Un busto per un grande Sindaco

Teofilo Rossi di Montelera ai Giardini Reali di Torino (di Alessandro Mella)

Certi articoli nascono quasi per caso. Così come questo, originato da una banale necessità. Trovandomi, un pomeriggio, a dovermi recare obtorto collo in centro città, lasciai l’auto a distanza e percorsi una parte dei Giardini Reali. Così, passeggiando, incontrai il bel busto di Teofilo Rossi che da quella bella posizione scruta quotidianamente i passanti.

Il personaggio non avrebbe bisogno alcuno di presentazioni. Imprenditore nella celeberrima Martini e Rossi, laureato in giurisprudenza, si avvicinò poi alla politica collocandosi in area liberale e giolittiana. sottosegretario, ministro, deputato e Senatore del Regno, divenne tra l’altro indimenticabile sindaco della città di Torino. Artefice anche della grande esposizione con cui, nel 1911, fu celebrato il cinquantenario del Regno d’Italia alla presenza di autorità internazionali, del primo ministro Giovanni Giolitti e della Famiglia Reale.

Alla sua scomparsa, nel 1927, grande fu la commozione e diffuso il desiderio di recare omaggio alla memoria dell’illustre estinto. Un primo busto fu realizzato dallo scultore Edoardo Rubino nel 1928:

 

L'inaugurazione di un busto a S. E. il Conte Teofilo Rossi di Montelera a Torino. Domani, domenica, nella grande sala al primo piano della nuova Casa dei Commercianti, verrà inauguralo il bronzo in cui la maestria e la devozione dell'insigne scultore Edoardo Rubino hanno mirabilmente espressa la cara paterna immagine del Conte Teofilo Rossi di Montelera. L'intervento di Augusti Principi di Casa Savoia conferisce una degna solennità alla commemorazione del nostro illustre e compianto concittadino. (1)

 

Un busto a Teofilo Rossi alla sede dei Commercianti a Torino. Domani domenica il palazzo che fu del grande statista Camillo Cavour ed ora è la sede della Federazione Commercianti, accoglierà le rappresentanze commerciali del Piemonte per due manifestazioni. Nella grande sala del primo piano, alle 10, verrà inaugurato un busto in bronzo del compianto conte Teofilo Rossi di Montelera opera dello scultore Edoardo Rubino. Commemorerà l’illustre scomparso il vice presidente della Federazione avv. grande uff. Pietro Don. L’intervento degli augusti Principi di Savoia conferirà alla funzione degna solennità. Seguirà quindi il secondo Convegno interprovinciale dei commercianti. (2)

Ma quello dei Giardini Reali invece? Alcune fonti sostengono che fosse stato collocato nel 1937 mentre altre sono, invece, più vicine alla realtà. Ed infatti la sua reale collocazione, sulle prime, stupisce.

Già nel 1930 il Gruppo Piemontese dei Cavalieri del Lavoro iniziò ad occuparsi della possibilità di offrire un monumento a ricordo del proprio fondatore il quale, nel 1911, era stato investito anche del titolo di Conte da Re Vittorio Emanuele III. (3)

Fin da principio l’idea fu di collocarlo ai Giardini Reali e la progettazione fu nuovamente affidata al Rubino il quale realizzò diversi bozzetti mentre la burocrazia faceva il suo corso ed i committenti tentavano di incassare il parere favorevole di tutti gli enti che dovevano esprimersi a riguardo.

Tuttavia, com’è noto, dopo qualche tempo il clima politico generale riuscì a peggiorare ulteriormente e l’ombra della guerra si affacciò sempre più minacciosa sul capoluogo sabaudo finché le prime incursioni aeree ne violarono gli edifici e le bellezze spargendo, per anni, macerie ed angoscia tra i suoi cittadini.

C’è quindi da presumere che il monumento al defunto sindaco fosse diventato l’ultimo dei pensieri, almeno per i più.

