Capachrome (come immortalare la vita)
foto © R. Capa ICP / Magnum

Ultime ore, fino a dopodomani, domenica 30 maggio, ai Musei Reali, per vedere gli scatti a colori del grande fotoreporter professionista

Ultimissime  ore: nello slalom di saltuarie aperture concesse dalle tre tonalità del giallo virale, l’ampia mostra retrospettiva, iconica (150 stampe) e documentale, curata da Cynthia Young per l’ICP (International Center of Photography) di New York e approdata lo scorso settembre alle Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino, ricominciata dal 1° febbraio, con prossima conclusione prorogata a domenica 30 maggio, offre ai fortunati fruitori un insolito scorcio caleidoscopico sulle tinte poco celebri, sebbene pubblicate su grandi periodici internazionali, di quello che di diritto viene riconosciuto come il reporter di professione (parafrasando l’immancabile titolo del film di Antonioni) per antonomasia. Testimone della Storia.

 

Famoso soprattutto per le coraggiose corrispondenze dal fronte, specialmente quello della Seconda Guerra Mondiale e di altri quattro (Spagna, con Gerda Taro, Palestina, Cina e Indocina), l’allora venticinquenne Robert Capa si era approcciato con sensibile entusiasmo alla pellicola kodachrome dal ’38 (quando si trovava sul campo del citato conflitto sino-giapponese). E la mera scelta tecnica ispira a riflettere sulla polarità fra tragedia bellica e pacifica esistenza quotidiana. Se con il bianco-e-nero egli aveva immortalato la morte, col colore colse la vita. Dolceamara.

 

In positivo e negativo, sulla copertina o nei servizi interni, le immagini realizzate dall’autore magiaro-americano per Life, Look, Illustrated, Holiday, The Saturday Evening Post, This Week, Collier’s, Cosmopolitan, Paris Match, Epoca eccetera rivolgono uno sguardo panoramico straordinariamente acuto e perspicace ai fenomeni sociali, interpersonali e individuali di un’umanità appena uscita dall’immane disastro planetario, materiale e morale; lungo l’itinerario si susseguono Casablanca, la Sicilia e Napoli (con l’esercito alleato), l’incredibile missione nell’“impenetrabile” Russia sovietica, commentata nientemeno che dallo scrittore John Steinbeck (i due appaiono insieme in un singolare autoritratto scattato colla Rolleiflex), il ritorno nella natia Ungheria (Conversazione a Budapest, novembre 1949), quindi Israele e Gerusalemme (A Tale of Two Cities di Irwin Shaw, giugno 1950), ma anche le vacanze dei privilegiati, ricchi e aristocratici, in inverno sulle nevi delle Alpi austro-svizzere (da Davos a Klosters, da Sankt Moritz a Zermatt, da Lech a Zürs), d’estate sulle spiagge dorate di Biarritz o all’ippodromo di Deauville, poi il soggiorno a Parigi, l’artistica ville lumière, mobilmente festosa e dolente, o nella soave Roma “modaiola” pre-felliniana, passando Notti bianche in Norvegia (settembre 1952), oppure scrutando – con collaboratori del calibro di Werner Bischof, Henri Cartier-Bresson, Ernst Haas, Herbert List e David Seymour, della mitica Agenzia Magnum, da lui co-fondata, nonché con un certo Bertrand Russell (Youth and the World, gennaio 1953) – i mutevoli giovani della Generazione X (nihil sub sole novum) dell’inizio della seconda metà del secolo, alla conquista del futuro; nel frattempo, dopo le incursioni nel cinema, con Buñuel (España 36, 1937) e Hitchcock (Notorius, 1946), all’ottica dell’obbiettivo si affacciano i visi e i gesti delle dive della celluloide, sui set, dalle labbra scarlatte della carismatica Contessa scalza Ava Gardner, a Tivoli, all’amata e inquieta Ingrid Bergmann rosselliniana con George Sanders ad Amalfi, o la Magnani di Bellissima, cui si affiancano Jennifer Jones con Truman Capote, Humphrey Bogart od Orson Wells…

 

 

Purtroppo giungeranno caso e caos. L’inatteso viaggio al termine del giorno, sulla linea-d’ombra della strada Namdinh-Thaibinh in Vietnam, presagio apocalittico: “This is the end, my dear friend. Il verde delle uniformi dei soldati, dell’erba di un prato di maggio del 1954. Una mina. Il buio. Fine.

 

 

(Articolo redatto in collaborazione con il Corriere dell'Arte)

 

 

"Capa in color

Mostra retrospettiva monografica

a cura di Cynthia Young

(International Center of Photography)

Catalogo edito da Electa

 

Esposizione

prorogata fino al 30 maggio 2021

 

 

MRT

Musei Reali di Torino

Sale Chiablese

P.ta Reale – Torino

 

Info: +39 338-1691652 / 011-024301

info@capaincolor.it

capaincolor.it

www.museireali.beniculturali.it/capa-in-color

www.museireali.beniculturali.it

 

 

Le immagini a corredo dell'articolo:

in alto, sotto il titolo, e in calce al testo

gli ultimi scatti di Robert Capa

sulla strada da Namdinh a Thaibinh, Indocina (Vietnam), maggio 1954;

tra i paragrafi, Ava Gardner sul set del film "La contessa scalza", Tivoli, 1954 (a sinistra)

e la modella e attrice Capucine affacciata al balcone, Roma, agosto 1951 (a destra, anche in locandina)

fotocolor

© R. Capa ICP / Magnum

MRT / MiBAC

 

 

link al precedente articolo Il mezzo secolo di Meltzeid

relativo mostra antologica monografica di Guglielmo Meltzeid

a Villa Casalegno in Pianezza (To):  

www.civico20news.eu/sito/articolo.ilmezzosecolo

 

link all'articolo In sottovuoto spaziotemporale

relativo mostra personale di Fabio Oggero

presso il Centro PHOS di Torino :  

www.civico20news.eu/sito/articolo.insottovuoto

 

 

 

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Articolo pubblicato il 28/05/2021