Cara amica, ti scrivo...

A volte dietro piccoli fatti quotidiani, apparentemente insignificanti, si nascondono verità universali e positive che possono aiutarci a migliorare.

Tanto per cambiare, squilla un telefono. Squilla? Un tempo i telefoni squillavano, oggi emettono suoni che vanno dagli squittii ai barriti alla quinta di Beethoven o più banalmente al classico suono digitale che tutti conosciamo e che ci mette in allarme se siamo in compagnia e non vediamo il cellulare in questione: sarà il mio ? Oppure sarà quello di chi?  Poi, telefono! Il cellulare, I phone o quel che è, non è un telefono: è il mondo che ci portiamo dietro, che ci piaccia o no. Sappiamo tutti cosa significhi perdere il cellulare; una piccola tragedia, la possibilità che il nostro io sia violato, un cumulo di informazioni che rischiano di scomparire, l’inizio di una ricerca affannosa che mette a dura prova l’atarassia del più pacato degli stoici o del più serafico monaco zen, destinata a placarsi solo quando riusciamo nuovamente  a tenere tra le mani il nostro piccolo tesoro. Che ad ogni modo, non dimentichiamolo, è prima di tutto un telefono, cioè un oggetto che ci permette di parlare con qualcun altro lontano da noi. E forse, a volte, è proprio da questa sottovalutata funzione che possono nascere straordinarie sorprese.

Il cellulare, dicevamo, squilla. Sul display compare il numero di un’amica di vecchia data, anzi l’amica delle amiche, compagna di scuola dall’asilo fino alla fine del liceo, compagna di giochi fin da bambina perché, come se non bastasse, anche vicina di casa; per non parlare dell’amicizia tra i nostri genitori e quindi delle innumerevoli vacanze e viaggi insieme. Ma poi la vita, come capita spesso, ci ha allontanate per mille motivi, anche se la nostra gioia nel rivederci, quelle rare volte in cui è capitato, è rimasta intatta. Spesso si è trattato di occasioni tristi, come i funerali dei suoi e dei miei genitori, ma non potrò mai dimenticare l’emozione che ho provato quando l’ho vista il giorno dell’ultimo saluto a mio padre; nel suo abbraccio ho sentito il profumo di un mondo che non c’è più, ma che è ricomparso miracolosamente dentro di me. Per un attimo sono stata ancora una volta la bambina che giocava a “mappa” con lei nel salotto di casa, mentre i nostri genitori fingevano di non vedere  le nostre corse a quattro zampe per non farci intercettare dai “nemici”, che erano ovviamente loro. E mio padre non era più nella bara, ma ci guardava sorridendo. Un abbraccio che è stato più forte della morte, così come sono più forti di lei i sentimenti di amore e di amicizia, quelli veri, rari e preziosi, da custodire con cura e attenzione.

Nel tempo le telefonate tra me e la mia amica si sono spesso ridotte agli auguri di compleanno ( come non ricordare le nostre date di nascita?), Natale e Pasqua. Ma con lei non sono mai state semplici forme di cortesia, anzi: nei nostri scambi di auguri mi è sempre sembrato di cogliere l’universalità dello scorrere del tempo e la solennità delle celebrazioni, lontana dalle corse frenetiche per l’ultimo regalo o l’ultima decorazione delle uova.

Da molto tempo, insomma, telefonate graditissime, ma sempre mirate a qualcosa. Poi, lo squillo con cui ho cominciato questo articolo.

“Ciao, come stai?”

“Ma che bello sentirti, come va?”

E ho sentito subito nella sua voce una tranquillità che nelle  ultime telefonate mancava, tanto che ero stata tentata di chiederle se qualcosa non andasse per il verso giusto. Ma poi avevo lasciato perdere; non è mai il caso di indagare troppo in questi casi, secondo me. Se qualcuno vuole raccontarti qualcosa lo farà spontaneamente, quando troverà il momento giusto. E così è stato. Dopo qualche scambio di convenevoli mi ha detto: ”Avrai notato che ultimamente ero un po’ giù.”

“Infatti” le ho risposto “Ma non osavo chiederti…”

E da lì in poi le sue parole hanno cominciato a scorrere come un fiume in piena, irrefrenabili e piene di gioia. Mi ha raccontato che per un insieme di ragioni era stata costretta a lasciare la sua casa che tanto amava. Ma soprattutto che, nonostante affannose ricerche, non riusciva a trovare una valida alternativa e l’idea di passare, lei e suo marito, il periodo della pensione in una casa che fosse solo un ripiego proprio non le andava giù.

“Ma sai, proprio ieri è successo il miracolo: avevamo  finalmente trovato l’appartamento dei nostri sogni, ma i proprietari erano indecisi, continuavano a prendere tempo prima di darci una risposta. Uno stillicidio. Ma finalmente ieri hanno accettato la nostra offerta e a breve faremo il rogito. E’ un po’ più piccola, ma cosa vuoi, tanto nostra figlia vive da sola, siamo solo noi due, non è importante. Ciò che conta  è che siamo ancora  nella  nostra zona e poi, dulcis in fundo, nel complesso ci sono piscina e campo da tennis! Sono così felice!”

E tu non sai come hai reso felice me, amica mia.  Finalmente una telefonata solo allo scopo di condividere una gioia; pensiamoci bene, un fatto sempre più raro.

Quante volte siamo avvicinati, telefonicamente o meno, da qualcuno che non abbia bisogno di qualcosa? Si può trattare anche della più legittima e gradita delle richieste, ma resta pur sempre una richiesta. Oppure, quante volte abbiamo ascoltato i lamenti di questo e di quello che volevano condividere con noi le loro disgrazie, più o meno presunte, quasi sempre  per chiederci aiuto in qualche faccenda, difficilmente solo per dimostrarci quanto ci considerino degni della loro fiducia? E’ vero, quando gli sfoghi di un amico sfortunato sono sinceri e non mirano a null’altro che ad una condivisione affettiva, sono una dimostrazione di amicizia, ma quanto lo è di più il desiderio di renderci partecipi di una gioia!

Pensiamoci bene: chi ti dà una buona notizia, chi cerca proprio te per raccontarti la sua felicità, non solo dimostra di volerti bene, ma soprattutto è certo che anche tu gliene voglia. In una parola ha fiducia in te e sa che la bella cosa che ti ha appena raccontato per te sarà fonte di gioia, di un sentimento che cementerà ancora meglio la vostra amicizia, lontano mille miglia dall’invidia, il sentimento che purtroppo invece nasce più comunemente a fronte del successo di qualcuno, in ogni campo.

E’ importante, a mio avviso, cogliere la rarità e l’universalità della condivisione di una gioia; è un momento che ci dovrebbe aiutare, se ben compreso, a sollevarci dalle piccinerie di cui è spesso costellata la realtà quotidiana e ad elevarci in un mondo più alto, un mondo delle idee dove il bene universale trova il suo spazio.   

                                               

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Articolo pubblicato il 09/08/2021