Torino. Quando anche la TV pubblica…..

Amare considerazioni di un telespettatore non sprovveduto

Nell’attuale contesto pandemico, il bombardamento dei media – quella che viene definito infodemia - ha generato un curioso meccanismo di cui sono oramai avvertiti tutti, gestori e fruitori del medium: confusione, anziché informazione. E ciò vale anche per mamma Rai, che per decenni ha avuto il “monopolio” della verità popolare. Alzi la mano chi non ha sentito la frase in odore di sentenza (senza appello) - “l’ha detto la televisione!”, l’ha detto la Rai!” - con la quale qualunque notizia diventava vera?

 

Ma negli ultimi tempi sotto la Mole si registra anche un altro fenomeno, tutt’altro che curioso, che desta allarme non soltanto tra gli addetti ai lavori: a governare il potente Tg del Piemonte in via Verdi c’è un caporedattore “sfiduciato” e contro il quale, venerdì scorso, i giornalisti hanno effettuato lo sciopero delle firme. Il suo nome è Tarcisio Mazzeo. Un nome, ma non propriamente una garanzia, se al voto recente ben 22 colleghi gli hanno bocciato il piano editoriale, mentre 6 hanno evitato di pronunciarsi, astenendosi e due hanno preferito agnosticamente infilare scheda bianca nell’urna.

 

A Mazzeo non è rimasto che il sostegno di 10 “fedelissimi” in parte sfilatisi all’ultima assemblea di redazione, promossa dal Cdr (Comitato di redazione) che ha dichiarato “lo stato di agitazione”. Iniziativa inevitabile che suona come una presa di distanza dalla sordità di chi dovrebbe prendere provvedimenti, cioè la direzione composta dal direttore della Tgr Alessandro Casarin e dal suo fido condirettore Roberto Pacchetti, un vertice tutto a trazione partitica.

 

Il disagio in via Verdi è dettato anche da altre considerazioni, non ultima forse il senso di colpa per aver agito tardivamente alle prime avvisaglie del carattere di Mazzeo, autore di dure e rancorose sfuriate verbali, per usare un eufemismo (è la tesi, anche messa nero su bianco, dei giornalisti torinesi), non in linea con la pacatezza e il costume che si reclamano, anche nel rispetto del codice deontologico, da un dirigente che ha la responsabilità di circa 40 professionisti. Ma la politica del “divide et impera” funzione a qualunque latitudine…

 

Così come aveva inizialmente dato i suoi frutti a Genova, si ricorda ancora in via Verdi, dove Mazzeo (genovese) aveva iniziato la sua carriera di capo redattore (dal 2015 al 2017) fino al trasferimento a Torino. Ma, si sa, nemo propheta in patria. E la regola sarebbe valsa anche per Mazzeo, sottoposto a numerose contestazioni dai suoi colleghi per una gestione non proprio esente da pecche e contrassegnata da tanti, troppi, incidenti di percorso e litigi.

 

Dunque, un Mazzeo “recidivo” che avrebbe replicato il copione genovese anche a Torino.

All’epoca, ritorniamo a fine 2017, l’allora direttore della Tgr Vincenzo Morgante (oggi direttore del Tg di TV2000, la Tele dei vescovi) gli rinnovò comunque fiducia e lo dirottò – promoveatur ut amoveatur? - sulla prestigiosa sede torinese e su ignari giornalisti sabaudi ai quali i colleghi (altruisti…) della Lanterna si erano ben guardati dal disegnare l’identikit di chi si mettevano in casa. In fondo, non si fanno ponti d’oro al nemico che abbandona il campo di battaglia?

 

Nei tre anni e mezzo di permanenza a Torino, va riconosciuta tuttavia a Mazzeo una buona dose di coerenza: è rimasto un decisionista che non disdegna le maniere forti. Il suo stile è descritto spigoloso. C’è chi nel palazzo Rai lo definisce “Io sono leggenda” per le sue sonore “strigliate” agli “empi”  poco inclini a seguire alla lettera le sue raccomandazioni di “maître à penser” del giornalismo nazionale.

