L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Carlo Mariano Sartoris: la nomofobia

I sintomi della dipendenza da smartphone, lo stato di trance, strade per la disintossicazione dal Web

Stiamo vivendo un momento etico-politico in cui il termine “fobia”, talvolta usato in modo improprio, è di grande attualità, ecco perché, per uscire dall’abusata trans omo fobia che imperversa di questi giorni, ho voluto esplorare l’universo della nomofobia, che al di là dell’assonanza, in realtà identifica un fenomeno completamente diverso; una smania di cui siamo in molti ad essere afflitti.

Si tratta della vera dipendenza globale del 21º secolo, della quale non sono del tutto esente. L’ispirazione a scriverne è scaturita dopo un convegno pubblico on-line in lingua francese, che per fortuna padroneggio, svoltosi il 15 luglio, organizzato dal Gruppo Pompidou, la piattaforma del Consiglio d’Europa in materia di dipendenze, organizzato assieme ad altri partner europei e russi.

Uno dei temi principali è stato: dipendenze comportamentali facilitate dalle tecnologie e uso problematico delle stesse. Una fobia che si è insinuata praticamente in ogni famiglia della nostra società avanzata.

Il termine “nomofobia” è stato utilizzato ufficialmente per la prima volta in un rapporto dell’Istituto di ricerca britannico YouGov. Il significato letterale del termine deriva da: “no-mobile-phone phobia“, ovvero la paura (fobia) di non avere accesso alla rete di telefonia mobile. Si tratta di uno dei comportamenti estremi da cui si può valutare il livello di dipendenza e le eventuali, molteplici forme di disturbo legate all’utilizzo ossessivo di Internet e dello smartphone, e alle varie forme di interazione con l’intelligenza artificiale che può procurare effetti assimilabili a quelli di sostanze psicoattive. Esistono più pubblicazioni in merito.

Il 21º secolo, ad oggi può essere definito quello dell’accelerazione esponenziale della tecnologia. Il Web, legame a basso costo con il “tutto” del mondo, il pc e la telefonia mobile sono gli ingredienti che hanno generato una nuova identità di relazione. Un’abitudine che in breve tempo ha risucchiato tutti, in molti casi sforando verso tempi e momenti di utilizzo ossessivi, e non solo nelle fasce giovanili. Molti ne sono consapevoli.

Di certo la rete e la telefonia mobile sono una conquista. C’è chi ne fa un buon uso, altri sono totalmente drogati da un connubio di ingredienti psichici-ipnotici che danno origine ad effetti assimilabili a un’interazione tra sostanze stupefacenti o psicotrope e il nostro cervello, in modo da generare dipendenze di comportamento. In molti casi si verificano disturbi del sonno e interazioni con il subconscio, con il mondo dei sogni che sembra essersi connesso a un video.

È un argomento niente affatto originale, trattarlo con l’occhio critico verso capannelli di ragazzi seduti ai tavoli di un centro commerciale, intenti a chattare ignorandosi l’un l’altro, è un luogo comune. La malattia da social, da facebook, da post, da video e dal numero di “mi piace” è diffusa e contagiosa per utenti di tutte le età. Esiste una cura per guarire?

Un recente spot promozionale che ha colpito la mia attenzione, passa sui canali Mediaset e affronta il problema offrendo una terapia di disintossicazione per i drogati da tablet e da smartphone, segnando un indirizzo Web a cui rivolgersi. Lo slogan è azzeccato: “non cadere nella rete”. Dunque il problema è sentito e sono in molti a voler “smettere” il vizio.

La volontà c’è, ma perché è difficile? Secondo la prof.ssa e antropologa Natasha Schüll, ricercatrice della New York university, che ha studiato i vari aspetti del fenomeno, nel caso della dipendenza da smartphone, durante il “ciclo ludico” (periodo dedicato allo svago e all’intrattenimento), la mente entra in una sorta di trance e continua a ripetere attività che creano dipendenza, presa dal rilascio di dopamina. Solo quando viene raggiunto un livello di rigetto, avviene il brusco distacco dallo stato di trance. A volte solo momentaneo.

