Sì o no?

Un dilemma che ha in sé una impensabile risoluzione, apparentemente priva di buonsenso e di logica, ma estremamente efficace e precisa.

 

 

Parte sesta del quattordicesimo incontro dei dialoghi sul senso della vita tenutosi nel pomeriggio del giorno 20 dicembre 2013 presso la biblioteca di San Raffaele Cimena (To) sede dell’UNITRE locale.

 

 

Ho dovuto fare esperienza sulla mia pelle che alcune cose, che desideravo fortemente realizzare in un certo modo, si risolvevano sempre diversamente.

 

Tentare di mettere ordine e contemporaneamente soddisfare tutti era praticamente impossibile. Fino al momento in cui, non potendone più, ho cominciato a dire sì a tutti, indiscriminatamente.

 

E cosa ho scoperto?

 

Che benché l’agenda si fosse immediatamente riempita di impegni sovrapposti ed incompatibili, e mentre mi slambicavo il cervello per cercare una soluzione a tale ingarbugliata situazione, erano i fatti stessi a mettere ordine in modo che potessero starci solo quelli che dovevano e potevano starci. Incredibilmente uno telefonava per disdire un impegno, un altro per spostarlo, mentre un altro mi chiedeva un impegno laddove si era liberato uno spazio. Ho imparato la lezione, e sono più di venti anni che la cosa funziona. Ho scoperto che la realtà è molto più intelligente e organizzata di quello che penso e credo e quindi non devo essere io a cercare di organizzarla! Che liberazione! A me spetta solo occuparmi di quello che si può e si deve; così è perfino divertente ed istruttivo! Più nessuna guerra con nessuno! Più tempo disponibile e meno tensioni; che medicina!

 

IDP … questo l’ho provato sul lavoro e secondo me è il classico modo italiano di non risolvere i problemi … (idp = risate!) … perché se si pianificano le cose che ci stanno, rispettando tempi e capacità delle persone si arriva all’obiettivo …

 

… scusi se sorrido, … ma la lezione che ho imparato dalle mie ferite è un’altra: quelle che rimangono da fare davvero sono quelle che non ci piacerebbe fare ma ci tocca fare; … solo quelle “sono da fare” veramente; da esse non c’è via di scampo né giustificazione possibile. Sono da fare e dobbiamo farle proprio noi e non un altro. Tutte le altre, quelle che non servono o possono farle altri seguono un altro percorso, allontanandosi da noi, ma quelle che dobbiamo fare proprio noi rimangono cosi attaccate a noi che se non le risolviamo finiscono per opprimerci e soffocarci. Queste, anche se nessuno ci chiede di occuparcene, richiedono perentoriamente la nostra partecipazione secondo i loro tempi e modi, che ci piaccia o no.  E occuparcene è molto più semplice, e meno dispendioso energeticamente, che tentare un compromesso di qualsiasi tipo. Come farci passare la sete bevendo un bicchiere di acqua piuttosto di escogitare in che modo farcela passare diversamente.

 

Paradossalmente, cercando di agire in modo sempre più efficiente ci avviciniamo inevitabilmente al fallimento dell’iniziativa perché l’efficienza

genera sicurezza, la sicurezza induce fossilizzazione, la fossilizzazione impedisce il cambiamento in sintonia con il variare delle esigenze. In sintesi l’efficienza di una programmazione impedisce la necessaria flessibilità imposta dalle reali esigenze del momento. Ne abbiamo la prova evidente nel ciclo vitale di aziende che sono durate decenni e quando sono state date in gestione a manager efficienti sono fallite nel giro di pochi anni (non c’è che l’imbarazzo della scelta per trovare esempi ancora prima di questa ultima lunga crisi generale).

 

Tutto questo cosa vuol dire?

Che siamo ritornati ad essere ignoranti di ciò che ha un vero valore, e per questo diamo valore anche a ciò che non ne ha. Poiché non siamo più in grado di distinguerne il valore siamo obbligati ad inserire nei programmi anche quello che non occorre, per timore di dimenticare qualcosa di essenziale; risultato? Fallimento! Troppe cose inutili da fare e pagare.

 

La nostra società è stata strutturata su questo principio. Siamo così irresponsabili che cerchiamo di tutelarci pagando assicurazioni verso tutto e tutti, ma principalmente per tutelarci dalle conseguenze delle nostre stesse azioni, e siamo pronti a adire vie legali contro tutto e tutti quando riteniamo che non sia stato fatto tutto quello che era giusto e necessario, cioè sempre. I nostri tribunali non riescono a smaltire tutti i contenziosi e sono in arretrato di almeno dieci anni.

 

Visto che sono assicurato, posso tranquillamente schiantarmi contro un muro! Possiamo invecchiare senza diventare saggi! È una comoda via senza uscita verso lo schianto, a meno di seguirne un’altra che noi ci rifiutiamo testardamente di prendere in considerazione.

