Oggi in Piemonte la Regione indice una giornata di lutto per le vittime della funivia del Mottarone

I tre fermati davanti al gip nel Carcere di Verbania. Una persona manifesta con un cartello con su scritto "se colpevoli, ergastolo".

Oggi, domenica 30 maggio, in tutto Piemonte sarà una giornata di lutto per le vittime della funivia del Mottarone. Il decreto firmato nelle scorse ore dal presidente della Regione, Alberto Cirio, invita la popolazione ad osservare un minuto di silenzio alle ore 12 e gli enti pubblici piemontesi ad unirsi nella manifestazione del cordoglio.

Ad una settimana da ciò che è avvenuto la mattina del 23 maggio, il Piemonte si stringe ancora una volta alle famiglie delle vittime della tragedia che ha sconvolto il nostro territorio.

Negli uffici regionali, in accordo con il Governo e con la Prefettura di Torino, la bandiera italiana e della Regione Piemonte, insieme a quella dell’Unione europea, saranno esposte a mezz’asta. “Nulla può lenire il dolore, ma sentiamo il bisogno di ricordare in un modo solenne coloro che hanno perso la vita in questa follia. Il Piemonte non smetterà mai di stringersi alle loro famiglie e al piccolo Eitan” sono le parole del presidente Cirio.

Ieri mattina nel carcere di Verbania si sono tenuti gli interrogatori dei tre fermati mercoledì scorso per l'incidente della funivia del Mottarone che ha causato domenica scorsa 14 morti, tra cui due bimbi, e un ferito grave, il piccolo Eitan di 5 anni ancora ricoverato. 

Ha ammesso di aver messo il ceppo blocca freno, e di averlo fatto altre volte, Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia, interrogato per circa tre ore dal gip Donatella Banci Buonamici. Difeso dall'avvocato Marcello Perillo, l'uomo ha spiegato che le anomalie manifestate dall'impianto non erano collegabili alla fune ed ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune. "Non sono un delinquente.

Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse", ha detto ancora Tadini, secondo quanto riferito dal suo difensore.

La difesa di Gabriele Tadini ha chiesto al gip, al termine dell'interrogatorio, la misura degli arresti domiciliari, non la libertà. Il suo legale ha chiarito di non aver chiesto al giudice che non venga applicata una misura cautelare. Per contenere le esigenze cautelari, per la difesa, bastano i domiciliari.

 

Il procuratore Olimpia Bossi e il pm Laura Carrara (presenti agli interrogatori) hanno chiesto per tutti la convalida del fermo e di custodia in carcere. Poi, sarà il gip Donatella Banci Buonamici a dover decidere sulla convalida e sull'eventuale misura cautelare. Per la Procura ci sono tutte le esigenze cautelari: pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio.

E’ già iniziato lo stucchevole scarico di responsabilità d parte degli altri imputati.

"Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini". Lo ha detto al gip del tribunale di Verbania il direttore di esercizio della funivia del MottaroneEnrico Perocchi, secondo quanto riferito dal suo legale, avvocato Andrea Da Prato.

 

Tadini, interrogato dal procuratore capo Olimpia Bossi e dal pm Laura Carrera, è l’unico che ha ammesso di aver lasciato il blocco sui freni impedendo alla cabina, una volta che la fune traente si è spezzata per cause da accertare, di restare ancorata al cavo portante. Una scelta "consapevole" dettata dai continui blocchi del sistema frenante e dunque dal rischio che la cabinovia si fermasse a metà corsa costringendo a pericolosi recuperi i passeggeri, ma soprattutto dalla volontà di evitare una lunga chiusura dell’impianto per manutenzione.

 

La decisione per i magistrati è condivisa sia con Nerini, difeso dall’avvocato Pasquale Pantano, sia dall'ingegnere Perocchio assistito dal difensore Andrea Da Prato. I due, fermati in caserma a Stresa dopo la confessione di Tadini ma mai sentiti dai pm, l'avrebbero avallata per evitare "ripercussioni di carattere economico". I pm credono a Tadini perché sarebbe illogico pensare che un semplice dipendente compia da solo una scelta pericolosa da cui non ha "alcun vantaggio".

 

Nerini, per gli inquirenti "è operativamente e quotidianamente convolto nelle operazioni di funzionamento" e ha un interesse a forzare le procedure di sicurezza per non perdere gli incassi già quasi azzerati dal Covid. Anche Perocchio, secondo la procura, "era assolutamente consapevole delle anomalie che il sistema frenante presentava da tempo, come sapeva che "erano necessari interventi più radicali".

 

Fuori dal carcere, intanto, una persona manifesta con un cartello con su scritto "se colpevoli, ergastolo".

 

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Articolo pubblicato il 30/05/2021