legislativa statuale (…) e non certo quello dell’iniziativa estemporanea, pur animata dalle migliori intenzioni, di singole istituzioni. In merito al Pass italiano, ancora non si ha una presa di posizione ufficiale del Garante, ma – informalmente – è stato reso noto che esso presenta almeno tre nodi critici.

Il primo riguarda la filiera dei soggetti coinvolti: servono gestori di servizi che devono avere una copertura normativa. Una cosa è avere il fornitore dei servizi informatici esterno all’Italia, altra cosa è invece un provider Italiano. Nel primo caso ci può essere un problema di trasferimento dei dati all’estero, nel secondo caso no.

Il secondo è quello della sicurezza. Uno degli aspetti più importanti – se non fondamentale – è quanto sicura sia l’infrastruttura del sistema che viene costruito per gestire e proteggere dal rischio, proveniente da terzi malintenzionati, possono metter le mani su un patrimonio informativo di inestimabile valore. Perché in quei dati c’è una fotografia sanitaria di milioni e milioni di persone.

Il terzo è quello della possibile contraffazione del certificato (e quindi del falso), che sul nostro fronte della privacy si chiama tecnicamente esattezza del dato. Il rischio è che un cittadino possa ottenere il Pass Verde senza averne diritto. Ma vieppiù: in caso di mancato aggiornamento del pass entro 48 ore – nel caso di via libera con tampone negativo – il grande rischio è che una persona possa circolare con un tampone negativo effettuato magari diversi giorni prima. Questo non corrisponderebbe al vero, non farebbe bloccare il pass e potrebbe creare problemi sanitari.

Il Garante ha rimarcato, infine, che le gravi criticità rilevate si sarebbero potute risolvere preventivamente e in tempi rapidissimi se, come previsto dalla normativa comunitaria ed italiana, i soggetti coinvolti nella definizione del decreto legge avessero avviato la necessaria interlocuzione con l’Autorità, richiedendo il previsto parere, senza rinviare a successivi approfondimenti. L’Autorità ha comunque offerto al Governo la propria collaborazione per affrontare e superare le criticità rilevate. Permangono comunque  ragioni di incostituzionalità dell’obbligo vaccinale e di sua incompatibilità con la tutela dei diritti fondamentali della persona.

L’obbligo vaccinale che l’articolo 4 d.l. n. 44/2021 si espone innanzi tutto a rilievi critici se confrontato con la Costituzione, con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. L’articolo 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (ex Nizza), infatti, nel tutelare il diritto all’integrità della persona, presuppone – quale requisito tassativamente condizionante, senza eccezioni di sorta, la legittimità dell’attività medica – il rispetto del consenso “libero e informato” dell’interessato.

A tale riguardo è bene rilevare che, in tanto il consenso dell’interessato ad un determinato trattamento medico-sanitario può ritenersi “libero”, in quanto il processo decisionale e la volontà dello stesso soggetto non siano in alcun modo condizionati o, peggio ancora, coartati da fattori esterni, più o meno indiretti, di coazione, anche solo psicologica (quale il timore di subire sanzioni o di vedere limitato o sospeso, in ipotesi di mancata volontaria adesione al trattamento, il diritto di esercitare la propria professione).

Va ancora rimarcato che la norma sopra citata non contempla alcuna eccezione al fondamentale diritto di libertà in essa statuito, a differenza di altre disposizioni della stessa Carta che, seppur riguardando sempre diritti fondamentali quali il diritto alla riservatezza e quello di proprietà, già in linea di principio prevedono la possibilità di eccezionali limitazioni imposte dalla Legge.  Ciò fa ritenere, in considerazione dell’importanza e della rilevanza del diritto in questione, più che doveroso e opportuno richiedere un approfondimento in sede giurisdizionale della conformità dell’obbligo vaccinale con il Diritto UE, da promuovere in sede di eventuale impugnazione del provvedimento accertativo dell’ASL e nella prospettiva che il Giudice italiano, qualora ravvisi un contrasto, debba procedere con la disapplicazione diretta della norma interna, anche se di rango legislativo (previa eventuale questione interpretativa da sollevarsi presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea).

