Servono Vescovi come Dio comanda per combattere la buona e pacifica battaglia ...

Il vescovo di Bayonne in Francia che ha scritto ai fedeli per denunciare il regime di discriminazione

Senza scadere in polemiche pretestuose riporto due esempi di vescovi che perlomeno parlano chiaro di fronte alla pandemia e alla questione aborto. Per quanto riguarda il primo argomento faccio riferimento a monsignor Marc Aillet, vescovo di Bayonne in Francia che ha scritto ai fedeli per denunciare il regime di discriminazione, di sospetto e di controllo reciproco che verrà creato con l'introduzione del lasciapassare. La lettera del 23 luglio scorso Pubblichiamo la lettera aperta ai sindacati scritta da un insegnante delle scuole superiori per invitarli a difendere il posto di lavoro di coloro che, nella scuola, non intendono sottoporsi a vaccinazione anti-Covid. La lettera è stata pubblicatarso di monsignor Aillet acquista ancora più rilevanza e nel silenzio attuale risuona come una vox clamantis in deserto”. (Luisella Scrosati, Green pass e controllo sociale: c’è un vescovo in Francia, 3.8.21, Lanuovabq.it).

Mons. Aillet decide di parlare, condividendo i sentimenti e la perplessità di tanti uomini e donne che in questi mesi di pandemia e campagna vaccinale hanno potuto confrontarsi con il loro vescovo. Una rarità. Ormai si sente tutto e il contrario di tutto, soprattutto dalla bocca di quei medici che sono a tutti gli effetti diventati delle soubrette, nel senso etimologico della parola. La spinta mediatica e legislativa, riconosce Aillet, ha di fatto generato in molte persone «una situazione di stress psicologico e morale».

Il vescovo di Bayonne rileva come «l’obbligo del pass sanitario non cessi di interrogare molte persone, inclusi i rappresentanti eletti di ogni forza politica, sul regime di discriminazione, di sospetto e di controllo reciproco che verrà creato in questo modo». Pertanto, il vescovo prospetta una pericolosissima «“discriminazione” tra vaccinati e non vaccinati, che incita gli uni a colpevolizzare gli altri, a marginalizzarli e a condannarli praticamente ad una morte sociale. Da entrambe le parti, accade che si spinga sulla molla della paura o si finisca nell’irrazionalità».

Una divisione che sta distruggendo i rapporti familiari, d’amicizia, di lavoro e persino i rapporti fraterni tra cristiani, il vescovo avverte il dovere di invitare «alla calma, nel più grande rispetto di tutti, qualunque sia la vostra opinione, rifiutandovi di stigmatizzare quanti fanno una scelta diversa».

Il vescovo francese nella lettera dichiara di essersi informato in merito alla pandemia mondiale, scoprendo diverse informazioni che non sempre vengono portati alla conoscenza pubblica dai grandi media. Con fine umorismo, monsignor Aillet intende porre una serie di domande, probabilmente impertinenti e non gradite all’establishment. Sono le domande che il vescovo, sente regolarmente tra i suoi fedeli. Tra queste c’è quella se per caso per fermare l’epidemia, il vaccino sia l’unico mezzo per fermarla. Il vescovo si interroga: «che fine fanno i trattamenti che esistono e risultano efficaci, o gli altri mezzi di prevenzione raccomandati per rafforzare le nostre difese immunitarie naturali?» Che ne è dell’idrossiclorochina e dell’ivermectina, espressamente menzionati da Aillet? «Che ne è della libertà dei medici di prescrivere dei trattamenti contro la covid-19?».

Monsignor Aillet pone altri interrogativi, come quelli sull’efficacia dei vaccini e sul perché le case farmaceutiche che li producono sono state esentate dal risarcimento per gli effetti indesiderati. E poi, la domanda etica decisiva: «Perché non si invoca il “principio di precauzione” così tanto presente nel dibattito pubblico quando si tratta della protezione dell’ambiente?».