 

IDP … insisto perché io ho avuto modo di avere a che fare con tedeschi, francesi , inglesi , etc, e ho trovato della gente che , in questo senso qui, ragionava concordando le cose da fare, quelle giuste da fare in relazione alle capacità in campo … e quindi nei giusti tempi e modi … ma se si scende verso il sud del mondo, come dice lei, riempiamo l’agenda, salvo poi fregarcene allegramente … Allora se uno si mette, io per carattere, d’impegno a fare una cosa mi faccio in quattro e mi … incavolo da morire quando ci sono altri che non si comportano in questo modo … anche se qualcuno mi dice di non arrabbiarmi, di farmene una ragione … perché continua a dirmi di sì e poi non lo fa?

                                 

È giusto e capisco! Anch’io mi sono arrabbiato per le stesse cose per molto tempo, constatando un dato di fatto che non volevo accettare. Anch’io come lei se dico che lo faccio, poi lo faccio. Tuttavia può succedere per una ragione qualsiasi che di cento cose da fare riesca a farne novantanove, ma la centesima no! Cosa succede allora? Mi trovo davanti ad una scelta, ad un bivio: buttare via tutto il lavoro, in quanto non è finito e non riesco a fare altro perché mi sono arenato in un “cul de sac”, oppure … ecco, accettare che, quando meno te lo aspetti o non te l’aspettavi più, arriva quel tizio che hai sempre visto a farsi gli affari suoi al posto di fare il suo lavoro, quello che ti sei sempre chiesto che cavolo ci stava a fare, quello che sembrava mangiare pane a tradimento, e …..tac, sposta questo e tocca quello, termina proprio quel mio lavoro!

 

Incredibile e inaccettabile! Però risolutivo!

 

Inaccettabile che tu abbia fatto novantanove e poi arrivi uno che fa solo quella cosa e fa cento! Senza di lui avrei buttato tutto il lavoro. Nella mia esperienza ho dovuto rendermi conto che questa è una regola con poche eccezioni; gli aiuti veramente necessari ti arrivano da chi meno te li aspetti. Ho dovuto ringraziare chi non mi sarei mai aspettato che potesse e volesse fare qualcosa per me. Qualcuno verso il quale nutrivo pregiudizio.

 

Non dico che sia così per tutti, però questa è la mia esperienza! Da questa ne ho dedotto alcune regole del gioco che non sono così strane come possono apparire ad un primo esame. Lo sono solo se noi vogliamo vederle così, altrimenti si rivelano semplici ed efficaci. Una di queste è: occupati di fare la tua parte al meglio e non preoccuparti di come o chi la finirà.               

 

Naturalmente ci possono essere persone che sono in grado di programmare tutto nei minimi dettagli … buon per loro.

 

Io, per esempio, sono stato la disperazione dei miei soci perché non riuscivo ad iniziare un lavoro se prima non riuscivo a trovare “la mia matita preferita”. Ogni volta che dovevo iniziare un lavoro i miei soci partivano alla ricerca di quella matita come per una caccia al tesoro; figuratevi come venivo preso in giro! Poi con quella matita partivo a lavorare magari anche fino a tarda notte, per ore dopo che l’ultimo di loro era già andato via. Qualche volta persino mia moglie, preoccupata per il fatto che ero l’unico a restare in uno stabile di quattro piani di uffici che diventava deserto dalle sette del pomeriggio, restava a farmi compagnia. Non tutto si può programmare, alcune volte occorre agire diversamente, come si può e si deve. Gli esempi migliori ce li fornisce la vita stessa, sempre densa di colpi di scena che cambiano continuamente le condizioni al contorno, costringendoci a rivedere i piani di conseguenza.

 

Noi esseri umani biologici siamo veramente strani: facciamo fatica a renderci conto di cose evidenti. A nulla sarebbe servito il mio lavoro di progettista creativo e programmatico se nel mio team non ci fosse stato anche un elemento, definito da alcuni miei clienti inadatto, in grado di fare quella parte del lavoro di routine, che nessuno voleva e accettava di fare, se non lui, ma assolutamente necessario al completamento del progetto. Costui sebbene non riuscisse a stabilire un piano di lavoro che potesse tranquillizzarmi, riusciva sempre e comunque a completarlo in tempo utile. Il mondo è bello perché è vario; per fortuna non siamo tutti uguali!

 

IDP … C’è anche l’abitudine a delegare tipo … vai avanti tu che mi viene da ridere … (idp =risate)

 

… certamente, è uno dei nostri possibili comportamenti, però quando ci tocca ci tocca e non possiamo sempre sottrarci!