Nel caso più grave dei soggetti affetti da nomofobia, i livelli di stress emersi dalle interviste sono molto simili a quelli della odontofobia, la paura del dentista, ma altri sintomi sono molto diffusi.

Il 53% dei fruitori di smartphone soffre di un profondo stato di ansia quando perde il cellulare, esaurisce la batteria o il credito residuo e quando non ha copertura di rete. I consumatori più sensibili a questa fobia sono gli uomini per il 58% mentre l’universo femminile si limita al 48%. La causa principale del senso di agitazione è stata indicata dal 55% degli intervistati nel bisogno di tenersi in contatto con amici e familiari. Solo il 10% per questioni professionali.

Tanto vale ammetterlo, siamo in molti ad essere drogati dai social e dal cellulare. Come riconoscerlo? I sintomi di dipendenza da iPhone & C. sono riconoscibili dall’atteggiamento del tipico nomofobico smartphone:

ha sempre con sé un carica batterie o una powerbank per evitare di restare a secco di energia;

controlla con frequenza il cellulare per vedere se ha ricevuto messaggi e soffre della sindrome da squillo o vibrazione inesistenti quando ha il cellulare in una borsa o in una tasca, e lo verifica;

se ha un abbonamento ricaricabile, quando telefona controlla sovente e di nascosto il credito a disposizione;

in genere ha più di un telefono, modelli regolarmente aggiornati 5G, oppure un numero alternativo per essere rintracciato in caso di furto o perdita del suo smartphone;

tiene il cellulare sempre acceso, anche al cinema o a teatro, seppur in modalità vibrazione e non va mai al bagno senza;

nei luoghi dove la ricezione è scarsa va in ansia e cerca subito di rintracciare un angolo nei paraggi dove c’è campo.

Per liberarsi dai cerimoniali e dal vizio non basta spegnere gli apparecchi e fare resistenza, perché subentra l’astinenza, molto simile a quella dal gioco d’azzardo e soprattutto dal fumo. Ecco perché, per “smettere” occorre seguire le stesse metodologie di disintossicazione in modo costante e scientifico.

La prima mossa è avere coscienza della dipendenza e la decisione di smettere va intesa come intimo volere e non un dovere, quindi bisogna staccarsi dall’oggetto e del suo richiamo morboso, e infine, resistere alle crisi di astinenza. Altra strada non c’è. Ho smesso di fumare così.

In conclusione, la razza umana, autodistruttiva per progetto “originale” è affascinata preda di molte dipendenze, cade nel gorgo e poi ne vuole uscire. È un comportamento più vecchio del vino; si è andato sviluppando sul sentiero delle nuove scoperte in ambito stupefacenti, dalle droghe di origine naturale a quelle chimiche e in altre pratiche dai molteplici aspetti, tendenti in genere a esagerare e uscire dalla sfera del concetto di normalità. Ciò nondimeno, la forza contraria dell’istinto di sopravvivenza dovrebbe agire con maggior azione preventiva. Evitare il primo sbaglio scongiura l’escalation, in amore come in guerra, altrettanto per ogni dipendenza.

Stabilito che lo sballo da smartphone ha abbattuto molti aspetti della privacy e in certi casi di bullismo e pornografia, produce danni anche molto gravi, dovremmo prendere atto a priori di una nuova frontiera della tecnologia. Mentre noi, generazioni dei pollici veloci siamo col naso dentro al telefono, lo sviluppo avanza. Il futuro ha l’intelligenza di un robot che pensa e agisce al posto nostro, superando i “limiti matematici” del suo creatore, del suo umano dio. Cosa sarà di noi allora? Inutili, succubi e molli esseri giunti al termine dell’umanesimo per mancanza di “limiti comportamentali”.

Guardare al futuro un tempo era il compito di saggi e indovini. Oggi lo conosciamo già e ci caschiamo dentro senza più nerbo, né contrarietà. Creiamo virus nei laboratori, non fermiamo il riscaldamento globale, spariamo sonde su Marte e ancor più in là, dove non andremo mai, mentre il pianeta Terra va in malora.

Spazio alla tecnologia dunque?

L’era degli automi, magari sarà migliore….

     Civico20News

Carlo Mariano Sartoris

        Redattore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 08/08/2021