Infine, il vescovo francese pone la questione sulla reale utilità di un lasciapassare che si basa sull’assunto mai dimostrato (e smentito sia dalle case farmaceutiche che dai fatti) che la vaccinazione impedisca la trasmissione del virus. Aillet fa notare che, a riguardo, il Primo Ministro e il Ministro della Sanità francesi si sono contraddetti. Segno che tutto il mondo è paese.

Sulla questione aborto è intervenuto monsignor Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-San Remo, con una lettera (pubblicata da Cristianità n. 409, col titolo redazionale: “Difendere e promuovere la vita, sempre, comunque e in qualunque circostanza”) inviata ai partecipanti alla Marcia per la Vita, svoltasi a Roma il 22 maggio 2021.  Il vescovo sanremese ha partecipato alla Marcia, condividendo con i partecipanti la gioia e la festa della vita per testimoniare
l’impegno della Chiesa, dei credenti e di tante persone di buona coscienza a favore, a servizio e a tutela della vita umana dal suo sorgere fino al suo naturale chiudersi, in tutta la varietà delle sue espressioni, soprattutto di quelle maggiormente segnate da fragilità, sofferenza e fatica.

“Sono qui per offrire la forza della mia voce e del mio cuore a tutte quelle persone che, anche in condizione di estrema difficoltà, hanno detto e dicono sì alla vita: le mamme coraggiose, che non si sono arrese di fronte a grandi problemi, i medici, le donne e gli uomini di scienza, che spendono competenze, coraggio e impegno per promuovere il dono della vita, i volontari di tutti gli ambiti, che con generosità e
profondo senso di responsabilità accompagnano tante persone e la società tutta a pensare e a compiere scelte giuste e coerenti in rapporto a questo grande dono di Dio”.

Suetta ha inteso ricordare la triste ricorrenza dell’approvazione della sciagurata ed ingiusta legge 194, che ha introdotto anche nel nostro Paese la possibilità di praticare l’aborto in forma ritenuta legale, a cura del servizio sanitario e a spese di tutti i cittadini, anche dei tantissimi giustamente contrari.

Pertanto, per il vescovo è “ben giusto che lo scopo principale di questa manifestazione sia ancora una volta di dire con chiarezza, con coraggio e con perseveranza instancabile che chiediamo la abrogazione di questa legge iniqua, rigettando con forza la convinzione perversa che tanto i singoli quanto lo Stato abbiano il diritto di sopprimere la vita umana”.

Il presule ligure ricorda l’efficace immagine usata da Papa Francesco: “Non si può, non è giusto far fuori un essere umano, benché piccolo, per risolvere un problema. È come affittare un sicario” (Udienza generale 10.10.2018).
Il vescovo ricorda con profondo dolore i crimini contro la vita che producono in seno alla umana società, devastandola e privandola di speranza e di futuro. Soprattutto la famiglia, culla della vita e luogo naturale per il suo sviluppo nel vigore e la sua custodia nella fragilità, viene costantemente e ferocemente minacciata, abbandonata e manipolata nella sua bellezza e vitalità originali. “Mi domando come sia possibile parlare di futuro e quindi di natalità, elemento essenziale ed imprescindibile di tale prospettiva, senza denunciare e rigettare la principale causa del cosiddetto freddo inverno demografico, che stiamo attraversando; la convinzione, cioè, che la vita umana sia da una parte considerata come un bene di consumo o un diritto – quasi un capriccio – da pretendere a piacimento e ad ogni costo, e dall’altra venga offesa, calpestata e soppressa quando, con malvagia e miope attitudine egoistica, disturba l’assurda pretesa di una vita comoda”.

La principale causa della denatalità soprattutto nel mondo occidentale “è la piaga dell’aborto, e non soltanto per i numeri – cifre da paura e da autentico genocidio -, ma anche per la mentalità da esso presupposta e, purtroppo, ulteriormente incrementata, una mentalità individualistica, edonista e priva di prospettiva verso un autentico orizzonte antropologico e un effettivo bene comune”.

