Enrico Letta e la tassa di successione. Priorità della Nazione o interesse politico?

Nuove, vecchie idee mai pensionate affliggono gli italiani. La tassa di successione; un balzello che andrebbe abolito, invece…

La storia ampiamente promiscua del nostro Parlamento non aveva mai presentato un esecutivo “di grande coalizione” così eterogeneo. Il risultato si è materializzato in continue, irritanti dispute tra opposti partiti e all’interno di alcuni partiti stessi, soprattutto a sinistra.

Perciò, a proposito della recente proposta di Enrico Letta sulla tassa di successione (da applicarsi ai possidenti più abbienti): “quindi possono permettersela…” sono possibili un paio di scenari.

Se la proposta del segretario dem aveva come scopo quello di ricompattare la sinistra intorno a un seppur ventilato, vecchio concetto comunista che individua “La proprietà come un furto”, allora Enrico Letta ha centrato il bersaglio.

Se invece l’intenzione era quella di condizionare l’agenda economica del governo, allora l'ex presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, nonché segretario del PD, si è dovuto confrontare con un sommesso ma inequivocabile «no» del premier Mario Draghi, impegnato in un'auspicata semplificazione delle farraginose regole sulle quali inciampa ogni proposta di rilancio dell’antica produttività italica, il quale ha risposto: “non è il momento di tassare…,

Il progetto avanzato da Letta tratta di un “tesoretto” da € 10.000 indirizzato ai percorsi scolastici e culturali dei diciottenni selezionati tra le classi sociali meno abbienti. Un contributo ricavato dall’aumento delle tasse di successione dei più “ricchi”.

Dunque è un disegno che si aggiunge agli altri punti salienti proposti dalla sua politica (i diritti civili, lo ius soli, la questione migranti). Programmi intorno ai quali, molto presto si potrebbe verificare uno scontro quasi inevitabile e la definitiva resa dei conti tra l’ala sinistra e quella a destra dell’esecutivo.

Fino a questo punto è cronaca del presente sviluppata verso l’avvenire, ma se questi sono gli impegni prioritari destinati a un restauro della nostra bersagliata e screpolata Italia, vittima: degli eventi pandemici; di un sindacato da reinventare; della burocrazia; della pessima gestione politica; della globalizzazione; di oscuri disegni lobbistici ormai dichiarati & interessati alle restanti briciole economiche del Bel Paese, allora mi astengo con fatica da ogni opinione personale, lasciandomi fuggire soltanto un classico, breve, indispettito: “che Dio ce la mandi buona", perché troppo di più importante nel frattempo attende e langue.

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Articolo pubblicato il 22/05/2021