Propaganda LGBT: come si comportano le altre nazioni?

Dalla Legge Zan all'utero in affitto. Come fermare la marea nera del Gender.

Mentre in Italia si spendono tempo e risorse per una legge che oltre a non avere senso è palesemente volta a fare propaganda delle ideologie tanto care alla lobby LGBT, in Polonia, Russia e Ungheria si difendono la famiglia tradizionale e l’educazione dell’infanzia.

Il Presidente della Polonia Andrzej Duda, da quando è stato rieletto al secondo mandato presidenziale, ha posto l’accento sull’importanza di tutelare la famiglia tradizionale come culla della società e di boicottare le teorie LGBT in quanto frutto di ideologia e discriminazione.

In Polonia, infatti, esistono delle zone libere da LGBT chiamate “Strefa wolna od Lgbt” che Helena Dalli, Commissario Europeo per l’Uguaglianza, ha contestato dicendo che “i valori e i diritti fondamentali dell’Ue devono essere rispettati dagli Stati membri e dalle autorità statali”. La Dalli, però, non considera che i comuni autoproclamatisi “Strefa wolna od Lgbt” promuovono il buon funzionamento delle famiglie, combattono le ideologie LGBT e del gender e sostengono la crescita demografica e la natalità.

Il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, stanco di vedere le vessazioni che il mondo occidentale sta perpetrando sulle famiglie, lo scorso anno, in piena pandemia, si è rivolto ai parlamentari russi per chieder loro di rivedere la Costituzione.

Nelle sue intenzioni Putin vorrebbe che la Costituzione parlasse chiaramente di matrimonio solo fra uomo e donna ma, soprattutto, che escludesse in modo chiaro e cristallino il matrimonio fra persone dello stesso sesso. La Chiesa Ortodossa Russa guarda con molta soddisfazione a questa proposta anche perché la Fede Cristiana entrerebbe nell’impianto legislativo nazionale con le conseguenti tutele.

Il Presidente dell’Ungheria Viktor Orban, qualche giorno fa, si è presentato in Parlamento e ha proposto una nuova stretta sulla propaganda gender nelle scuole e tra i bambini. Secondo Orban, infatti, serve una nuova proposta di legge per contrastare la piaga della pedofilia che, sempre più spesso, finisce nelle aule di tribunale del suo Paese.

Secondo questa nuova proposta legislativa non sarà più possibile fare programmi radiotelevisivi di sostegno e propaganda gender e tantomeno pubblicità che mostrino baci omosessuali, teorie omosessualiste ed indottrinamento trans. Il popolo ungherese pare essere favorevole ma Budapest Pride e Amnesty International sono già scese sul sentiero di guerra per boicottare la proposta di legge di Orban definendola limitativa “della libertà di espressione e dei diritti dei bambini nonché emulativa dei modelli dittatoriali contrari ai valori europei”. Secondo le due organizzazioni non governative, infatti, Orban e il suo governo “si stanno rivoltando contro i propri cittadini seguendo l’esempio di Russia e Cina”.

Il mondo, insomma, sta valutando di mettere paletti e restrizioni alla marea dilagante del gender e lo sta facendo per tutelare quell’istituto giuridico - senza il quale uno stato non esisterebbe - che è la famiglia.

In Italia ci sono posizioni contrapposte. Da una parte vi è la Sinistra laicista, ateista, immigrazionista, … che cerca di minare le solide basi della bimillenaria civiltà cristiana a suon di leggi liberticide e amorali. Dall’altra vi sono il Centro, la Destra ed il Centro-Destra che cercano disperatamente di mantenere in piedi la famiglia tradizionale, il benessere psico-fisico degli infanti, la costruzione di asili nido, scuole per l’infanzia, parchi giochi custoditi, e tutto quanto serve per aiutare le mamme e i papà italiani a crescere i loro figli in un ambiente vivibile, sicuro e protetto.

Tutto questo, però, va detto, è difficilmente realizzabile in un Paese che – anziché aiutare gli italiani a fare famiglia – alimenta politiche migratorie, incoraggia unioni omo-affettive, sostiene l’aborto, e via discorrendo. Gli italiani – quando sono fortunati – ottengono un lavoro a tempo indeterminato verso i 35 anni, non possono quindi accedere al mutuo per la casa tardando pertanto a metter su famiglia. Questo ci sta portando ad un drammatico calo della natalità e ad una precipitosa e preoccupante penuria demografica.

