Torino. Franco Marini, il Popolare

“Marini senza eredi, ma con una ricca eredità”

Sono trascorsi pochi mesi dal 9 febbraio 2021 quando, all’età di 87 anni ed in piena lucidità ed azione, è deceduto  Franco Marini, esponente di primo piano del cattolicesimo sociale e del Popolarismo di ispirazione cristiana,  già segretario generale della Cisl e Presidente del Senato.

Giorgio Merlo che, oltre a condividerne gli ideali, gli fu amico  e  trascorse dieci anni in Parlamento accanto al suo leader di riferimento, ha scritto un saggio ragionato ed appassionato:” Franco Marini, il Popolare”. Lo ha presentato, auspice la Fondazione Carlo Donat Cattin, a Torino nel pomeriggio di venerdì 2 luglio in un dibattito che ha contribuito a mettere in risalto la coerenza della persona, nella continuità dei ruoli. Sindacale, con la partecipazione di Giorgio Benvenuto, ex segretario generale delle Uil, Parlamentare di lungo corso e già segretario nazionale del PSI, l’ex segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan, seguiti da esponenti ed osservatori politici; l’autore del saggio e il senatore Gianfranco Morgando.

 Sono emersi specifici ricordi che hanno esaltato  essenzialmente la fedeltà ai valori che hanno caratterizzato la vita di Franco Marini. Chi ha seguito totalmente o in parte l’era Marini ha potuto  apprezzare la lettura del testo e l’esposizione dei relatori, perché ha avuto la possibilità di confrontarsi con il proprio vissuto.

Quest’iniziativa che, di primo acchito, come ammesso dall’autore risponde all’emozione ed al doveroso ricordo di un autorevole amico, fa emergere l’acutezza e la lungimiranza di Giorgio Merlo, perché il saggio rappresenta, ancor più, un testo di riferimento per i giovani che respirano oggi l’ideologia dell’anno zero, in un contesto ove al tramonto dei leader si sono imposti i capi. Ciò produce sconcerto e mancanza  orientamento.

Dalle vicende umane, sindacali e politiche di Marini, emerge la sua coerenza ed il rispetto dei suoi interlocutori. In ogni sua azione, emergeva la ricerca della verità e del metodo di azione,  volto a far emergere rispettive e distanti posizioni. La sua lunga azione in continuità con Giulio Pastore e Carlo Donat Cattin, nel sindacato, esigeva la conoscenza piena delle materie e rivendicazioni da proporre, che approfondiva, per poi impostare le negoziazioni in contesti di onestà e non di prevaricazione, avendo come riferimento la dottrina sociale della Chiesa, la democrazia ed il pluralismo.

Erano tempi in cui gli esponenti della CGIL si recavano a Mosca per abbeverarsi al diktat del Cremlino, mentre Cisl e Uil si trovavano in sede europea per confrontarsi democraticamente con i colleghi degli altri Paesi, quando negli anni ’60, dopo il Trattato di Roma stava appena muovendo i primi passi, l’ideale comunitario.

Con la coerenza nemica della demagogia, per citare uno dei tanti contesti in cui Marini fu protagonista decisivo, si battè per l’accordo di san Valentino e il successivo referendum del 1985, per contribuire a frenare l’inflazione galoppante e restituire il potere d’acquisto conseguente per i lavoratori italiani, con la CGIL e il Partito Comunista ferocemente contrari.

Ma l’elenco è lungo come emerge dalla pagine documentate di Giorgio Merlo.

La medesima coerenza la riserva quando dopo la morte di Donat Cattin nel 1991, viene riconosciuto quale leader di Forze Nuove, la corrente sociale della Democrazia Cristiana. In lunghi anni di impegno politico, Marini ricoprì ruoli di primo piano. Fu eletto deputato, parlamentare europeo, nominato Ministro del lavoro e successivamente senatore e presidente del Senato.

Furono anni cruciali con la fine del pentapartito, l’azzeramento dei vertici dei partiti democratici ed il disfacimento degli stessi, con il dipietrismo imperante e il profilarsi dei partiti personali, con riferimenti strumentali, lontani da prospettive di riferimento.

Scia che è seguita quasi ininterrottamente sino all’avvento della società liquida e la volata deleteria dei grillini, favoriti anche da irresponsabili prese di posizioni di leader politici. Merlo cita con riferimenti precisi Matteo Renzi, che, oltre a voler “asfaltare” il sistema politico ed i suoi massimi esponenti, pugnalò alla spalle Marini impedendogli l’accesso al Quirinale, nonostante fosse sostenuto da ampi settori del Parlamento. Nel gioco cinico contro uomini ed istituzioni, mirante allo sfascio del sistema, si sono distinti  però ben altri soggetti.

Marini che fu sin tra i primi a demonizzare il tramonto della politica dei principi,  dei valori e della coerenza, fu quasi costretto, nel momento della diaspora democristiana a far confluire i Popolari nella Margherita, dopo le improvvide iniziative di Romano Prodi, volte ad indebolire la componente dei cattolici in Politica.

L’autore compie una disanima prudente e capillare su come Marini intendesse conservare gli ideali cristiani, non integralisti e clericali, anche nel successivo trasbordo nel PD. L’argomento è di stringente attualità  e le discordanze le abbiamo già potute constatare su tematiche etiche e bioetiche.

Forse anche nei prossimi giorni, nell’osservare  le posizione del PD a rimorchio dei grillini morenti in Parlamento, nella discussione sul Ddl Zan, assisteremo ad ulteriori capolavori di ambiguità.

Se ci estraiamo dalla politica spicciola e alziamo lo sguardo ai valori ed ai perché della Storia, siamo convinti che dovranno trascorre ancora molti anni per poter tracciare un giudizio sereno sulla stagione impropriamente detta delle “Mani pulite” sino alla nascita dei partiti personali ed al disgregarsi della seconda repubblica.

 Quale dignità di azione il PD, nelle sue molteplici e non entusiasmanti riedizioni, potrà riservare ai principi sostenuti dal cattolicesimo sociale? Prevarrà, in momenti ritenuti decisivi, l’unità di azione di cattolici in parlamento a prescindere  dalla collocazione partitica dei singoli componenti, in una società sempre più secolarizzata?

Sono temi di oggi e di domani.

Ciò non toglie, che come è stato affermato e riaffermato nel dibattito, il senatore Marini abbia indicato la metodologia per un percorso; ha evidenziato i rischi e pericoli involutivi per il Paese e per la democrazia ed ha lasciato una ricca eredità, anche se purtroppo non ha consegnato al Paese ed alla Politica un erede. Ciò principalmente perché il panorama politico e partitico è profondamente mutato.

Si può o meno concordare sulle iniziative svolte da Marini nella sua lunga attività orientata a favore del “Bene comune”, ma la dirittura morale del leader politico, costituisce indubbiamente materia di riflessione e di stimolo per chi vorrebbe ben operare.

 

Giorgio Merlo

“Franco Marini, il  Popolare”

Edizioni LAVORO  € 15

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Articolo pubblicato il 06/07/2021