Gli «obelischi napoleonici» del Monginevro e Sestriere

di Alessandro Mella

Risalendo da Cesana, diretti verso la Francia, attraversata Claviere, si giunge con facilità al Colle del Monginevro valico posto a poco più di 1800 metri nel cuore delle Alpi Cozie e “ponte” tra la Valle di Susa e la Valle francese della Durance.

Si tratta del percorso più piacevole per raggiungere, tra l’altro, Briancon il cui borgo fortificato è meta di turisti e curiosi e si presta anche ad una “rapida gita all’estero”.

Fin dall’antichità esso fu assai usato e percorso dalle tribù celtico-galliche e dai romani e secondo alcuni sarebbe stato il luogo scelto da Annibale per far transitare il suo celeberrimo esercito.

Tuttavia la non concordanza delle versioni degli storici romani Livio, Polibio e Cornelio Nepote ha favorito, a riguardo, il sorgere di diverse ipotesi così che il primato (che lo storico Leopoldo Usseglio ritenne assai poco edificante e quasi vergognoso) venisse rivendicato nel tempo da più luoghi del nord Italia. In particolari dalle Valli di Lanzo, attraverso il Colle dell’Autaret, e dal Piccolo San Bernardo.

In ogni caso, lasciate a parte queste simpatiche dispute, il Monginevro fu anche importante segmento della celeberrima Via Francigena così che il suo piano si fece attraversare quotidianamente anche nel travagliato Medioevo e nei secoli successivi per ragioni tanto militari che commerciali.

Il vero punto di svolta, in ogni caso, venne molto tempo. Unito il Piemonte all’Impero di Francia, nel 1802, anche le nostre provincie beneficiarono dell’intensa opera francese di costruzione e tracciamento di strade e vie di comunicazioni (1). Napoleone, che aveva studiato bene la storia romana, sapeva benissimo quanto una massiccia e curata rete stradale potesse favorire sia i commerci che le attività militari delle quali, notoriamente, era maestro.

Non a caso sotto l’amministrazione francese furono consolidate al meglio le strade del Moncenisio, del Sestriere e del Monginevro nonché gli ospizi e le strutture logistiche ad esse connesse.

Per celebrare quest’opera prodigiosa, e nel quadro del culto della figura dell’imperatore ovviamente, proprio al Monginevro fu edificato un obelisco inaugurato il 12 aprile 1804 e la cui costruzione fu commemorata anche con l’emissione di una medaglia dedicata.

Nel 1835, tuttavia, da tempo eclissatosi l’astro imperiale ed ormai ascesa ai Campi Elisi “l’aquila”, l’obelisco fu fatto esplodere dai piemontesi. Successivamente, per merito della monarchia orleanista, esso fu ricostruito sotto la guida sapiente dell’architetto Giuseppe Andreoli. Ciò non deve stupire poiché il re Luigi Filippo manifestò ripetutamente di saper mediare tra opposte sensibilità quasi a tracciare un percorso comune che legasse realtà così diverse come il passato Ancien Regime e l’esperienza napoleonica. Monarchia sì, ma niente a che fare con l’assolutismo borbonico o con quello bonapartista.

In ogni caso l’obelisco tornò a raccontare la sua storia. Un cenno sul tema lo troviamo in un articolo di Arnaldo Pittavino del 1921:

Di questo valico alpino si occupò pure Napoleone negli anni splendidi del suo impero, quando aveva orgogliosamente promesso di far sparire le Alpi con le strade. E nell’apogeo della sua gloria, dedicò le sue cure più premurose ad aprire queste grandi arterie attraverso le quali si congiungeva e si mescolava il sangue rigoglioso della Nazione Francese con quello del popolo italiano, riunito sotto le grandi ali delle aquile imperiali. La sua opera immensa, svolta nel campo civile, è quella che veramente lo incorona di gloria eterna dopo la morte, mentre le battaglie vinte per tanti anni gli hanno dato la gloria in vita. Nel suo vasto pensiero, forse la gran strada, sistemata a comodo e principale valico internazionale, doveva servire ad allacciare la regione meridionale della Francia coll’Alta Italia, e tra impero francese e regno d’Italia dovevano rinsaldarsi i vincoli di fratellanza e di unione in un concorde pulsar di vite. E forse in omaggio a questo spirito di unione e di fratellanza tra i popoli che al Monginevro nel 1806 venne eretto un obelisco in cui un’iscrizione in quattro lingue, in latino, francese, italiano e spagnuolo, eternava l’opera di Napoleone, imperatore dei Francesi e re d’Italia, che aveva aperta questa via ai popoli attraverso le montagne? Ricordiamola domani questa opera di altissimo valore civile di uno dei più grandi condottieri dei popoli. E pensiamo alla implacabilità del destino che ha incatenato questo gigante ad una guerra senza tregua, senza lasciargli compier la vasta opera di ricostruzione civile che egli sognava e dalla quale attendeva solo fama e onore (2).

Si noti come alcune versioni parlino di 1804, il pezzo qui sopra di 1806 e la targa posta sull’obelisco del 1807.

Un altro “obelisco”, ma postumo, con annessa fontana leonina, fu edificato nella vicina Sestriere per celebrare il centenario della strada voluta, anche in questo caso, da Napoleone I. Il testo della targa fu dettato dall’on. Paolo Boselli:

NAPOLEONE I APERSE NEL 1814 L’AGEVOLE VIA CHE AGLI SCAMBI FREQUENTI CONGIUNSE PIEMONTE E DELFINATO – CENTO ANNI DOPO AUSPICE LA COLONIA PINEROLESE DI TORINO FU ERETTO A RICORDO DELL’AVVENIMENTO QUESTO OBELISCO – INAUGURATO IL 21 AGOSTO 1921 (3).

Successivamente esso fu rimosso, nel 1950, per lasciar spazio ad altri edifici. Fortunatamente fu poi riedificato nel 1987:

La prima “rotabile” fu fatta costruire da Napoleone nel 1814. Ne è testimonianza l’obelisco eretto in occasione del centenario (1914) che fu demolito nel 1950 (per far spazio ad altri edifici) e poi ricostruito nel 1987 in via Pinerolo (4).

Queste opere, oggi visibili con facilità ed alla portata di tutti, restano come preziose icone di un periodo lontano e spesso trascurato della nostra storia nazionale e regionale.

Testimonianza di come tutti i periodi storici abbiano portato benefici e danni, problemi ed evoluzioni, nella vita dei popoli. Maggiormente, tra l’altro, considerando quanto ancora oggi il Piemonte fatichi ad avere un approccio sereno alla figura del “grande corso”.

Alessandro Mella

 

Note:

(1) Sul tema del Piemonte napoleonico molte pubblicazioni sono state date alle stampe negli anni, tutte meritevoli di attenzione. L’autore si permette di ricordare il proprio volume “Viva l’Imperatore Viva l’Italia – Le radici del Risorgimento: Il sentimento italiano nel ventennio napoleonico” edito per Bastogi nel 2016 con prefazione del prof. Aldo A. Mola e introduzione del prefetto Francesco P. Tronca.

(2) La Lanterna Pinerolese, 34, Anno XXXX, 20 agosto 1921, p.1

(3) Ibid.

(4) La Valsusa, 31, Anno CXVII, 31 luglio 2014, p. 12.

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Articolo pubblicato il 16/06/2021