Fortunatamente, nel dopoguerra, lo stesso Gruppo dei Cavalieri del Lavoro riprese l’idea e si prodigò per portarla a compimento. E ciò accadde nel 1955:

Un grande Sindaco. Domani la città inaugura nel giardino reale un busto a Teofilo Rossi di Montelera. Non facile impresa per il compianto Edoardo Rubino ritrarre Teofilo Rossi di Montelera quale domani vedranno i torinesi nel bronzo donato dalla famiglia al Comune e collocato nel Giardino Reale presso il monumento al Carabiniere. Figura tozza, massiccia, quella del grande «Sindaco dell'Esposizione»: una testa che con un cappellone da olandese del Seicento avrebbe potuto degnamente apparire in un consesso di notabili dipinto da Frans Hals. Ma lo scultore puntò sullo spirito che, vivido, arguto, sprizzava da quel volto di grassone: e ne balzò l'immagine di un uomo intelligente, anzi, geniale. Un industriale che parlava di Dante con la sensibilità di un poeta e la sicurezza d'un filologo, un commerciante che collaborava ai Bollettini delle Società storiche, un amministratore che pubblicava i risultati dei suoi privati studi sulla Rivoluzione piemontese del '21. Tale era il sagace versatile successore a Palazzo di Città dell'aristocratico dittatore edilizio Ernesto di Sambuy (Chi l'ha fait loli? El cónt Sambuy!) e del democratico Secondo Frola: un dotto che ammorbidiva col gusto l'erudizione, un umanista che sapeva leggere i bilanci.

E come li leggeva, tenacissimo, esigente e intransigente; salvo poi sorridere bonario delle umane debolezze, anche delle proprie, e star volentieri allo scherzo (fabbricava un vermut eccellente, ma una volta ad un ricevimento ufficiale avverti faceto: «Bevetelo tranquilli, non è del mio», ed alla burla, come quando, presidente del «Circolo degli Artisti», si travestì da «Monsieur le Maire de Paris» in visita a Valsópata. Cronaca di Arrigo Frusta: «A l'ha 'n magnifich cilinder, bin bèrlusent, e d'antórn la bèdra n'afé còma vint méter de s-cirpa ross bianch e bleu. E a parla ant el pi gustós linguagi 'd Gargantua e Pantagruel».

Soprattutto un piemontese purosangue. D'esserlo sentiva l'orgoglio, è come sindaco di Torino, e come senatore e come ministro fedele al liberalismo progressista di Giolitti, fedele alla memoria del glorioso Parlamento subalpino. Che il suo accento potesse far sorridere i toscani quando andava in giro per le città italiane a tener conferenze dantesche e a declamare le Cantiche, non gliene importava nulla. Nei suoi concittadini voleva infondere la fierezza d'esser nati ai piedi di Superga, d'essere i figli di quelli che sul Mincio avevano cominciato «a fare l'Italia».

Ben lo dimostrò allorché si chiuse il sipario sulla «bella epoca», e l'eco del cannone del Carso giunse fino a Torino, ciascuno avvertì che dopo lunghi giorni sereni l'età delle tempeste cominciava. Anche per questo fu un grande sindaco. Ma la sua ora più bella non coincise coi successi dell'ottimo amministratore che vedeva la sua città arricchirsi d'utili edifici, dal Palazzo delle Poste a quello della Scuola di Guerra; ampliarsi e migliorarsi urbanisticamente col rispetto (ahimè tramontato) della tipicità locale, pulsare di nuove industrie, splendere la notte d'una illuminazione che appariva allora meravigliosa, risanarsi e umanizzarsi per provvidenze igieniche e ospedaliere.

Scoccò con l'inaugurazione dell'Esposizione Mondiale del 1911.

Cara Torino in festa, come mai più la si vide. Pennoni, bandiere, stendardi per ogni dove, ridenti tutti i visi, sovrani, principi, illustri personaggi d'Europa intera a spasso per le strade e pei corsi in quel maggio davvero radioso, il Valentino coperto di fenomenali e un po' buffe architetture di cemento e di ferro, di legno e di stucco, e musiche e fuochi d'artificio.

Non si può, non si deve dimenticare quella onesta e fiduciosa stagione torinese, che fu la stagione del «Sindaco Teofilo»: una delle più luminose e patetiche di Torino, sospesa in una vaga atmosfera fra De Amicis e Gozzano. Parrà comico quel baffuto signore in stiffelius e cilindro e guanti bianchi presentato dal settimanale illustrato «L'Esposizione di Torino» come il «Direttore delle schiere ginnastiche» all'inaugurazione dello Stadium.

Ma Torino intanto s'intonava al passo misurato e saldo di Giovanni Giolitti su e giù pei portici, la sera, di corso Vittorio Emanuele nelle sue brevi soste torinesi; un passo cui rispondeva quello, altrettanto saldo e misurato, di Giovanni Agnelli che entrava il mattino alla Fiat. Una stagione ancor oggi da ritenersi esemplare. mar. ber.  (4)

 

La cerimonia fu sobria, semplice, quasi spartana, ma non ricca di emozioni e ricordi. Un pizzico di nostalgia forse dominò i presenti:

Inaugurato il busto di Teofilo Rossi. Il busto di Teofilo Rossi di Montelera, opera dello scultore Edoardo Rubino, è stato inaugurato ieri al giardino reale. Su di un palco hanno preso posto, a mezzogiorno, le autorità: il cardinale Fossati, il prefetto dott. Gargiulo, il sindaco avv. Peyron, il rappresentante della Camera on. Chiaramello. Erano presenti I figli dello scomparso, Metello, Napoleone e Theo Rossi di Montelera, il questore dr. Chiriaco, l'on. Villabruna, parlamentari, assessori.