 

Uno stile autoritario, replicano all’opposto i suoi sempre più numerosi detrattori e anche alcuni membri del Cdr, poco inclini invece all’ironia, che non gli ha tuttavia impedito di godere i favori della direzione, nonostante le lettere di protesta e le ancora recentissime lamentele “vis-à-vis” di chi non è disposto a subire.

 

Redattori torinesi – è doveroso dirlo per completezza d’informazione - poco avvertiti della tempra dell’avversario e della madre di tutte le sue armi vincenti: la sua qualità d’incassatore a ogni forma di critica, riserva, contestazione, sfiducia. Una qualità che gli deriva dai suoi trascorsi di boxeur dilettante con cui ha stremato di racconti l’indifesa redazione. Un passato che, azzardiamo un’interpretazione freudiana, lo rimanda oniricamente sul quadrato tra le sedici corde, per colpa di quei sogni di gloria sfumati. Sogni che lui continua però a vellicare con foto dedicate ai suoi numerosi fans che lo ritraggono nelle classiche pose della noble art. Insomma, a Torino si è sperimentato, e non poteva che essere proprio in questa città, che come la nota marca di caffè, Mazzeo “più lo mandi giù e più si tira su”.

 

Ora, se questo è il fronte interno, quel che allarma il telespettatore è la conseguente ricaduta sulla dubbia obiettività dei messaggi che gli vengono propinati, ed in particolare l’iter che contempla, come pare, il transito delle notizie sui binari a scartamento ridotto, per non inimicarsi i padroni del vapore della politica piemontese. Al punto che, con sana ironia, il Tg di Mazzeo viene etichettato “TeleCirio”.

 

Cattiverie? Maldicenze? Esagerazioni? Dalla “sfiducia” e dalla minaccia di nuove agitazioni che si profilano in via Verdi, si direbbe il contrario. Anzi. I comportamenti Rai a Torino sono anche finiti in tribunale per i ricorsi presentati da alcuni giornalisti per demansionamento. E qui, si apre una finestra da brivido sui metodi di viale Mazzini.

 

Il 30 novembre dello scorso anno, infatti, una giornalista, che due giorni dopo si sarebbe presentata davanti al giudice del lavoro per la sua vertenza, ha ricevuto via email le motivazioni della sentenza che aveva visto soccombente un suo collega. Un gesto che la giornalista e gli stessi sindacati hanno stigmatizzato per gli elementi intimidatori contenuti in essere. Per la cronaca, il mese scorso la collega ha vinto la sua causa…

 

Episodi sempre più numerosi. Il che stride con quanto diffuso da Mazzeo su un social il 3 maggio in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa.

“Un pensiero ai giornalisti minacciati, calunniati, oltraggiati, assediati, braccati da mafiosi veri ma anche da mafiosi di cartone).

(Un pensiero ai giornalisti sedotti da mafiosi veri ma anche da mafiosi di cartone).

(Un pensiero a chi resiste).

(Un pensiero a chi pensa)

 

Parole. Intanto, l’avviso di sfratto rimane lettera morta. Per contrasto, nei corridoi di via Verdi sale il mormorio che descrive il caporedattore alla ricerca di sostegni politici romani e locali, e religiosi (è di dominio pubblico una sua recente telefonata alla Curia Arcivescovile di Torino. Morale. Essere sfiduciati dai redattori e non presentare le dimissioni che cosa significa? Non è forse un inganno ai danni dei telespettatori? E della stessa etica che presiede alla missione giornalistica? Dov’è l’Ordine dei Giornalisti e gli altri istituti a tutela dell’indipendenza dei giornalisti? Forse costoro sono ancora tappati in casa per timore del Covid? Oppure, chi tace, acconsente? Ah saperlo!

 

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Articolo pubblicato il 24/05/2021