Stiamo uscendo dall’emergenza pandemica e …

… abbiamo, tutti, una nuova opportunità da non sprecare.

Proprio così!

La storia dell’essere umano insegna, a chi se lo ricorda, che, dopo ogni crisi, tutto ciò che rimane sviluppa una nuova capacità di andare avanti in modo del tutto inatteso. Infatti, a dispetto di chi vede un futuro plumbeo oppure raggiante, le cose vanno sempre come devono andare, soddisfacendo parzialmente le aspettative ora dell’uno ora dell’altro, in un gioco di equilibri e cambiamenti che costituiscono l’essenza stessa della vita.

 

Oggi la parola che va di moda in tali frangenti è resilienza, cioè capacità di resistere ai colpi nel tempo. Tuttavia sarebbe estremamente riduttivo, e neppure auspicabile, che così fosse davvero, perché la tendenza abitudinaria, specialmente umana, trasformerebbe in breve questa caratteristica in una condanna all’incapacità di andare oltre la semplice adattabilità alle situazioni che si presentano senza interagirvi come esse richiedono.

 

Più che queste poche parole rende meglio l’idea di ciò che esse sottendono lo spezzone del film Idiocrazy che potrete trovare al link https://www.youtube.com/watch?v=I9LaizvRYRc

 

In questi poco più di due minuti di filmato si può avere un’idea di come la resilienza possa facilmente trasformarsi in ottusità, allo stesso modo in cui un pugile “suonato” continua a sopportare i colpi dell’avversario senza fare nulla per sottrarvisi. E come, ovviamente, esista sempre una possibilità di uscita da tale situazione anche quando apparentemente troppo insensata per essere presa in una benché minima considerazione.

 

Il filmato, demenziale nel suo insieme, contiene un messaggio molto importante, anche se non così evidente per tutti. Ci sono sempre almeno due possibilità di agire in ogni situazione ritenuta problematica: una è quella di mantenere o riproporre lo status precedente e un’altra è quella di rischiare percorrendo una via diversa per andare oltre. Ovviamente la scelta spetta a noi.

 

Di conseguenza la tanto strombazzata “resilienza” ai colpi degli eventi naturali, alle decisioni autoritarie di varie istituzioni, alle limitazioni delle libertà individuali in nome di quello che non si conosce neppure, alla immobilità indotta dagli attacchi di panico conseguenti alla ripetizione massmediatica, volta a indurre uno stato di paura abnorme e patologico, alla pressione esercitata sul povero sistema nervoso umano, già così provato dalle nostre personali dabbenaggini, dal continuo avvicendarsi di ordini, contrordini, ipotesi, suggestioni, aspettative e obblighi perentori emessi in nome della salute e del bene comune, forse, e dico forse, sarebbe meglio che fosse , quanto prima possibile, sostituita da un termine “leggermente più costruttivo”.

 

Per esempio “perseveranza”!

 

Per i pochi che non ne conoscono il significato, perseveranza è quella qualità d’anima che si esprime nel perseguire fedelmente i propri proposito e scopi, impegnandosi in ogni modo al loro conseguimento senza farsi abbattere da difficoltà, ostacoli o stanchezza. Un programma operativo comportamentale che può però essere praticato solo se si dispone di una chiarezza di obiettivi da conseguire.

 

Un esempio può aiutare ad una maggiore chiarezza in merito.

 

Se devo recarmi in un determinato posto, mi metterò in movimento per raggiungerlo. Si tratta di una ovvia necessità.

 

Tuttavia se durante tale viaggio, magari in autostrada, un “resiliente” incontra una grandinata, egli cercherà e si fermerà sotto un ponte e vi rimarrà fino al termine dell’evento (senza curarsi che nel frattempo il ponte possa crollargli addosso), mentre un “perseverante” proseguirà, magari con maggior cautela, il suo viaggio, scoprendo, spesso con sua grande sorpresa, che un metro dopo il ponte non grandina più e il sole splende.

 

Però ciò che fa la vera differenze e quindi aiuta a scegliere tra i due atteggiamenti adottabili è la presenza prioritaria e inderogabile di raggiungere l’obiettivo prefisso.

 

Ammesso che se ne abbia almeno uno da perseguire con tutto sé stesso e in cui riporre la fiducia necessaria. Condizione in grado di generare quello stato operativo cosciente, non delegabile ad altri, che rende tutto possibile, anche spostare le montagne …

 

… ma qui entriamo in quella realtà in cui comincia a rendersi necessario ed evidente l’apparire sulla scena di un essere vivente del tutto diverso dal semplice “homo sapiens sapiens” che, come il suo predecessore “neanderthal”, ha esaurito, o sta per farlo, il compito affidatogli dalla vita nella staffetta verso la “Vita”.

 

Prima che se ne intenda occupare la scienza, a qualunque titolo o tornaconto, ed essendo in possesso di tutti gli strumenti e le possibilità per farlo, ciò può essere messo in atto da ciascun essere umano che se ne sia reso conto.

 

Che si sia reso conto di quanto la vita debba avere un senso e uno scopo da conoscere e conseguire facendo uso di quella perseveranza “intelligente” necessaria a realizzare le parole rivolte, in tempi non sospetti, a coloro che si meravigliavano dei miracoli che vedevano compiere dal loro Maestro: “voi farete cose più grandi di quelle che avete visto fare da me”.

 

Ammesso che, invece di attendere che le cose piovano dal cielo, o che siano gli altri a farle per noi (visto che è già così al 99,9 per cento), iniziamo a fare onestamente almeno lo 0,1 che ci compete, senza esitare, protestare, cercare scappatoie o giustificazioni.

 

Il che sarebbe davvero incredibilmente meraviglioso!

 

foto e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 23/06/2021