L'avv. Peyron ha ricordato la figura di Teofilo Rossi: «grande sindaco», industriale, uomo di cultura, umanista, ed ha concluso: «Formulo l'augurio, non solo per noi, che abbiamo la ventura di reggere le sorti della città in questo momento, ma anche per coloro che ci succederanno, che essi abbiano sempre ad ispirarsi al grande esempio che egli ci ha lasciato».

Il conte Marone, presidente della Camera di Commercio, ha ricordato l'opera di Teofilo Rossi per lo sviluppo dell'Industria torinese. Il figlio dello scomparso, conte Metello Rossi, ha espresso il suo ringraziamento per l'omaggio rivolto alla memoria del padre.  (5)

 

Ancora oggi il busto saluta con il suo sguardo i turisti e i cittadini che, frettolosamente, si avviano verso piazza Castello assorti in mille pensieri e preoccupazioni.

Al collo egli indossa le insegne del Sovrano Militare Ordine di Malta ed al petto le placche di Gran Croce degli Ordini della Corona d’Italia, dei Santi Maurizio e Lazzaro e della Legione d’Onore oltre alle miniature delle altre onorificenze.

Sul basamento, che lo sostiene e l’innalza, si può leggere a lettere dorate:

 

CONTE SENATORE -TEOFILO ROSSI DI MONTELERA - MINISTRO DI STATO-CAVALIERE DEL LAVORO - SINDACO DI TORINO DAL 1909 AL 1917.

 

Molti, forse, nemmeno ci fanno caso passando, dando per scontato ogni monumento, ogni ricordo del tempo che fu. Ogni memoria di un passato in verità importante:

 

Il gruppo piemontese dei Cavalieri del Lavoro (associazione presieduta dal giolittiano piacentino Giovanni Raineri) tre anni dopo propose di erigergli un monumento e ne affidò il compito a Edoardo Rubino, molto legato a suo cognato, Annibale Galateri di Genola.

La realizzazione fu più volte rinviata, sino al 30 ottobre 1955 quando venne finalmente scoperto. Figura in veste di ambasciatore onorario. La sua memoria, però non è consegnata solo a quel bronzo, (…) né nelle strade che ne ricordano il nome. È nell'Idea di Torino, prima capitale d'Italia e città europea. Quella è la sua eredità. Attualissima. Perché le città, i popoli, gli Stati non vivono solo di “pil”. Hanno bisogno di Ideali. Di Missioni. (6)

 

Ma forse anche queste poche righe contribuiranno a ricordare un grande uomo ed a favorire un sorriso tra quei passanti che le avranno lette. In omaggio ad un grande sindaco il cui esempio non dovrebbe sfuggire agli amministratori del terzo millennio.

Alessandro Mella

 

NOTE

1) L’Alfiere, 39, Anno IX, 29 settembre 1928, p. 2.

2) L’Arco, 39, Anno XXXVII, 29 settembre 1928, p. 1.

3) La genealogia dei Rossi di Montelera è stata studiata e compilata su diverse edizioni dell’Annuario della Nobiltà Italiana, tra cui l’ultima la XXXIII, diretto da Andrea Borella.

4) Nuova La Stampa, 257, Anno XI, 29 ottobre 1955, p. 2.

5) Nuova Stampa Sera, 258, Anno IX, 30 ottobre 1955, p. 2.

6) Il Giornale del Piemonte, Aldo A. Mola, editoriale del 22 maggio 2016.

 

Di recente, mi sono occupato di Teofilo Rossi di Montelera, soggetto del presente articolo dell’amico Alessandro Mella, quando ho collaborato alla redazione del volume “Giardini di Torino - Storie, incontri & leggende nei parchi della città” (Ël Torèt-Monginevro Cultura, Torino, 2021). Ho quindi proposto con piacere ai Lettori di Civico 20 News questo interessante contributo che fornisce ulteriori singolari informazioni su questo illustre personaggio torinese e sulla realizzazione del busto che lo ricorda (m.j.).

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Articolo pubblicato il 23/07/2021