Una scomoda osservazione della natura.

A prescindere dalle nostre aspettative e desideri.

Tra la mole incredibile di informazioni che riceviamo ad ogni istante ve ne sono alcune che sono poste in evidenza dalla scienza e dalla cultura quali processi naturali piuttosto normali.

Una di queste è che il vecchio (come anche io sono) deve lasciare il posto al giovane.

 

Che ci piaccia oppure no, che questo ci faccia indignare, oppure sorridere, non ha alcuna importanza. Tranne qualche rara eccezione (ma per chi conosce qualcosa in più tale non è) o fatalità (che anch’essa, a ben vedere, è tutt’altro) questa legge trova riscontro sempre e ben oltre la nostra limitata logica razionale.

 

In natura anche il più poderoso maschio alfa ad un certo punto deve lasciare spazio ad un nuovo esemplare più giovane.

 

Diversamente l’essere umano (che nel migliore dei casi è ancora quasi del tutto un animale) crede di poter andare al di là di tale legge mettendo in atto ogni sorta di attività proprio a tale scopo. Sforzo encomiabile ma vano! Alla fine comunque la natura segue il suo corso e tutto ciò che le appartiene si adegua di conseguenza. Solo che la natura è dotata di un umorismo così sottile e raffinato che sembra non farlo, lasciando all’essere umano l’illusione della sua presunta potenza, facendogli fare esattamente quello che serve secondo le sue leggi, totalmente convinto di essersene liberato.

 

Sopravvivere ad ogni costo sembra essere la più importante ragione del suo agire, il suo obiettivo primario a dispetto della continua prova di quanto i suoi sforzi in tal senso siano poco produttivi. Infatti, se è vero che l’età media e l’aspettativa di vita sono sensibilmente cresciuti in questi ultimi due secoli, è pur vero che molto poco si conosce della enorme quantità di fattori che hanno concorso, e continuano a farlo, a tal fine. Tra questi ci sono sicuramente tutti quelli che sono annoverati come conquiste umane nel campo della medicina, dell’igiene e delle condizioni di vita generali (almeno per una certa parte, più fortunata, dell’umanità).

 

Ma se proprio vogliamo fare qualche nostra considerazione personale rispetto all’evidenza impietosa dei numeri, allora osserviamo la schema che segue e facciamoci qualche domanda:

 

 

1 – ci ricordiamo che, in natura, quando una specie cresce troppo si attiva un fenomeno chiamato “pullulazione” in base al quale si determina una morte di parte di essa, fenomeno al quale nessuno scienziato sa ancora dare una adeguata ed esaustiva spiegazione tecnica?

 

2 – ai fini della morte di un essere vivente quanto conta il modo in cui si determina rispetto al fatto che essa si rivela temporalmente inevitabile, ovvero si può morire anche se sani?

 

3 – sappiamo quale sia il numero di patologie sopportabile da un essere umano a fronte della nostra presunta capacità di tenerle sotto controllo credendo di allungare così la sua permanenza “in vita”?

 

4 – perché vogliamo che siano vaccinati anche coloro che non corrono pericoli ben sapendo che l’unico effetto che si può produrre è che possano infettare noi vecchi, ormai vicini a fine certa, indipendentemente dalla causa?

 

Per inciso, al netto del rispetto della sofferenza che tale evidenza comporta, e al quale mi associo, i dati ufficiali riportano che l’età media dei morti per sarscovid19 è di 81 anni e il numero medio di patologie ad essi connesse è 3,6.

 

A quando la consapevolezza che la vita ha un termine e che la cosa più importante non è quanto dura ma come la si vive?

 

A quando un vaccino (a dosi giornaliere) contro la nostra ottusa stupidità? (ma non sarebbe un grande affare visto che sembrerebbe non servire a nessuno e quindi nessuno ne farebbe uso volontariamente).

 

Però vuoi mettere: una semplice punturina e tutti via in vacanza allegri e spensierati senza correre alcun pericolo (tanto siamo assicurati, adulti, vaccinati e dotati di lasciapassare, no?).

 

Cosa mai ci potrebbe capitare?

 

foto e testo

pietro cartella

 

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Articolo pubblicato il 21/07/2021