Sovranismo sanitario

Come fregarsene dell’Europa

Ma il sovranismo non era una cosa ripugnante? Non era il peccato politico della contemporaneità sottolineato ogni giorno dalla sinistra europeista e cosmopolita? Non era il marchio di infamia impresso alle  destre ogni volta che respiravano?

Come mai, allora, oggi la componente sinistra del governo Draghi si è così ottusamente inchiodata su di un sovranismo sanitario che ignora non solo le norme e le direttive dell’Europa ma anche le esperienze straniere della gestione pandemica?

Speranza e i suoi talebani salutisti si sono arroccati in un fortilizio fatto di divieti, sanzioni, ordini, minacce, lasciapassare, restrizioni, grida terroristiche e propagandistiche finalizzati esclusivamente al credo vaccinale. Le altre esperienze europee (svedesi, inglesi, spagnole) per loro sono inesistenti. Nulla salus extra vaccinum, anche se tutti ormai sanno che non è vero. Nessuna opinione diversa conta per loro: conta solo quella di Scienzology, la setta medicale che li circonda come una muraglia del vaccinismo italico e che sembra aver preso in ostaggio anche una mente come quella di Draghi, fino a ieri dotata di qualche lucidità.

Fuori da questo cerchio si rischia di finire male: De Donno insegna.

Ma, al di là dell’aspetto medico, questa setta sta dissestando anche il nostro ordinamento giuridico nazionale nei suoi due aspetti fondamentali: quello interno relativo alla gerarchia delle fonti, e quello esterno relativo alle relazioni giuridiche internazionali.

Sul primo aspetto ci siamo già intrattenuti parecchie volte: la normativa covidaria, soprattutto nella sua parte repressiva -evidentemente scritta frettolosamente di notte da funzionari governativi stravolti dalla mancanza di sonno e convalidata da Consigli dei ministri allegramente digiuni di conoscenze giuridiche-  presenta molti e pesanti elementi di incostituzionalità, come fatto notare da molti giuristi, e come sancito ormai da molte sentenze della magistratura di merito; e sinceramente non si sa che fine farà non appena sarà possibile portarla dinanzi alla Corte costituzionale. Attendiamo con ansia il caos giudiziario prossimo venturo.

Sotto il secondo aspetto, la tendenza del governo si può riassumere nel principio “ce lo chiede l’Europa, ma ce ne freghiamo”.

Dopo anni di sottomissione perinde ac cadaver ai voleri della Commissione UE e a ogni comandamento del vangelo europeista improvvisamente, e con grande disinvoltura, in materia vaccinale abbiamo iniziato a fare di testa nostra. La cosa, in sé, ci potrebbe anche far piacere in quanto sintomo di una ritrovata dignità nazionale. Peccato che questa ritrovata autonomia vada contro norme europee che, per una volta, sono ragionevoli e rispettose di alcuni principi di civiltà assolutamente condivisibili, mentre quelle italiane sono un demenziale groviglio di stupidità, arroganza e inapplicabilità. Oltre che decisamente  illegittime sotto il profilo giuridico.

Alludiamo evidentemente alla recente normativa sul green pass, uno strumento che l’Unione europea, col suo regolamento 2021/953, aveva introdotto come strumento per razionalizzare, snellire e agevolare gli spostamenti fra i paesi aderenti, e in cui si vietava esplicitamente, e senza possibilità di interpretazione contraria, ogni discriminazione “diretta o indiretta” fra vaccinati e non vaccinati, comprese le persone che avessero liberamente scelto di non vaccinarsi. Una scelta razionale e di civiltà.

Che cosa sia diventato il green pass, prima in Francia e poi -pecorescamente- in Italia, è sotto gli occhi di tutti: uno strumento stupido, inutile, repressivo e altamente discriminatorio che viola simultaneamente una pluralità di precetti costituzionali e di norme europee, ma anche la limpida risoluzione 2361/2021 del Consiglio d’Europa che, già nel gennaio scorso, aveva ugualmente condannato ogni possibile discriminazione a carico di chi non intendesse farsi vaccinare.

Il green pass nella versione italiana diventa così, giuridicamente parlando, carta straccia ma purtroppo in grado di fare danni enormi in attesa di una qualche pronuncia giurisdizionale, salvo una improbabile modifica sostanziale in sede di conversione parlamentare, sede in cui si conteranno uno per uno e si potranno identificare i parlamentari favorevoli a questa assurdità e chieder loro conto di quanto approvato.

Resta un mistero la ragione per cui si sia prodotto un provvedimento così palesemente destinato ad essere presto demolito dall’autorità giudiziaria. Come è noto, mentre l’illegittimità costituzionale del decreto legge e della relativa legge di conversione dovrà essere fatta valere in via incidentale, cioè nell’ambito di una procedura giurisdizionale, il contrasto con il regolamento europeo potrà invece essere rilevato immediatamente dal giudice in sede di primo ricorso, o attraverso la diretta disapplicazione della norma italiana o attraverso un ricorso pregiudiziale alla Corte di giustizia europea.

In tutti questi casi il green pass avrà vita breve e tormentata e creerà un caos normativo di dimensioni non indifferenti, non esclusa una cospicua serie di richieste risarcitorie da parte dei cittadini danneggiati e -perché no?- una eventuale procedura di infrazione da parte dell’UE.

Nei giorni scorsi è comparso su Questione giustizia, la rivista di riferimento di Magistratura democratica, un saggio dal titolo inequivocabile: Sul dovere costituzionale e comunitario di disapplicazione del cd decreto green pass,  un testo in cui le norme governative vengono ridotte a coriandoli e che dovrebbe togliere il sonno a Draghi e Speranza, se solo ne comprendessero il significato.

 

Torniamo a chiederci: perché tanta superficialità, dilettantismo, irresponsabilità e incoerenza da parte di un governo presieduto da una riconosciuta testa d’uovo come l’ex banchiere centrale?

Semplice incompetenza politica unita a ignoranza giuridica?

Fretta di dimostrare alla gente che comunque si sta facendo qualcosa?

Oppure l’invincibile spinta messa in atto dai fortissimi poteri economici che stanno dietro alla vaccinazione, che deve essere fatta comunque e presto, al di là di ogni possibile dubbio o esitazione, costi quel che costi?

Anche se i costi saranno tutti nostri e i profitti tutti loro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 09/08/2021