Il dilagare delle teorie Gender tanto care alle associazioni LGBT di certo non aiuta. Una coppia omosessuale non potrà mai avere biologicamente una discendenza ed allora il problema demografico si acuisce. Il dilagare di coppie omosessuali non solo mina la crescita delle nascite ma porta con sé lo spettro dell’utero in affitto che, una volta approvata la legge Zan, sarà il prossimo obiettivo delle lobby LGBT.

Quando nei vari talk-show televisivi un esponente della destra dice che non si permetterà mai l’entrata in vigore dell’utero in affitto gli animi si scaldano e “volano gli stracci”, anche perché i propugnatori di tale barbara pratica non hanno ben presente di cosa stiano parlando.

L’utero in affitto, conosciuto anche come “gestazione per altri” e “maternità surrogata”, è molto utilizzato da coppie nelle quali la donna non può procreare ed in quelle in cui la coppia è formata da due uomini o da due donne. Tutti questi, non potendo avere figli in modo biologicamente normale, vengono chiamati “genitori d’intenzione”.

I genitori d’intenzione – pur di soddisfare il loro egoistico bisogno di genitorialità – ricorrono allo sfruttamento di una donna che presterà – dietro lauto compenso – il suo utero per permetter loro di avere un erede. Nel mondo ci sono decine di agenzie che hanno veri e propri cataloghi con foto di possibili mamme surrogate e tariffari. La coppia che vuole un figlio sceglie la donna, tra le parti nasce un contratto in cui si definiscono le modalità di consegna del bambino e tutto ciò che riguarda la gestazione, e il gioco è fatto.

Contrattualizzata la cosa si procede con la raccolta del seme e degli ovuli dei genitori d’intenzione oppure, nel caso delle coppie gay, del seme o dell’ovulo; la parte mancante viene anch’essa fornita (spesso dietro compenso) da una terza persona. Una volta ottenuto il materiale biologico viene fecondato in vitro (fecondazione in provetta) ed impiantato nell’utero della donna scelta e comprata sul catalogo. Ciò che è più triste è che - se il bambino non risulta essere come i genitori d’intenzione lo vorrebbero – viene chiesto alla gestante di abortire e lei, soggiogata dal contratto firmato, non può in alcun modo rifiutare.

Nel caso in cui la gestazione procede al meglio e tutto va secondo i piani, alla nascita il bambino viene consegnato ai genitori d’intenzione venendo così separato dalla donna che lo ha accudito nel ventre per nove mesi. Proviamo ad immaginare il trauma per la donna!

Grazie al cielo in Italia la compravendita di esseri umani è illegale e quindi la mercificazione di gameti femminili e maschili, propria della maternità surrogata, non può trovare luogo. Ciononostante bisogna stare attenti perché da anni se ne parla nel mondo della sinistra e si fa ben attenzione a non dire che l’utero in affitto è un contratto commerciale per la fornitura di bambini, né più né meno. Le associazioni mondiali Pro-Life hanno stimato che un contratto del genere abbia un costo fra i 40 e i 150 mila euro.

Cifre simili non sono alla portata di tutti ed infatti le spendono solo persone ricche ed abbienti. Le donne povere, invece, diventano facili prede di chi – dietro lauto compenso – chiede loro di vendere il grembo per nove mesi in cambio di una vita migliore postuma.

Sinceramente questa pratica è vergognosa perché sembra quasi di trovarsi su Amazon e di ordinare l’oggetto che si desidera e vederselo recapitare dal corriere. I bambini non sono merce e non si comprano. Vogliamo davvero che un domani (nemmeno poi tanto lontano) si arrivi a questo tipo di pratiche con tanto di approvazione legislativa? Vogliamo davvero essere complici del mercimonio di bambini? Vogliamo davvero che le donne povere siano sfruttate da persone ricche per soddisfare bisogni egoistici?

Siamo ancora in tempo per porci delle domande e per fare riflessioni bioetiche sul tema. Una cosa è sicura: il Ddl Zan è solo l’inizio di una serie di battaglie che – volere o volare – arriveranno, anche in Italia, a chiedere di inserire in legislazione la pratica indegna dell’utero in affitto.

Per ulteriori approfondimenti sul tema: Lucio Malan e Jacopo Coghe: «no all’indottrinamento LGBT nelle scuole»

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Articolo pubblicato il 19/06/2021