 

IDP … scusate … sono senza voce … (idp =risate) … io cerco sempre di fare il possibile … di accontentare tutti, di fare in modo che le cose vadano a posto e adesso mi tornano in mente delle cose per cui sarebbe necessario che ci ripetesse ancora ciò che è già stato detto  ... nel senso che oggi è l’ultima lezione di questo anno e poi non ci sentiremo per molti mesi … mentre avremo bisogno di sentirci ancora ripetere alcune cose che tendono a sfuggirci velocemente … ripeto che ho cercato di accontentare tutti e non ho accontentato nessuno in generale,  ma anche me e mia figlia, sono sempre stata di corsa e non ho vissuta la mia vita allora … tornando al suo discorso, mi occorrerebbero veramente cinque minuti per me in cui non sentire, non vedere nessuno. Tornando al dire sempre sì, torno al mio vecchio discorso … è un modo che permette di soffrire e far soffrire meno.  Penso al rapporto con mia mamma, che è in casa, con la quale prima insistevo a farla ragionare facendomi un fegato così, ammalandomi, mentre lei si dimentica … ad un certo punto mi son detta: chissenefrega se è così perché devo insistere … faccio quello che devo, il mio dovere, e poi sia quel che sia … è la mia vita, vivo quel momento e passo oltre, mentre dire quel no diventa negativo sia per me che per lei  …

 

Siamo stati aiutati a rovinarci dalle interpretazioni delle nostre azioni da parte di quelli che si dicono e sono riconosciuti come specialisti. Ci sono aspetti psicologici delle nostre azioni, aspetti emotivi, aspetti caratteriali, aspetti più profondi ancora, quelli biologici fisico-chimici, aspetti che interagiscono profondamente dentro di noi.

 

Tutti questi aspetti inducono elucubrazioni mentali devastanti e complicate nelle quali si inseriscono, come se non bastassimo noi stessi, anche le opinioni degli specialisti, che nel migliore dei casi, hanno i nostri stessi problemi irrisolti. Ricorriamo a loro ed essi operano di conseguenza, tutti in perfetta buona fede, ignorando però che partiamo da dati insufficienti per comprendere realmente qualcosa del sistema complesso che ci permette di vivere ed esprimere la vita.  

 

Cerchiamo di non cadere dalla padella alla brace; cerchiamo di interrompere per qualche istante questi processi di elaborazione di scenari mentali e facciamo in modo di operare in modo più semplice e diretto. Come?

Osservando le conseguenze del nostro sì, senza giudicarle ma constatandone semplicemente gli effetti per giungere ad una migliore comprensione del fatto in sé e di noi stessi in relazione ad esso. Non preoccupiamoci di cosa succederà; non ci sarà mai niente di solo buono o perfetto, per cui inutile farsene una colpa o cercare di rimediare. Positivo e negativo sono le due facce della stessa medaglia, non si possono separare.

 

Lei ha osservato che, a fronte di quello che vi eravate dette, poi sua madre se ne dimenticava quasi subito, e quindi, prendendone atto, ha potuto cambiare il suo modo precedente di relazionarsi ad ella, allentando la tensione. Questo vale per tutti nei confronti di tutto. Per mantenere tesa una corda occorre essere in due; se uno lascia la presa, la corda si affloscia.

 

Se tutti volessero mantenere e risolvere a proprio modo le tensioni messe in atto, non basterebbero miliardi di vite, di esperienze di vita, per riuscirvi.

L’osservazione invece permette di comprendere all’istante, a colpo d’occhio, il senso della cosa e lasciare che finalmente si risolva naturalmente secondo le proprie modalità. Osservando con attenzione ne vediamo le dinamiche e la loro risoluzione. 

 

A ragione prima lei ha affermato di fare del suo meglio verso chi può, ma … scusate la crudezza … è un modo sbagliato di procedere perché cerchiamo di trovare una soluzione ad un problema di cui ignoriamo quasi tutto. Quindi come possiamo sapere che agiremo giustamente! Il rischio di sbagliare è elevatissimo, quasi totale. Non è saggio agire così!

 

Le ipotesi che facciamo, poco o tanto, sono sempre sbagliate. Lo sappiamo benissimo per esperienza, tuttavia continuiamo a fare così.

Sono sbagliate perché non sono mai complete, abbiamo sempre dimenticato questo o quell’aspetto che presto o tardi si fa valere sconvolgendo i piani suggeriti dalle nostre migliori intenzioni.

 

La maggior parte delle persone si stupisce che azioni intraprese a fin di bene finiscono sempre in cacca. È normale in questo mondo biologico. Si mangia e guai se non si scarica. Tuttavia c’è modo e modo di mangiare e scaricare. Oltre un certo equilibrio non si può andare! Non si può fare solo una cosa o l’altra: sono correlate inscindibilmente.

 

Continua nel prossimo articolo.

 

foto e testo

pietro cartella

 

 

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Articolo pubblicato il 07/06/2021