I campi del nord Italia irrorati da fanghi velenosi. Manca una voce di reato: “omicidio volontario casuale”

L’infamia degli inquinanti tossici :“chissà il bambino che mangerà le pannocchie di quel mais”

La fosca tragedia della funivia Stresa - Mottarone ha catalizzato l’attenzione questa settimana, ma un’altra azione criminale, sciagurata e volontaria non rende onore a questo Paese, ex “il più bello del mondo”. Lo scandalo della Pianura Padana inquinata da tonnellate di rifiuti tossici è di una delinquenza raccapricciante.

I numeri del misfatto sono impressionanti: tra gennaio 2018 e agosto 2019, su circa 3000 ettari di terreni agricoli del Nord Italia sono state scaricate 150.000 tonnellate di fanghi tossici equivalenti a circa 5000 autocarri ricolmi di veleni. 1/3 dei prodotti inquinanti è toccato al Piemonte, soprattutto nelle province di Novara e di Alessandria

Le cifre sono impressionanti quanto il cinismo dei colpevoli, sprezzanti nei confronti della vita, consapevoli dei veleni e perciò colpevoli di omicidio casuale volontario prossimo venturo. Formula che non c’è, ma che andrebbe valutata, poiché il rapporto causa-effetto di certe azioni è letale e si sa.

Fin quando le pene non saranno adeguate alle colpe, arricchirsi col traffico di rifiuti tossici non potrà che continuare a sedurre le lobby mafiose che hanno trasformato mezzo Bel Paese in una discarica a cielo aperto, nel nome della corruzione e dell’impunità. Serve una svolta.

Le intercettazioni telefoniche riportate dal Corriere della Sera, riferite all’inchiesta della Procura di Brescia sulle attività dell’azienda Wte, sono sconvolgenti: “Io ogni tanto ci penso, chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi. Io sono stato consapevolmente un delinquente.” Questo ed altro di raccapricciante da parte dei 15 gestori dell’azienda bresciana accusati di: traffico illecito di rifiuti; quasi una tiratina d’orecchie.

La cronaca riporta che le 150.000 t di fanghi tossici sono state rifilate a ignari agricoltori (!?), spacciate per fertilizzanti di origine agroalimentare da quella stessa Wte che già nel 2011 era stata oggetto di denunce per molestie olfattive da parte di cittadini aggrediti dai miasmi e insospettiti. Denunce che si sono reiterate negli anni, senza approdare a nulla; neppure una tiratina d’orecchie.

Nelle intercettazioni, certo Antonio Maria Carucci, già oggetto di condanne per traffico illecito di rifiuti, racconta ridendo: “sono un mentitore! Io finisco all’inferno”. Dall’altra parte del telefono, Ottavia Ferri, dipendente della Wte, ridendo risponde: “lo facciamo per il bene dell’azienda”. Il “bene” dell’allegro dialogo, come rilevato dai Carabinieri Forestali, equivale a un profitto di oltre 12 milioni di euro per i soli 2018-2019.

Le denunce dei cittadini, barricati in casa per ripararsi dal fetore emanato durante le operazioni di scarico e spargimento dei fanghi, hanno atteso troppo, nonostante anche la Provincia di Brescia, avesse contestato irregolarità di lavorazione nell’azienda, imponendo migliorie agli impianti. L’Arpa invece, aveva già rilevato contenuti inquinanti in quei prodotti spacciati per fertilizzanti.

I fanghi superavano soglia limite per: zinco, stagno, idrocarburi, toluene, fenolo, cianuri, nichel-rame, arsenico, selenio e solfati, dunque sorge una domanda: cosa deve accadere affinché scatti un’inchiesta? Chi tutela la bontà della filiera alimentare? Si deve attendere il 2018 per veder partire l’indagine dei Carabinieri Forestali, che ha portato a contestare gli illeciti al disinvolto titolare della Wte, ing. Giuseppe Giustacchini, il quale a sua volta nelle intercettazioni insegnava come camuffare i fanghi ed esortava a cercare dei terreni: “non mi faccio fo..ere dalla Forestale solo perché non mi avete trovato i terreni, perché la prossima volta mi chiudono!”

Il titolare della Wte, poteva contare su complicità importanti; indagato direttore della Agenzia Interregionale per il Fiume Po, Luigi Mille, ma a questo punto, abbandonando le indagini, i fanghi e le cifre, è imperativo soffermarsi su tutto ciò che non va a monte di un traffico spregiudicato:

  1. 1 - è scandaloso che il titolare della Wte si preoccupi di un rischio minimo: quello di veder chiusa la propria azienda;
  1. 2 - è preoccupante la scarsità dei controlli effettuati sul trattamento, sul trasporto, sullo spargimento di prodotti spacciati per fertilizzanti, da parte delle autorità preposte, nonostante le numerose denunce,
  1. 3 - è inaccettabile la complicità di qualsiasi funzionario pubblico;
  1. 4 -  è inconsistente una denuncia per traffico di rifiuti illeciti di fronte a una realtà accertata di fanghi tossici e in quanto tali, potenzialmente letali;
  1. 5 - non è credibile un ruolo passivo e ignaro degli agricoltori, in quanto tali in grado di riconoscere un fertilizzante da un composto inquinante. Normali cittadini hanno subito colto l’anomalia;
  1. 6 - non è anormale che un andirivieni di migliaia di autocarri che scaricano tonnellate di porcherie nei campi, passi inosservato per anni, senza avere qualche complicità in merito.

Queste le riflessioni su un fatto di fine maggio, ma l’uso di terreni agricoli per discarica di fanghi industriali è storia vecchia come la legge che regola lo smaltimento dei rifiuti; DPR 915 del 10 settembre 1982, emanato in attuazione delle direttive CEE n. 75/442 (relativa ai rifiuti pericolosi), n. 76/403 (relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili) e n. 78/319 (relativa ai rifiuti in generale). Fatta la legge, in Italia si cerca il sistema più pulito per pescare nel torbido.

I terreni del Piemonte sono appetibili quanto quelli della Campania e la cronaca riporta altri, recenti misfatti simili consumati quasi nell’anonimato. Lunedì 1 marzo, i Carabinieri Forestali di Cuneo hanno notificato 11 misure cautelari per traffico illecito di rifiuti a due dirigenti della Olmo Bruno di Magliano Alfieri, del gruppo Egea S.P.A. di Alba.

Provvedimento scattato dopo il raid di 90 Forestali di Piemonte e Liguria che hanno smascherato un traffico di fanghi civili e industriali altamente inquinanti, spacciati come compost, smaltiti in terreni agricoli dell’albese e in altre aree delle province di Asti e Torino con la connivenza dei proprietari terrieri. L’azienda poteva contare sulla complicità di due laboratori di analisi che ne garantivano le procedure di verifica.

Penultima vicenda consumata sull’abusato scenario della filiera alimentare. Veleni per tutti e soldi facili rischiando una blanda denuncia, una chiusura, qualche mese di arresti domiciliari. Pene inadeguate laddove la distruzione delle falde acquifere reclama almeno il reato di disastro ambientale Occorre poi innescare un altro modello di sviluppo del nostro distruttivo stile di vita. Un conto è il progresso, altra cosa è distruggere con regolarità la Terra in cambio di 30 denari, noi esseri umani sedotti e traditori per quelle cifre o poco più.

 

 

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Articolo pubblicato il 01/06/2021