Covid. Ladri e sciacalli favoriti dalla pandemia, sotto la lente delle Banca d’Italia

Il bubbone delle operazioni sospette sulla compravendita di materiale sanitario e dispositivi di protezione individuale.

Il vecchio detto che recita: “Vox populi, vox dei”, mai sta tornando attuale come in questi tempi. Nei momenti tragici dell’emergenza sanitaria i nostri ospedali, nonostante  i conati televisivi di Arcuri e le litania soporifere di Conte, erano sprovvisti dei mezzi difensivi per medici e infermieri. Molte associazioni umanitarie e di pazienti hanno aperto sottoscrizioni per approvvigionare i nosocomi del necessario, e proteggere la vita di coloro che dovevano curare pazienti quasi alla cieca, con direttive ministeriali assenti od incomprensibili.

 

Poi si aprì l’altra pagina triste di aziende che cercavano di proporre trattative vantaggiose alle regioni finalizzate alla fornitura di mascherine ed altri mezzi protettivi. In più occasioni ed in regioni di diverso colore politico, agli onesti interlocutori sono stati posti fermi e cortesi no, dietro la cortina di citazioni di leggi e procedure fumose. Gli stessi prodotti, in casi segnalati, sono stati acquistati dagli enti pubblici, con tempi lunghi e a prezzi vistosamente maggiorati.

 

E qui il celebre detto ha iniziato a  circolare, perché la puzza di bruciato era evidente. Poi sono sorti coloro che ai tempi della seconda guerra mondiale venivano chiamati “approfittatori di guerra” ed anche qui la storia si è ripetuta. Non si è trattato di straccioni  quali protagonisti, ma persone che sapevano agire nel solco del “ politicamente corretto”, con gli agganci appropriati.

 

Ora che l’emergenza epidemiologica ha allentato la presa e che il ritorno alla normalità non appare più un miraggio, vengono al pettine una serie di nodi che hanno reso ancora più avvilenti alcuni aspetti della gestione della pandemia. L’inchiesta della Procura di Bergamo sulle responsabilità del Ministero della salute, anche nelle sue gestioni precedenti, cioè prima che arrivasse il Ministro attuale, Roberto Speranza, potrebbe riservare sorprese.

 

Ormai è noto che siamo di fronte a una pagina vergognosa e opaca, quella del Covid, sia rispetto alle cause che alle strategie di contrasto del virus adottate dai governi di tutto il mondo. In Italia, l’approssimazione operativa e la mancanza di trasparenza nella comunicazione istituzionale hanno alimentato il disorientamento e favorito abusi e illeciti.

 

Ma a lasciare esterrefatti sono alcuni particolari che stanno emergendo rispetto ai cosiddetti sciacalli della pandemia. Hanno speculato sulla pelle degli italiani attraverso la compravendita di mascherine e materiale sanitario e alcuni illeciti sulle misure di sostegno anti-crisi Covid come finanziamenti garantiti o contributi a fondo perduto.

 

Ora parrebbe che puntino ad allungare i tentacoli sulle ingenti risorse in arrivo dall’Europa per il Recovery Plan. Il Governo Conte con l’assunzione di oltre 300 “addetti ai lavori” stava aprendo un’autostrada ad operazioni dubbie e spartitorie.

 

L’allarme lo ha lanciato l’Uif, l’Unità di informazioni finanziaria presso la Banca d’Italia, che ha ricevuto lo scorso anno 2.277 segnalazioni su operazioni sospette legate alla pandemia per 8,3 miliardi di euro. L’incremento rispetto al 2019 è stato del 7%. Nel 2020, sei volte su dieci sono state scoperte operazioni illecite. L’80% delle operazioni sospette ha riguardato la compravendita di materiale sanitario e dispositivi di protezione individuale a cui si sono aggiunti l’erogazione e l’utilizzo incongruo di finanziamenti garantiti o contributi a fondo perduto.

 

Nel Rapporto annuale presentato due giorni fa, si legge che ai primi posti nella classifica dei luoghi di esecuzione dell’operatività sospetta ci sono il Lazio (18,7%) e la Lombardia (14,4%). Nei primi cinque mesi del 2021 le segnalazioni sono state 1.796, quindi in proporzione un numero superiore a quello dell’anno scorso, a riprova del fatto che gli sciacalli sono sempre più in agguato.

 

Riciclaggio, truffe e raggiri hanno prodotto danni a milioni di italiani soprattutto durante i mesi difficili del primo lockdown. E ora il rischio è che il Pnrr diventi occasione per ulteriori saccheggi di risorse pubbliche fondamentali per accelerare la ripartenza. Di qui anche la necessità di assecondare le spinte verso la semplificazione della disciplina degli appalti pubblici per accelerare i tempi di aggiudicazione e di realizzazione e per ridurre i costi degli interventi, eliminando quelle zone d’ombra che prestano il fianco alla commissione di reati.

 

Non è affatto escluso il coinvolgimento di politici di primo piano e dei sindacati nelle situazioni descritte dalla Banca d’Italia. Prezzi gonfiati, dispositivi difettosi e contraffatti, mascherine inadeguate, certificati falsi: sono tutte pratiche scorrette svelate in 16 mesi dalle inchieste della magistratura e dai sequestri della Guardia di finanza.

 

E ancora tanto altro potrebbe venire a galla, perché siamo solo agli inizi. Chi non ricorda, solo per fare uno degli esempi più stucchevoli di cattiva gestione della pandemia, l’episodio della spedizione dall’Italia alla Cina di due milioni di tonnellate di mascherine durante la prima ondata del Covid, quando la disponibilità di dispositivi medici nel nostro Paese era davvero scarsa?

Ma non si tratta dell’unico alert lanciato dalla Banca d’Italia.

 

Nel 2020 la Uif ha rilevato un sensibile incremento degli Sos potenzialmente riconducibili alla criminalità organizzata, pari al 18% del totale.

È stato inoltre registrato un significativo spostamento dell’azione criminale sulle frodi collegate al trading online, all’e-commerce e all’offerta di criptovalute. 

Hanno fatto registrare un boom le operazioni con criptovalute sospette di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.

 

Le segnalazioni sono passate da circa 500 nel 2018 a oltre 1.800 nel 2020. Banca d’Italia ha quindi avviato una stretta sui controlli che verrà rafforzata dal decreto ministeriale sul censimento degli operatori in valuta virtuale.

Pur essendo necessario impegnarsi a fondo e in modo costruttivo per far ripartire l’economia, non si possono non registrare con preoccupazione le situazioni descritte nel Rapporto Uif-Banca d’Italia.

 

La gestione Arcuri è stata opaca ed inefficiente, ed è doveroso che le indagini facciano il loro corso.

Ma chi ha nominato e sostenuto in ogni momento Arcuri, nonostante le critiche motivate giunte la governo? Nel frattempo, però, occorre vigilare affinchè le somme in arrivo dall’Europa non diventino un’altra ghiotta occasione nelle mani di chi è chiamato a operare per il bene comune e non per i soliti interessi di parte.

 

L’azione risanatrice di Draghi dovrebbe scandagliare i gangli della pubblica amministrazione e dei legami tra politica e malaffare.

 

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Articolo pubblicato il 28/06/2021