Quanto alla Costituzione italiana e alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, anch’esse sanciscono in via generale il principio fondamentale dell’incoercibilità dei trattamenti sanitari, aggiungendo però la possibilità, in via del tutto eccezionale, di introdurre deroghe ad opera della legge. Dal canto suo la Corte costituzionale, nel corso degli anni, si è più volte pronunciata su presupposti, condizioni e limiti di legittimità dell’obbligo vaccinale, giungendo così a enucleare un complesso di principi giurisprudenziali così sintetizzabili:

  1. deve sussistere un sufficiente grado di certezza (ragionevolezza scientifica) che la vaccinazione sia efficace nel proteggere il ricevente;
  2. il trattamento deve dimostrarsi efficace al fine di tutelare la salute dei terzi, vale a dire al fine di impedire il contagio
  3.   allo stesso tempo, il trattamento non deve implicare alcun rischio di danno grave alla salute di chi vi è assoggettato, risultando accettabili in tal senso postumi solamente lievi e di breve durata; infine, debbono essere previsti sistemi di equo indennizzo per i casi del tutto residuali di lesioni apprezzabili .

Da più parti e da diverso tempo sono state sollevate critiche importanti, circostanziate e documentate sugli stessi presupposti epidemiologico-sanitari che dovrebbero giustificare l’intervento impositivo vaccinale del Governo.

In tal senso di recente è stata autorevolmente sollevata la problematica dello storico stravolgimento operativo delle reti di sorveglianza sanitaria nazionali e internazionali (OMS in primis, con la sua riorganizzazione incentrata su finanziamenti privati c.d. earmarket, e delle sue ricadute sull’attuale quadro epidemico in termini di possibile errata governance del connesso rischio epidemiologico.

Allo stesso modo e sempre ai fini di una valutazione dei presupposti di necessità dell’obbligo vaccinale, da molto tempo sono emerse autorevoli e non sparute voci, tra i medici e gli scienziati (oltre che tra filosofi, statistici, giuristi e altri accademici) che hanno espresso seri dubbi sulle politiche sanitarie di gestione dell’epidemia incentrare su un isolamento generalizzato (i.e. lockdown), sui tamponi, sulle quarantene e su un’organizzazione ospedale-centrica delle cure, le quali non solo non risulterebbero, secondo queste tesi, le uniche soluzioni attuabili, ma addirittura presenterebbero effetti controproducenti dal punta di vista sanitario, oltre che essere economicamente e socialmente dannose. Si registra, peraltro, che le fila di tali critici sembrano aumentare in funzione del protrarsi indefinito di politiche meramente emergenziali, per loro natura discutibili se applicate nel lungo periodo.

Emergerebbero, inoltre, distinte posizioni scientifiche che sembrerebbero documentare il buon riscontro delle cure domiciliari e terapie precoci adottate per i propri pazienti affetti da SARS-CoV-2, con risultati che hanno indotto alcuni medici a elaborare protocolli di cura distinti e appropriati, nell’esercizio dei fondamentali canoni di autonomia e indipendenza della deontologia medica  Posizioni analoghe, suscitate in occasione della contestazione di alcune linee guida ministeriali basate sulla “vigile attesa” e sulla somministrazione di paracetamolo, hanno portato i critici degli indirizzi terapeutici stabiliti dalle autorità nazionali a dar corso a vere e proprie controversie giurisdizionali che, a loro volta, hanno sortito alcuni, primi, riscontri positivi da parte del giudice amministrativo.

Sul punto valga richiamare Cons. di Stato, III, 11.12.2020, n. 7097 (ord.), che ha sospeso l’efficacia della nota del 22.07.2020 di AIFA con riferimento alla scheda dell’idrossiclorochina, consentendone la prescrizione, sotto precisa responsabilità e dietro stretto controllo del medico, ai pazienti affetti da SARS-CoV-2 nella fase iniziale della malattia.

La materia è vastissima con risvolti clinici, giuridici, sociali ed etici di peso. Sarebbe opportuno che le autorità preposte, intervenissero con ragione di causa e senza lascar margini di incertezza.

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Articolo pubblicato il 16/05/2021