Dopo l'acqua si stan prendendo il vino

L'opinione di Luigi Cabrino

Alcuni mesi fa la Coldiretti con altre associazioni di agricoltori ha lanciato l’allarme sui negoziati UE per la nuova politica agricola (PAC); tra le altre proposte c’è quella di permettere la produzione di vino analcolico, una vera bestialità per chiunque, un po’ meno per le grandi multinazionali delle bibite e dell’acqua che premono per affiancare all’aranciata e ai succhi di frutta la bibita “gusto vino”.

Gli agricoltori vedono in questo passaggio un duro colpo alla qualità indiscussa della produzione vinicola italiana, e piemontese in particolare con tutta la nostra varietà di vini.

Eppure dapprima si è cercato di garantire che tali bevande non avrebbero potuto chiamarsi vino, e poi che da questo processo sarebbero rimaste escluse le denominazioni tipiche, per evitare, ad esempio, che a fianco dell’aranciata o della gassosa potessimo trovare la bibita analcolica gusto Barbera o Grignolino.

L’europarlamentare PD Paolo De Castro nei mesi scorsi aveva assicurato che comunque a tali bibite, qualora ammesse, non sarebbe stato possibile assegnare la denominazione di vino.

Invece, malgrado tante rassicurazioni si viene a sapere da Il Sole 24 Ore che Il vino senz'alcol potrà essere prodotto, si chiamerà comunque “vino” e potrà essere realizzato anche all'interno delle denominazioni d'origine”.

L’Ottimo Fabio Botteon, consigliere comunale FdI a Casale Monferrato, forse unico, sicuramente primo in Italia a livello di amministrazioni locali, ha presentato una mozione per fare prendere posizione contraria al Comune rispetto a questa deriva che andrebbe a vanificare decenni di lavoro per la valorizzazione di vini italiani in generale e monferrini nello specifico; l’auspicio è che altre amministrazioni locali dei territori interessati alla produzione vitivinicola possano fare sentire la propria voce.

Lo stesso Botteon in alcune dichiarazioni alla stampa ha messo in evidenza come le spinte all’approvazione UE del “vino analcolico” provengano dai colossi delle bibite.

Tali colossi multinazionali sono gli stessi che da decenni non perdono occasione per mettere le mani sui servizi idrici, in Italia dall’introduzione della legge Galli del 1994 silenziosamente hanno acquisito partecipazioni importanti in molte aziende fornitrici del servizio idrico, facendo aumentare vertiginosamente il costo dell’acqua dei nostri rubinetti e non curandosi minimamente della manutenzione degli impianti.

Le stesse multinazionali dopo i referendum sull’acqua del 2011 si sono viste limitare il campo d’azione, ma  con una spavalderia ai limiti del mafioso da un lato hanno rallentato il processo di acquisizione di aziende idriche municipalizzate e dall’altro hanno iniziato un’operazione di pressione sull’ARERA, l’Ente pubblico di controllo delle reti di acqua e di altri servizi; in tal modo le loro politiche iperliberiste orientate solo al profitto vengono  imposte ai diversi ATO ( Ambiti territoriali ottimali ) e, a cascata, alle aziende idriche che riforniscono le nostre abitazioni di acqua.

Paradosso di un referendum che ha detto no ai grandi capitali nel controllo della nostra acqua e grandi aziende dell’acqua che rientrano dalla finestra avendo l’Autorità pubblica di controllo sull’acqua che risponde ad ogni loro desiderio.

Adesso questi colossi possono lanciarsi nella produzione e commercializzazione del “vino analcolico” ed i produttori piemontesi dopo anni di fatiche per il riconoscimento della qualità della loro produzione vinicola vedranno al reparto bibite dei supermercati le lattine di barbera analcolica tra la limonata gasata e il the freddo alla pesca.

Occorre la mobilitazione di territori e organizzazioni varie per fermare questa deriva folle che vuole spacciare per vino una qualunque bibita analcolica in lattina.

 

Luigi Cabrino

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Articolo pubblicato il 14/08/2021