Monsignor Suetta si rivolge ai credenti, invitandoli alla coerenza.“Il comandamento divino “non uccidere” è istanza insopprimibile che non può essere abrogata o sospesa né dalla pretesa di autodeterminazione né da leggi ingiuste e quindi illegittime”. “La disobbedienza al comandamento di Dio - avverte monsignor Suetta - è purtroppo foriera di una serie di sovvertimenti, che sotto le inadeguate e mentite spoglie delle libertà personali e dei diritti individuali, minacciano uno dei capisaldi
della umana convivenza: la famiglia. Il dibattito in corso sul ddl Zan ne è amara conferma”
.

Facendo sue le parole del grande Papa San Giovanni Paolo II, Suetta scrive: non staremo a guardare, ma ci alzeremo in piedi:
“Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata. Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un’emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio. Ci alzeremo quando l’istituzione del matrimonio viene abbandonata all’egoismo umano, e affermeremo l’indissolubilità del vincolo coniugale. Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche, e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell’individuo ma anche per quello della società” (Omelia a Washington 07.10.1979).
Come vescovo della Chiesa di Cristo, sento forte la responsabilità incombente sui pastori: “consapevoli del ruolo ad essi spettante, non si assumano mai la grave responsabilità di tradire la verità e la loro stessa missione esponendo idee personali contrarie al Vangelo della vita quale il Magistero fedelmente ripropone e interpreta” (EV n. 82); per questa ragione oggi sono qui a dare testimonianza, forte di un
coraggio che non viene da me, ma da Cristo e anche da voi, popolo della vita.

Monsignor Suetta esorta i partecipanti alla Marcia ad avere fiducia e coraggio nel combattimento di questa buona e pacifica battaglia […] Non dobbiamo temere di affrontare una cultura di morte dilagante, di annunciare i tesori della nostra fede
e della sana ragione
, di contrastare anche i poteri più forti con tutti i mezzi… e, neppure tanto
sommessamente, ricordo: anche con il nostro voto. Evangelium Vitae richiama fortemente a tale responsabilità e diritto del cittadino, così come esorta i politici cattolici a non tradire il primato della coscienza e della verità di Dio”.

Il presule ricorda la Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica della Congregazione della Fede del 2002: “quanti sono impegnati direttamente nelle rappresentanze legislative hanno il preciso obbligo di opporsi ad ogni legge che risulti un attentato alla vita umana”; e aggiunge: “per ogni cattolico vige l’impossibilità di partecipare a campagne di opinione in favore di simili leggi né ad alcuno è consentito dare ad esse il suo appoggio con il proprio voto” (n. 4). Con buona pace, anzi con salutare tormento, di chi tanto in Europa come oltreoceano si arrampica sugli specchi per conciliare fede cattolica con sostegno all’aborto o ad altre situazioni contrarie alla legge di Dio!

La buona battaglia contro l’aborto potrebbe sembrare impari e umanamente magari lo potrebbe anche essere. Ma a questo proposito Suetta ricorda la storia di Golia e Davide: “Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel
nome del Signore degli eserciti”
(1 Sam 17, 45).

L’arcivescovo di Ventimiglia-San Remo conclude la lettera invocando il patrocinio della Beata Vergine Maria e di San Giuseppe che affrontarono la dolorosa e dura fatica dell’esilio, per sottrarre il Bambino Gesù alla furia omicida di Erode. Ci insegnino a smascherare ogni falsa idea di progresso e di libertà e a capire che chi
vorrebbe condurci contro la verità di Dio non vuole il nostro bene, ma piuttosto i nostri beni, la nostra libertà e la nostra sottomissione. Di personaggi come Erode è piena la storia ed è pieno il mondo, e noi possiamo guardarli con lo sguardo limpido e sereno di chi sa che “non praevalebunt”. Conclude con le parole di un passaggio del libro del Siracide: “Lotta sino alla morte per la verità, il Signore Dio combatterà per te” (4, 28).

 

 

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Articolo pubblicato il 08/08/2021