L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS – Elio Ambrogio: Il Pensiero ai tempi del Covid

Quattro filosofi contro il collasso neuronale

Paulo maiora canamus. Accogliamo l’esortazione del Poeta e proviamo a far passare qualche considerazione più elevata rispetto al dibattito covidario, vaccinario e restrittivo di questi giorni. Proviamo cioè a dimenticare le recenti, rozze burionate e ascoltiamo qualche voce proveniente dal mondo della cultura “alta” che in buona parte ci avverte dei pericoli che corre la nostra libertà, pericoli già evidenziati da molti in passato ma oggi drammaticamente aumentati dal lasciapassare verde, il salvifico green pass offerto alla massa segregazionista.

A prendere posizione contro questa invenzione del nostro governo -che, nella sua limitatezza cerebrale, si è semplicemente e immediatamente accodato alla macronata d’oltralpe- sono stati alcuni dei maggiori filosofi italiani, non proprio destrorsi, sovranisti o populisti: Giorgio Agamben, Ermanno Bencivenga, Massimo Cacciari, Carlo Lottieri e probabilmente anche altri meno noti.

Si tratta di nomi sulla cui autorevolezza non ci sono dubbi: menti libere da sempre che hanno dovuto fronteggiare l’ondata di irrazionalità e di autoritarismo che ha sommerso il mondo ma soprattutto il nostro paese dove, come da consuetudine, il dramma ha assunto i toni e i colori della farsa.

Agamben per primo, già all’inizio del 2020, aveva preso posizione sul totalitarismo incipiente fondato sulla paura e sullo stato di eccezione riprendendo il concetto di “biopolitica”, come formulato da Foucault negli anni settanta, ed evidenziandone la micidiale possibile evoluzione.

Ma quella presa di posizione è rimasta ai margini del dibattito perché la maggioranza dei mezzi di comunicazione l’ha semplicemente ignorata,  probabilmente per tre ragioni fondamentali:

1) la maggior parte dei giornalisti manco sapeva chi fosse Agamben, invece ampiamente conosciuto e apprezzato nel mondo accademico e filosofico internazionale,

2) la propaganda mediatica non era all’altezza di comprenderne le raffinate argomentazioni,

3) le sue idee non rientravano nella narrazione terroristica e isterica imposta dalla politica e dallo scientismo autoritario di allora, e anche di oggi.

Ermanno Bencivenga, Distinguished Professor of Philosophy and the Humanities all’Università della  California, ha pubblicato numerosi testi di storia della filosofia, logica, estetica, filosofia del linguaggio e, poche settimane fa, ha scritto La grande paura pubblicandolo presso il piccolo editore Ginkgo di Verona dal momento che tutti i grandi editori per cui scriveva in precedenza -cosa assai significativa- hanno rifiutato il libro in quanto non conforme all’ideologia covidaria corrente.

Anche Bencivenga, come Agamben, pone l’accento sulla paura, quella spontanea dell’essere umano di fronte al pericolo vero o percepito ma anche quella creata appositamente dal potere per stringere la morsa del suo dominio sui propri sudditi.

Anche di Bencivenga i media non hanno parlato probabilmente per le stesse tre ragioni per cui hanno ignorato Agamben, consolidando la tendenza a non fornire spunti di pensiero e di riflessione circa il virus “atteso” da tempo per paura di depotenziarne l’utilizzo politico e mediatico.

La critica di Massimo Cacciari non ha l’organicità degli altri, essendo il personaggio più mediatico e giornalistico, un filosofo più à la page anche se comunque autore di studi fondamentali sulle tendenze filosofiche fra ottocento e novecento e anch’egli ben conosciuto all’estero.

E anche Cacciari ha sottolineato il ruolo politico dell’ “emergenza permanente” perseguito all’interno della società del “sorvegliare e punire”, una tendenza che, secondo Cacciari, sovente non è progettata a tavolino ma semplicemente  inconsapevole, cosa che la rende ancora più pericolosa, proprio perché fondamentalmente irrazionale. Una crisi che viene affrontata con sistemi occasionali, a colpi di norme contraddittorie e solo con una logica penalistica, può creare una deriva molto pericolosa. “Pensiamoci” è la conclusione di Cacciari che, nella sua stringata semplicità, ha un significato filosofico profondo: quello di un pensiero critico che l’isteria covidaria, vaccinale e confinatoria vede come il suo nemico più pericoloso.

E infine Carlo Lottieri, docente di filosofia del diritto all’università di Verona, forse non così noto al grande pubblico come i filosofi precedenti, ma autore di testi fondamentali sul liberalismo e il libertarismo, su cui vale la pena di intrattenersi in quanto il suo pensiero si colloca appunto nell’ambito di una intransigente difesa delle libertà individuali contro lo strapotere del Leviatano statale secondo la visione classica del più puro liberalismo occidentale. L’analisi di Lottieri è -come per gli autori precedenti- assolutamente critica di fronte alle scelte pubbliche che l’Italia e molti altri paesi hanno adottato per contrastare la presunta pandemia e, in particolare verso il lasciapassare verde, ultimo atto della deriva totalitaria in atto.

Byoblu, l’emittente televisiva libera e controcorrente che oggi rappresenta una dei pochissimi punti di riferimento per chi vuole sottrarsi all’omologazione informativa (trasmette sul canale 262 o è reperibile su www.byoblu.com), ha mandato in onda il 26 luglio 2021 un’intervista a Lottieri che dovrebbe essere appresa a memoria -anche, se necessario, con metodi forzosi- dai burionisti che la sera si sparano dosi massicce di Netflix, quantomeno per insegnare loro che cosa è la garbatezza argomentativa, il rispetto per l’idea altrui,  il riferimento colto e raffinato, il rigore dell’analisi intellettuale.

Lottieri evidenzia come esistesse una “domanda di pandemia” ancor prima del Covid, una pandemia che permettesse allo stato di intervenire finalmente in ogni ambito possibile. Si pensi solo all’aumento della moneta correlato all’aumento di spesa pubblica, una spesa “di urgenza” senza limiti e senza più controllo da parte degli organi tradizionalmente a ciò preposti, in una logica “biopolitica” di amplissima e pervasiva estensione.

La pandemia ha portato ad accantonare completamente la questione giuridica e il dibattito pubblico ha visto come protagonisti solo più medici e virologi, e la scienza si è ridotta a scientismo, il quale si è alleato con la politica distruggendo ogni dimensione critica.

Secondo Lottieri la realizzazione di un lasciapassare vaccinale che generi una diffusa tracciabilità delle persone non è compatibile con una società libera. La pandemia si è poi felicemente sposata con il welfare state e ha fatto scomparire il singolo per affermare prepotentemente il primato della collettività, anche tramite l’uso indiscriminato della paura indotta che misura continuamente i contagi invece del più ragionevole numero dei morti.

Ma tutto questo ha fatto sì che venisse meno anche il rispetto delle minoranze, uno dei cardini delle società liberali, e che, ultimamente, ha portato addirittura alla negazione di uno “stato di legittimità” per i non vaccinati.

Un paternalismo repressivo assolutamente inaccettabile che, nato prima in un paese autoritario come la Cina, si è immediatamente riprodotto in Italia dove la classe politica ha scelto di “fare” piuttosto che “non fare”, anche se però quel “fare” si è basato su una sostanziale ignoranza di ciò che stava accadendo. D’altra parte, osserva ancora Lottieri, tra un disastroso agire basato sull’ignoranza e un non agire dettato dalla prudenza e sul rispetto dello stato di diritto, il primo è sicuramente più pagante sotto il profilo del consenso. E la nostra classe politica naturalmente non ha avuto esitazioni.

Basta la breve panoramica sopra accennata per smentire la vulgata vaccinista secondo cui chi non si allinea alla sua posizione è un ignorante rozzo e irresponsabile. D’altra parte, quasi sempre quando i vaccinisti si inerpicano su posizioni filosofiche o anche semplicemente intellettuali, uscendo dallo scientismo elementare o dallo stile da intrattenimento a cui sono abituati, non riescono a sfuggire al dilettantismo argomentativo e collezionano figure tristissime come un certo capo del governo in una recente conferenza stampa.

Lasciamo invece che i filosofi facciano il loro mestiere di sempre: quello di insegnare a pensare, anche quando pensare diventa un reato. Magari senza seguire l’esempio di Socrate fino in fondo, perché di quelle persone abbiamo un gran bisogno per la nostra libertà di cittadini e per la nostra dignità di esseri umani, due cose oggi drammaticamente in pericolo.

 


Elio Ambrogio - Firma di "Civico20news"

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Articolo pubblicato il 01/08/2021